Taiwan Files – Elezioni 2024 e #MeToo, Usa-Cina, Paraguay, armi e studenti, diplomazia e chip

In Asia Orientale, Relazioni Internazionali, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Estate taiwanese all’insegna della lunga corsa verso le presidenziali. Il terzo incomodo Ko Wen-je davanti al Guomindang, che ha dubbi su Hou Yu-ih. L’onda #MeToo colpisce il Dpp. La visita del presidente del Paraguay anticipa i prossimi sviluppi. Pechino e Washington tornano a parlarsi ma continuano a muoversi sullo Stretto. Novità sulle relazioni intrastretto, diplomazia, semiconduttori e ritardi in Arizona per Tsmc. E tanto altro. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

Elezioni 2024

Tante cose da raccontare dopo oltre un mese dalla scorsa puntata di Taiwan Files. Tutti i sondaggi d’opinione pubblicati da metà maggio sulla corsa alle presidenziali hanno mostrato il candidato del Guomindang (Gmd) Hou Yu-ih al terzo posto, dietro al candidato del Taiwan People’s Party (Tpp) Ko Wen-je al secondo posto (qui un approfondimento di Nikkei Asia su di lui) e a quello del Partito progressista democratico (Dpp) Lai Ching-te al primo. “Quattro sondaggi consecutivi nell’arco di un mese inviano un messaggio chiaro e inequivocabile: gli elettori stanno abbandonando Hou”, secondo Taiwan News. Non manca chi sostiene che il Gmd stia pensando a sostituire Hou con Terry Gou, il patron di Foxconn che era stato confitto dalla procedura di scelta del partito, oppure da Eric Chu, il presidente del partito già sconfitto nel 2016. Complicato. Potrebbe restare Hou sperando in una rimonta che appare però altrettanto complicata.

Non che il Dpp sia particolarmente amato. Anzi. Il sostegno dell’opinione pubblica alla presidente uscente Tsai Ing-wen è sceso al livello più basso degli ultimi quattro anni. Secondo la Fondazione per l’opinione pubblica taiwanese, l’indice di gradimento di Tsai è sceso al 42,3% a giugno, rispetto al 45,3% di maggio. Il suo indice di disapprovazione, invece, è salito al 48,2%, dal 37% circa di maggio. Secondo l’agenzia di sondaggi indipendente con sede a Taipei, nota per la sua posizione imparziale, si tratta del peggior risultato dal maggio 2019, quando quasi il 47% degli elettori aveva giudicato deludente la sua performance.

Tra i temi della campagna elettorale, l’energia. Taiwan ha un grande rischio per la sicurezza nazionale: importa il 97% della sua energia. Hou ha ribadito il suo sostegno alla riattivazione della prima centrale nucleare di Taiwan a Jinshan, a Nuova Taipei, per garantire una fornitura stabile di energia elettrica, purché gli esperti stabiliscano che il riavvio dell’impianto sia sicuro. Qui un’analisi del tema energetico legato alla sicurezza.

Hong Kong sarà di nuovo un fattore quando Taiwan si recherà alle urne nel 2024? Se lo chiede il South China Morning Post, dopo che nel 2020 le proteste e la loro repressione ebbero un impatto cruciale per favorire la vittoria di Tsai.

Nel frattempo, gli Stati Uniti sembrano aver condotto una sorta di audizione sui candidati presidente. Laura Rosenberger, la nuova presidente dell’American Institute in Taiwan, che funge da ambasciata statunitense de facto, ha incontrato tutti e tre i candidati. E ha chiesto in particolare a Hou come intende gestire le relazioni con Pechino in caso di vittoria. Segnale che la fiducia americana nel Gmd vacilla paurosamente dopo il sostegno nemmeno troppo mascherato dell’era Ma Ying-jeou.

