Taiwan Files – Il doppio dieci tra elezioni e Israele

In Relazioni Internazionali, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

La festa della Repubblica di Cina e le polemiche politico-identitarie a Taiwan in vista delle elezioni presidenziali. Il possibile accordo nell’opposizione. L’impatto del conflitto Israele-Hamas. Scontro commerciale con Pechino pre urne. Il primo sottomarino di produzione autoctona. Le aziende taiwanesi dei chip aiutano Huawei. Il caso Chen Siming. La rassegna di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

Coesistenza pacifica. Si tratta della formula più utilizzata da Tsai Ing-wen nel suo ultimo discorso da presidente in occasione del “Doppio dieci”, la festa nazionale della Repubblica di Cina (Taiwan). Nel 2021, il 10 ottobre era stato l’occasione per un’imponente (per i canoni di allora, prima della visita a Taipei di Nancy Pelosi che ha aggiornato le regole del “gioco”) serie di manovre di jet cinesi sullo Stretto. Nel 2022 (racconto qui) si era nell’immediata vigilia del Congresso del Partito comunista cinese che conferì il terzo mandato da segretario generale a Xi Jinping. Nel 2023 ci si arriva dopo giornate di relativa calma sul fronte delle manovre militari nella regione, ma con due elementi importanti sullo sfondo: le elezioni presidenziali di gennaio 2024 e il conflitto tra Israele e Hamas.

Perché si festeggia il 10/10? Per quello che è successo il 10 ottobre 1911. La rivolta di Wuchang dà il via alla rivoluzione Xinhai. Si tratta dell’inizio della fine per la dinastia imperiale Qing. Un anno più tardi nasce la Repubblica di Cina con la nomina di Sun Yat-sen a presidente del Consiglio delle province. 120 anni dopo la ricorrenza viene ancora celebrata a Taiwan, il cui nome ufficiale resta appunto Repubblica di Cina.

Il 10 ottobre 1911 è una data ricordata in larga parte con piacere (ovviamente per motivi diversi) anche a Pechino, perché viene considerato l’avvio di un lungo processo che porterà alla fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, al termine della guerra civile che vide prevalere il Partito comunista con la fuga dei nazionalisti del Guomindang a Taiwan.

Una volta, si celebrava la ricorrenza promettendo la “riconquista della Cina continentale”. Come già accaduto lo scorso anno, il “doppio dieci” diventa occasione di scontro politico-identitario tra i principali partiti taiwanesi. Sui manifesti e slogan della festa del 2023, il governo ha evitato riferimenti alla Repubblica di Cina, il nome ufficiale di Taiwan. In linea con il processo di taiwanesizzazione promosso dal Partito progressista democratico. Ma Ying-jeou, ex presidente e ancora nome di grande influenza nell’opposizione del Gmd, ha criticato la scelta sostenendo che il Dpp promuove una “indipendenza nascosta”. Giova qui ricordare come sempre che a Taiwan il termine “indipendenza” non significa il riconoscimento della sovranità esercitata entro la cornice della Repubblica di Cina, ma una eventuale dichiarazione di indipendenza formale (dalla Repubblica di Cina stessa, non dalla Repubblica Popolare Cinese) come Repubblica di Taiwan. Ipotesi come detto tante volte sin qui mai perseguita, né desiderata dalla maggior parte della popolazione.

Lai Ching-te, vicepresidente e candidato alle elezioni di gennaio, ha dichiarato nei giorni scorsi: “Taiwan ha dimostrato di essere già indipendente e non ha bisogno di una dichiarazione di indipendenza separata”. Pur ponendosi in linea con la cauta linea di Tsai, a Pechino e non solo percepiscono Lai come una figura più radicale per il suo passato (ne ho scritto tante volte su Taiwan Files, per esempio qui). Pur essendo de facto indipendente, Taiwan ha sempre usato il nome e la cornice della Repubblica di Cina (suo nome ufficiale) per non superare lo status quo sullo Stretto. Non è solo una questione semantica ma identitaria e sostanziale.

Martedì 10 ottobre, Tsai ha tenuto un discorso molto cauto e bilanciato, in cui ha enfatizzato il bisogno di mantenere lo status quo e promuovere il dialogo con Pechino e allo stesso tempo le capacità di difesa di fronte alle sue pressioni militari. Ma sempre muovendosi entro la cornice formale della Repubblica di Cina. “Poiché ora possiamo affrontare il mondo con fiducia e determinazione, possiamo anche essere calmi e sicuri di noi stessi nell’affrontare la Cina, creando le condizioni per una coesistenza pacifica e per futuri sviluppi attraverso lo Stretto di Taiwan”, ha detto Tsai. Discorso completo qui. Presenti anche diversi ospiti dal Giappone.