Fiducia che ora sembra essersi spostata su Lai, autore di un commento pubblicato sul Wall Street Journal in cui si impegna a preservare lo status quo sullo Stretto in caso di vittoria. Non rassicuranti per Pechino altre dichiarazioni di Lai, secondo cui il leader di Taipei dovrebbe un giorno poter entrare alla Casa Bianca, segnalando di voler proseguire la strada di rafforzamento e istituzionalizzazione dei rapporti con Washington.

Interessante sondaggio sul presidente più apprezzato dai taiwanesi: in testa saldamente Chiang Ching-kuo, figlio di Chiang Kai-shek e autore della prima apertura verso la transizione democratica.

L’onda #MeToo

“Non lasciamo perdere, questa volta”. È cominciato tutto da qui, da una delle scene più emotivamente cariche di WaveMakers, la serie taiwanese diventata un fenomeno su Netflix. Da quando è uscita sulla piattaforma di streaming statunitense, lo scorso 28 aprile, su Taiwan si è abbattuta un’onda di #MeToo. Una necessità, probabilmente, su un’isola presa spesso a esempio come simbolo dell’avanzamento dei diritti civili in Asia. In effetti, dal 2019 è l’unico luogo del continente che consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Da poche settimane è possibile anche l’adozione per le coppie omosessuali. Eppure, nonostante al palazzo presidenziale sieda dal maggio del 2016 una donna, Tsai Ing-wen, la società taiwanese è ancora fortemente intrisa di strutture patriarcali.

Dall’uscita di WaveMakers, oltre 100 donne si sono fatte avanti per accusare di molestie e abusi sessuali figure di spicco della politica, dell’arte, del mondo accademico e della società civile taiwanese. A rompere il ghiaccio è stata Chen Chien-jou, ex impiegata del DPP. In un post su Facebook, Chen ha scritto di essere stata toccata in modo inappropriato da un regista durante un viaggio in auto dopo le riprese di un video promozionale del partito. Sostiene che quando si è lamentata con l’alta funzionaria Hsu Chia-tien, all’epoca a capo del dipartimento per l’uguaglianza di genere del partito, questa ha risposto: “E allora? Cosa vuoi che faccia?“, chiedendo poi perché Chen non avesse urlato o cercato di fuggire dal veicolo. Un confronto impietoso tra realtà e finzione, dove la superiore della protagonista non minimizza ma anzi la sostiene.

Ne ho scritto nel dettaglio su Gariwo, continua qui.

Il tema #MeToo è infatti entrato prepotentemente nel dibattito politico. Il governo si è mosso per rafforzare le leggi sull’uguaglianza dopo una serie di scandali di molestie sessuali che hanno scosso l’élite politica. I datori di lavoro che commettono molestie sessuali rischiano ora multe fino a 1 milione di dollari taiwanesi (32.144 dollari) e fino a tre anni di carcere, secondo la revisione della legislazione.

Altri scandali. La portavoce dell’Ufficio presidenziale, Kolas Yotaka, ha rassegnato le dimissioni dopo che avrebbe avuto una relazione con un ufficiale di polizia sposato, che era la sua guardia del corpo durante la sua candidatura alla contea di Hualien lo scorso anno.

Il dialogo Usa Cina e il summit Nato

Nelle ultime settimane è ripreso a fatica il dialogo tra Usa e Cina, con le visite di Antony Blinken e Janet Yellen a Pechino. Il segretario di Stato ha incontrato anche Xi Jinping. Il dossier più teso resta, come sempre, Taiwan. Wang Yi ha ribadito che sulla questione “non c’è alcun margine per compromessi o concessioni. Gli Usa devono aderire veramente al principio dell’Unica Cina”. Durante la sua conferenza stampa finale, Blinken ha detto esplicitamente che gli Usa si oppongono all’indipendenza di Taiwan (normale, anche se non era avvenuto con Joe Biden e Lloyd Austin al G7 di Hiroshima e allo Shangri-la Dialogue di Singapore), ma ha anche sottolineato la volontà di continuare a far sì che “Taipei sia in grado di difendersi” da azioni unilaterali, condannando le “azioni provocatorie” di Pechino sullo Stretto, sul mar Cinese meridionale e su quello orientale.

Preoccupa in tal senso la mancanza di comunicazione nel settore della difesa. Se Blinken ha assicurato che gli Usa non vogliono il disaccoppiamento economico ma “solo” la riduzione del rischio, la Cina ha rifiutato il riavvio dei meccanismi di lavoro e dialogo a livello militare, otturati dallo scorso agosto. “Questo è il punto più negativo della visita, perché era uno dei pochi risultati concreti che ci si aspettava”, sottolinea il sinologo francese Jean-Pierre Cabestan. Pechino vuole prima la rimozione delle sanzioni al ministro della Difesa Li Shangfu. Ma secondo Cabestan, l’intenzione sarebbe soprattutto quella di “far sentire che, qualora non si facciano concessioni alla Cina, i rischi di confronto e conflitto sono molto alti. Una strategia già usata varie volte, soprattutto tra mar Cinese orientale e meridionale. La grande domanda”, conclude il sinologo francese, “è se Xi intende ridurre o alzare le pressioni sullo Stretto. Andando verso le elezioni presidenziali di Taiwan, ci sono buone ragioni per diminuirle e sperare così di favorire la vittoria di un partito dialogante”.

Sette membri repubblicani della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti avevano scritto a Blinken esortandolo a fare una sosta a Taiwan durante il suo viaggio in Cina di giugno. Qui un bilancio di Yan Xuetong della Tsinghua University sulla visita di Blinken a proposito del dossier Taiwan. Si sarebbe parlato anche delle elezioni.

Una nave della Guardia Costiera statunitense ha attraversato lo Stretto di Taiwan, il giorno dopo la visita di Blinken.

Quindici. Tante sono le volte in cui è citata la Cina nel comunicato Nato di Vilnius. L’Alleanza è per ora atlantica, ma lo spazio concesso a Pechino è senza precedenti: 322 parole contro le 225 del 2021 e le 304 del 2022, quando la Repubblica popolare fu identificata per la prima volta come una “sfida sistemica”. Termine che non cambia, ma che viene corredato da una serie di accuse. Nessuna menzione esplicita di Taiwan, citata però in conferenza stampa da Jens Stoltenberg. In concomitanza del summit, Pechino ha incrementato le manovre aeree sullo Stretto di Taiwan. In 48 ore ben 55 jet dell’Esercito popolare di liberazione hanno oltrepassato la linea mediana. Un modo per tracciare (o ritracciare) una linea.

Ne ho scritto qui.

Le manovre contrapposte sono proseguite anche giovedì, col passaggio di un jet americano in corrispondenza della linea mediana, e nuove manovre di Pechino seppur parzialmente ridotte rispetto ai due giorni precedenti.

Destinazione Paraguay

Il presidente eletto del Paraguay, Santiago Peña, si è recato in visita a Taipei dove ha incontrato Tsai promettendo il mantenimento dei rapporti. Peña ha chiesto maggiori investimenti a Washington e Taipei e ha poi invitato le massime cariche taiwanesi alla sua cerimonia di insediamento il 15 agosto. Secondo diverse fonti, dovrebbe andare il vicepresidente Lai Ching-te, con un transito negli Stati Uniti. Attenzione: Lai è il candidato più radicale e considerato più radicale dell’attuale presidente Tsai. Nonostante sia una prassi consolidata il transito in terra statunitense dei candidati alle presidenziali taiwanesi (Ko c’è già stato, Hou non ancora) Pechino potrebbe interpretare il passaggio negli Usa come una prova che Washington non è più neutrale sulla politica taiwanese e ha abbandonato l’ambiguità strategica per sostenere il partito storicamente filo indipendentista. Lai dovrebbe comunque tenere un basso profilo, ma è preventivabile che dopo il suo transito si svolgano nuove esercitazioni militari di Pechino, seppure di scala minore rispetto a quelle della scorsa estate.