Verso le elezioni 2024

La popolarità di Tsai è intanto scesa al minimo del 2023, dopo l’ondata #MeToo e altre vicende interne, tra cui la mancata soluzione di diversi problemi legati all’economia e alle abitazioni.

Hou Yu-ih, il candidato del Gmd, è tornato di recente da un viaggio negli Stati Uniti e ha parlato alla Camera di Commercio Americana a Taiwan, indicando come obiettivo principale della sua eventuale presidenza lo scongiuramento di una guerra. Il suo partito, a partire da Ma (che al Future Asia Summit 2023 ha detto che la maggior parte dei taiwanesi non vuole più il Dpp), ha sin dall’inizio presentato il voto come una “scelta tra guerra e pace”. Hou sembra comunque aver assunto una linea più assertiva nei confronti di Pechino, anche per rassicurare Washington.

Negli Usa è stato anche Ko Wen-je, candidato del Taiwan People’s Party al momento secondo nei sondaggi. Interessante aggiunta al programma elettorale di Ko, che ha promesso che qualora venisse eletto, inserirebbe nella costituzione un sistema di democrazia parlamentare col passaggio della leadership dalla figura del presidente a quella del primo ministro. Un modo, dice Ko, per dare più rappresentanza ed evitare la regola attuale definita del “chi vince prende tutto”.

Non molla Terry Gou. Il fondatore della Foxconn (principale fornitore di iPhone per Apple) è l’ultimo ad aver annunciato la candidatura, da indipendente, ed è ultimo fin qui nei sondaggi. Ma ha speso una cifra ingente per la promozione della sua candidatura, con ricorrenti pubblicità in televisione, radio e manifesti sparsi per le città, dove mette bene in mostra un nuovo modello di Apple Watch. E dice di aver raggiunto le firme necessarie per depositare la candidatura dal 20 al 24 novembre, il termine previsto per l’ufficialità.

Le possibilità di vittoria dell’opposizione aumenterebbero in modo importante qualora si raggiungesse un accordo tra almeno due dei tre candidati del “campo blu”. Possibilità che continua a dominare i retroscena dei media taiwanesi, ma che ancora non si è verificata. L’asse eventualmente più caldo per un accordo sembra essere quello tra Gmd e Tpp. L’ex candidato presidente del Gmd, Han Kuo-yu, ha incontrato Ko spingendo apertamente per questa soluzione. Senza però chiarire chi nel caso sarebbe il candidato presidente e chi il vice.

I procuratori hanno incriminato due leader del piccolo Partito Comunista del Popolo di Taiwan con l’accusa di aver colluso con la Cina continentale nel tentativo di influenzare le elezioni del presidente e dei membri dell’assemblea legislativa.

A Kinmen, l’aumento della popolazione giovane causa un calo dei consensi per il Gmd, tradizionalmente dominatore delle isole minori del territorio della Repubblica di Cina.

Il conflitto Israele-Hamas visto da Taiwan

Come previsto, il governo taiwanese si è schierato con decisione con Israele sugli attacchi di Hamas, mentre si interroga sul loro eventuale significato anche in ottica asiatica. In passato, più volte gli Usa hanno invitato Taiwan a prendere esempio da Israele sulle sue capacità e volontà di difesa.

Gli esperti locali hanno espresso pareri discordanti sul fatto che Taiwan possa trarre qualche lezione dal recente attacco a sorpresa di Hamas contro Israele. Lai I-chung, consigliere del Taiwan Thinktank, ha dichiarato che il fatto che i servizi di intelligence israeliani non siano riusciti a rilevare un attacco imminente, e il caos che ne è seguito immediatamente, sono stati un “importante avvertimento” per Taiwan. In passato, si presumeva che ci fossero chiari segni di un rafforzamento militare prima di un attacco su larga scala. Altri, tuttavia, hanno messo in guardia dal tracciare analogie tra quanto accaduto in Medio Oriente e un potenziale conflitto nello Stretto di Taiwan. Chong Ja-ian, professore associato di scienze politiche presso l’Università Nazionale di Singapore, ha sostenuto che l’attacco di Hamas a Israele è un tipo di guerra asimmetrica e non è paragonabile al tipo di minaccia che Taiwan deve affrontare.

Ma al di là delle eventuali “lezioni”, il tema più concreto potrebbe riguardare le armi. Già la guerra in Ucraina ha provocato alcuni ritardi nelle consegne di Washington di pacchetti militari acquistati da Taipei. Con l’assistenza promessa da Biden a Israele, c’è chi teme che il problema possa ulteriormente acuirsi. Già nei giorni scorsi, prima dell’attacco di Hamas, da Taiwan era arrivata la richiesta di accelerare le spedizioni.