Taipei-Washington
Sappiamo quanto sia fondamentale la tutela americana per la difesa di Taiwan. Negli ultimi anni i rapporti sono sempre più profondi. E ora l’American Institute in Taiwan, l’ambasciata de facto, chiede più terreni per un ampliamento delle sue strutture. Le autorità di Taipei avrebbero concesso la possibilità di costruire nuove strutture su uno spazio ora occupato da una scuola media. Ma i residenti del distretto di Neihu protestano.

A fine giugno è arrivato a Taipei un gruppo, guidato dal rappresentante Mike Rogers, presidente del Comitato per i Servizi Armati della Camera dei Deputati degli Stati Uniti e composto da nove membri della Camera dei Rappresentanti, è una delle più grandi delegazioni del Congresso degli Stati Uniti a visitare Taiwan negli ultimi anni.

A Taipei è stato anche l’ex viceconsigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Matt Pottinger, autore di un recente molto citato articolo su Foreign Affairs. O meglio troppo citato, visto il contenuto pieno di errori e superficialità. Qui una replica di John Culver.

Il governo degli Stati Uniti ha dichiarato di aver approvato una vendita di armi a Taiwan per un totale di 440 milioni di dollari, tra cui munizioni e pezzi di ricambio per veicoli militari su ruote e armi. Un pacchetto di 332,2 milioni di dollari è stato approvato per la potenziale fornitura a Taiwan di proiettili incendiari-traccianti ad alto potenziale esplosivo da 30 mm, proiettili multiuso da 30 mm, proiettili da addestramento da 30 mm e relative attrezzature, tra gli altri articoli, secondo quanto riferito dalla Defense Security Cooperation Agency statunitense.

Taiwan ha inoltre accettato un accordo da 4,54 miliardi di dollari taiwanesi (141 milioni di dollari) per l’acquisto di munizioni statunitensi. In particolare, del Volcano Vehicle-Launched Scatterable Mine Systems. L’opposizione ha inoltre espresso il timore che l’uso delle mine a Taiwan sia in contraddizione con la strategia militare di combattere battaglie decisive al di fuori dell’isola per ridurre la quantità di distruzione causata sulla terraferma.

In agenda anche l’acquisizione da parte di Taiwan del sistema di comunicazioni tattiche Link 22 della Nato, con la prevista aggiunta di quattro droni avanzati per la sorveglianza e la ricognizione provenienti dagli Stati Uniti.

Il Gmd ha chiesto all’esecutivo di inviare alla legislatura il primo accordo stipulato nell’ambito dell’Iniziativa Usa-Taiwan per il commercio del XXI secolo, dopo la sua approvazione da parte del gabinetto.

“Il piano di evacuazione degli Stati Uniti mostra che abbandoneranno Taiwan dopo averla trasformata in un deposito di munizioni”, sostiene Pechino, mentre Washington sostiene che non serve aggiornare il piano stesso.

La raffica di sanzioni che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno scatenato contro la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina ha sollevato la questione se la minaccia di una pressione economica simile possa aiutare a dissuadere la Cina dal lanciare un’azione su Taiwan. Ma le misure adottate contro Mosca per l’Ucraina sarebbero molto più difficili da applicare a Pechino, secondo uno studio. Secondo il rapporto, le sanzioni contro la Cina in caso di guerra a Taiwan potrebbero avere un impatto di 3.000 miliardi di dollari sull’economia globale.

“Il presidente cinese Xi Jinping deve ancora decidere se ordinare un’unificazione militare con Taiwan entro il 2027”, secondo il presidente dello Stato Maggiore congiunto degli Stati Uniti, il generale Mark Milley. Xi “ha dichiarato pubblicamente di aver sfidato l’Esercito Popolare di Liberazione a sviluppare la capacità militare di unificare Taiwan alla Cina entro il 2027. Quindi non ha detto: ‘Ho deciso di attaccare e invadere'”, ha spiegato Milley.

Taipei-Pechino

“La Cina non ha attualmente la capacità di invadere; se ci provasse, correrebbe grossi rischi per la sua stabilità interna e le sue relazioni estere. La Cina usa la forza per intimidire e costringere, non per invadere”, ha dichiarato in una lunga intervista il capo dell’Ufficio di sicurezza nazionale.

Il capo dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, Song Tao, ha incontrato Andrew Hsia, vicepresidente del partito di opposizione Guomindang, nella città sudorientale di Xiamen. La delegazione del Gmd è andata in Cina continentale per il forum sullo Stretto, aperto da Wang Huning e da una lettera di Xi. Il Tpp ha negato di essere stato invitato al Forum dello Stretto, anche se un funzionario del partito ha partecipato a titolo personale. Il forum di quest’anno ha attirato oltre 5.000 ospiti da Taiwan, tra cui molti uomini d’affari, con gli scambi economici come tema principale.

Il Consiglio per gli Affari continentali ha rigettato la proposta di Wang Huning, che al forum di Xiamen ha presentato un piano per trasformare la provincia cinese del Fujian in una zona vetrina per “l’integrazione economica di Taiwan“.

La Cina continentale ha ripreso le importazioni di mele da zucchero da Taiwan, ponendo fine a un divieto in vigore dal 2021.

Sabato 15 luglio in arrivo a Taiwan il primo gruppo accademico continentale in tre anni, su invito di un’organizzazione fondata dall’ex presidente dell’isola Ma Ying-jeou. Il portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan di Pechino, Chen Binhua, ha dichiarato che la visita, organizzata dalle università continentali, ha un “significato positivo” per promuovere la ripresa degli scambi tra le due parti.

Taiwan può proporre le proprie idee di governance dopo l’unificazione con la Cina continentale, purché non violino il principio di “una sola Cina”, secondo uno stratega militare del continente – un suggerimento che, secondo gli analisti di Taipei consultati dal South China Morning Post, dimostra quanto sia cresciuto il divario di comprensione tra le due parti. L’importante è trovare nuove soluzioni per i “due sistemi”, in modo che “un paese, due sistemi” possa funzionare per Taiwan”, ha dichiarato He Lei, tenente generale dell’Esercito Popolare di Liberazione, a margine della conferenza sulla difesa recentemente conclusa dal Dialogo di Shangri-La a Singapore.

Pechino dovrebbe evitare di agire ciecamente su Taiwan di fronte alle crescenti pressioni degli Stati Uniti, secondo Sun Yafu, ex funzionario della Cina continentale e figura influente per la politica di Pechino su Taiwan. Sun ha affermato che la Cina continentale sta “affrontando sfide e rischi più gravi e complessi” nei legami tra le due sponde dello Stretto, e che “venti forti” e “persino onde turbolente” sono “ancora altamente possibili” – un apparente riferimento alla possibilità di un conflitto militare. Il discorso è stato pronunciato durante un forum sulle questioni di Taiwan nella provincia orientale dello Zhejiang ed è stato pubblicato sui social media da una rivista di studi sullo Stretto.

Manovre militari

I jet da combattimento dell’Esercito Popolare di Liberazione si sono avvicinati alle 24 miglia nautiche di distanza dalle coste di Taiwan, limite che segna l’ingresso nelle acque contigue. Non è la prima volta che accade. Era successo anche durante le esercitazioni di agosto 2022 e aprile scorso dopo la visita di Nancy Pelosi e l’incontro Tsai-McCarthy in California, ma è significativo che riaccada proprio durante la rivolta del Gruppo Wagner in Russia. Quasi a dire che le instabilità del partner non devono far illudere che Pechino possa mollare qualcosa su suoi interessi prioritari.

Le forze armate di Taiwan hanno pubblicato un aggiornamento del manuale di difesa civile che per la prima volta include una sezione su come distinguere i soldati cinesi da quelli taiwanesi in base alle loro uniformi, mimetiche e insegne. Taiwan ha presentato il manuale l’anno scorso in occasione dell’aumento delle tensioni con Pechino e dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il manuale spiega come trovare rifugi antiatomici, scorte d’acqua e di cibo tramite app per smartphone, oltre a consigli per la preparazione di kit di pronto soccorso.