Relazioni intrastretto

Il 1° ottobre la Repubblica Popolare Cinese ha festeggiato l’anniversario della sua fondazione. In quell’occasione, il Comando del Teatro Orientale dell’Esercito popolare di liberazione ha pubblicato un video animato in cui auspica la “riunificazione” con Taiwan utilizzando anche alcuni riferimenti storico-culturali. Il video, intitolato “I sogni si avverano sul fiume Fuchun”, racconta la storia del “rotolo del Maestro Wuyong”, attualmente conservato al Museo nazionale di Taipei. I pezzi de “La dimora sui monti Fuchun“, uno dei dipinti antichi più noti della Cina, sono conservati separatamente nei musei di Pechino e Taipei. Alla fine del film, i due personaggi si sono riuniti, rendendo magicamente il dipinto nuovamente integro. Il pezzo più corto del rotolo, noto come “La montagna rimanente”, lungo circa 51 centimetri, si trova al museo provinciale dello Zhejiang nella città di Hangzhou. I due pezzi sono stati riuniti nel 2011, quando Pechino ha prestato il suo frammento al museo taiwanese per due mesi, in un periodo di relazioni più calde durante l’amministrazione Ma.

Come già detto tante volte, Pechino sa che azioni militari prima delle elezioni rischiano di rivelarsi un boomerang e favorire proprio i candidati a lei più invisi. Più utili azioni sul fronte del commercio, dell’economia o dell’informazione.

In questa ottica, nei giorni scorsi il governo cinese ha prorogato di tre mesi, fino alla vigilia delle elezioni presidenziali, un’indagine su quelle che definisce le barriere commerciali di Taiwan nei suoi confronti. L’indagine terminerà esattamente il 12 gennaio, 24 ore prima del voto taiwanese.

A inizio ottobre, Pechino ha lanciato la sua prima linea ferroviaria ad alta velocità che attraverserà diverse baie e sfiorerà la costa della provincia sudorientale del Fujian, vicino allo Stretto di Taiwan. Un treno proiettile è partito da Fuzhou, la capitale della provincia orientale cinese del Fujian, inaugurando la ferrovia Fuzhou-Xiamen-Zhangzhou, lunga 277 km (172 miglia). La mossa arriva dopo la recente presentazione del programma di integrazione economico-commerciale-infrastrutturale-culturale tra Fujian e Taiwan.

Secondo il Wall Street Journal, è cresciuta la capacità dell’Esercito popolare di liberazione di mettere potenzialmente in atto un blocco navale intorno a Taiwan impedendo interventi esterni. Secondo un think tank Usa, il costo del blocco di Taiwan sull’economia globale sarebbe peggiore di quello causato dalla pandemia di Covid-19. Osservate con attenzione le prime manovre nella baia del Fujian e l’ipotesi di “cavalli di Troia aerei“.

Il sottomarino taiwanese

Un pesce mitologico che può trasformarsi in un uccello. 海鯤 (Hai kūn) è il nome scelto dalla marina taiwanese per il suo primo sottomarino di produzione autoctona. Il riferimento è a una leggenda della dinastia Ming, il cui lealista Koxinga riparò a Taiwan cacciando gli olandesi, prima che i suoi eredi fossero costretti a sottomettersi ai Qing. Storie che rimandano ancora una volta a un’epica antica, come spesso accade nelle liturgie dell’esercito taiwanese che più di altri comparti sociali si riconosce ancora pienamente all’interno della cornice della Repubblica di Cina, il nome con cui Taiwan è indipendente de facto.

Dopo il varo, verrà effettuato il test di ancoraggio portuale, così come i test di navigazione e varie azioni tattiche come immersioni e mirate. Dopo di che il sottomarino verrà consegnato alla marina che valuterà la sua prontezza al combattimento. Tutto il processo dovrebbe completarsi entro la fine del 2024. Non resterà l’unico. Entro il 2027 Taipei punta ad avere in funzione almeno due sottomarini di produzione autoctona, possibilmente dotando i modelli successivi di missili. Taiwan ha fatto del programma di sottomarini indigeni una parte fondamentale di un ambizioso progetto di modernizzazione delle proprie forze armate.

Ne ho scritto nel dettaglio qui.

Chip: le aziende taiwanesi aiutano Huawei, Tsmc tra Arizona e Giappone

Alcune aziende chiave di Taiwan nel campo dei microchip stanno, secondo Bloomberg, sostenendo il programma di rilancio e avanzamento tecnologico dell’azienda che più di tutte è nel mirino degli Stati Uniti, ovvero Huawei.

Diverse aziende tecnologiche taiwanesi, infatti, stanno aiutando il colosso cinese a costruire le infrastrutture per una rete di impianti di produzione di chip nel sud della Cina non lontano da Shenzhen, metropoli in cui è nata l’azienda fondata nell’87 da Ren Zhengfei. Huawei, inoltre, ha da poco presentato al mondo il suo nuovo Mate 60 Pro, smartphone alimentato dal chip più avanzato mai prodotto in Cina senza l’utilizzo di tecnologie statunitensi. Però, il fatto che il nuovo modello non sia stato citato durante il grande evento pensato dall’azienda cinese per i consumatori e tenutosi il 25 settembre 2023 – giorno, tra l’altro, del secondo anniversario del rientro in Cina di Meng Wanzhou (figlia di Ren) dopo l’arresto in Canada con l’accusa di frode – fa pensare che l’azienda potrebbe non essere ancora in grado di avviare una produzione di massa a costi sostenibili.

Anche se a qualcuno potrà sembrare strano, non si tratta certo di una novità. Ne ho scritto tante volte dei rapporti complessi tra Taipei e Pechino sul fronte dei microchip. Per esempio qui.

Come già accaduto in passato, le autorità taiwanesi hanno garantito di esercitare maggiori controlli sulle aziende tecnologiche e sui loro rapporti con la Repubblica Popolare.

Continuano intanto i ritardi e i problemi sulla strada dell’apertura della fabbrica del colosso TSMC in Arizona. I sindacati locali e il gigante taiwanese dei semiconduttori negoziano l’elusivo accordo sul lavoro, alcuni si chiedono chi ne trarrà vantaggio nella spinta degli Stati Uniti verso il primato manifatturiero.

Proseguono invece molto più spediti i lavori per l’apertura dell’impianto di TSMC in Giappone.

Chen Siming e il trattamento dei dissidenti a Taiwan

Dopo due settimane barricato all’aeroporto di Taoyuan, il dissidente cinese Chen Siming ha ottenuto l’asilo dal Canada.

Dissidente di Zhuzhou, nella provincia dello Hunan, Chen è da anni sulla lista nera di Pechino ed è stato arrestato nel 2017, 2018, 2020 e 2021 per aver tenuto un cartello in segno di lutto per le vittime delle proteste. Il 26 maggio ha dichiarato sulla piattaforma X che con l’avvicinarsi dell’anniversario della rivolta di Tiananmen, la polizia nazionale lo avrebbe accompagnato “giorno e notte in questo periodo delicato”. Lo scorso luglio ha deciso di fuggire in Laos, poi si è spostato in Thailandia. Ma sostiene che nemmeno lì si sentiva al sicuro. In effetti, negli ultimi mesi sono oltre 20 i casi di attivisti cinesi sequestrati in Paesi del Sud-Est asiatico e deportati in Cina. L’ultimo, avvenuto proprio in Laos, è quello dell’avvocato per i diritti umani Lu Siwei.

Taiwan ospita già altri dissidenti di Tienanmen, come Wu’er Kaixi, ma anche il noto libraio di Hong Kong Lam Wing-kee che ha riaperto la sua Causeway Bay Books proprio a Taipei. Ma Taiwan non ha un vero programma per rifugiati. Partiti e opinione pubblica sono restii a offrire protezione a tutti, perché temono infiltrazioni da Pechino. Lo dimostra l’accoglienza sotto le attese per i dissidenti di Hong Kong negli ultimi anni, quelli dopo l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale che ha fatto seguito alle grandi proteste del 2019. Il numero di cittadini di Hong Kong ospitati a Taiwan è sì aumentato, ma meno del previsto. E non è stata introdotta alcuna norma per regolare l’accoglienza preferendo continuare a esaminare i casi singolarmente, anche per evitare di aprire un nuovo dossier di scontro con Pechino, con cui i rapporti sono già molto tesi sul fronte militare e pressoché inesistenti sul fronte politico.

Della vicenda ho parlato qui e scritto qui.

Altre notizie

I Centri per il Controllo delle Malattie (CDC) di Taiwan hanno iniziato a distribuire il vaccino Covid-19 di Moderna contro la sottovariante XBB.1.5 di Omicron, esortando la popolazione a sottoporsi all’iniezione e mettendo in guardia da un’altra epidemia nel prossimo futuro.

Taiwan ha lanciato il suo primo satellite meteorologico Triton, noto anche come Wind-Hunter Satellite, destinato ad aiutare a prevedere con precisione gli eventi meteorologici estremi.

La truppa di Taipei Cinese (il nome con cui gli atleti taiwanesi partecipano alle manifestazioni sportive internazionali, come racconto nel nuovo ebook di China Files su sport e politica in Asia) ha chiuso con un totale di 19 medaglie d’oro ai Giochi asiatici di Hangzhou 2023, pareggiando il record raggiunto a Bangkok nel 1998.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files – La puntata precedente

Taiwan Files – L’identikit di Hou Yu-ih, candidato presidente del GMD

Taiwan Files – L’identikit di William Lai, candidato presidente del DPP

Taiwan Files – Le elezioni locali e l’impatto sulle presidenziali 2024

Intervista a Ma Ying-jeou