Un nuovo sondaggio rileva un ampio sostegno all’allungamento del periodo di leva, anche oltre l’attuale limite di un anno.

L’esercito taiwanese si sta preparando per la “più grande consegna” di sistemi missilistici di produzione locale nel 2024, mentre ha effettuato esercitazioni a fuoco vivo sulla sua costa meridionale, situata in posizione strategica, sparando missili da autoblindo altamente mobili per distruggere obiettivi vicini alla costa, in una simulazione di respingimento di forze d’invasione.

La Marina di Taiwan ha recentemente formato un’unità ad hoc per prepararsi a prendere in consegna il primo sottomarino di costruzione locale.

Per la prima volta, gli analisti taiwanesi si uniranno agli esperti giapponesi e statunitensi per condurre simulazioni di wargames a Tokyo per un eventuale conflitto tra le due sponde dello Stretto.

Il 24 luglio prenderanno invece il via le esercitazioni annuali Han Kuang su tutta l’isola principale di Taiwan. Le esercitazioni prevedono per la prima volta la difesa del principale aeroporto internazionale dell’isola, quello internazionale di Taoyuan, e l’esercitazione su come mantenere aperte le rotte marittime in caso di blocco navale. Ampliate anche le esercitazioni antiaeree. Oltre a testare la preparazione dei civili, le esercitazioni di quest’anno valuteranno anche la capacità dei 22 governi locali di Taiwan di effettuare l’evacuazione dei residenti e le procedure da seguire una volta raggiunti i rifugi antiaerei più vicini.

L’Esercito Popolare di Liberazione ha interrotto una chiamata radio tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e le forze aeree dell’isola, scatenando una discussione sulla sicurezza delle comunicazioni. Tsai si trovava in visita nel sud di Taiwan per risollevare il morale del personale di servizio in vista del Dragon Boat Festival. In un video trasmesso dai media locali, si vede Tsai parlare via radio con un capitano dell’aeronautica, dicendo “Hotel Delta, qui è il presidente”, prima che si senta in sottofondo un avvertimento dell’Esercito di Pechino.

I bombardieri H-6K dell’Aviazione dell’Esercito Popolare di Liberazione hanno effettuato sortite notturne intorno Taiwan, un’azione che, secondo Pechino, diventerà di routine.

Il 28 giugno Taiwan ha avvistato due navi da guerra russe al largo della sua costa orientale e ha inviato i suoi aerei e le sue navi per sorvegliarle, ha dichiarato il ministero della Difesa. Le due navi stavano rientrando da un’ampia manovra di navigazione nel Pacifico verso Vladivostok, con sosta a Shanghai.

Cavi sottomarini e satelliti

“Taiwan sta guardando al manuale dell’Ucraina per cercare di rafforzare i propri sistemi di comunicazione. Le comunicazioni digitali di Taiwan si basano su cavi sottomarini, che approdano tutti in uno dei quattro punti dell’isola principale. L’ubicazione di questi punti è di dominio pubblico, il che li rende facili bersagli. L’Ucraina è riuscita a rimanere connessa a Internet ad alta velocità di fronte all’assalto della Russia utilizzando i satelliti, consentendo un coordinamento più efficace della resistenza e permettendo al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky di lanciare regolarmente appelli in livestreaming per ottenere maggiori aiuti militari”. Ne scrive il Wall Street Journal.

Su cavi sottomarini e sistemi satellitari (non Starlink, probabilmente, visti i non eccelsi rapporti tra Taipei ed Elon Musk) avevo scritto a fine maggio su Wired, partendo dalla vicenda della recisione di due cavi sottomarini intorno alle isole Matsu (qui un mio reportage del 2022 dall’arcipelago).

Diplomazia e investimenti

Una delegazione di deputati giapponesi appartenenti a tre partiti di opposizione è stata a Taiwan per una visita volta a costruire legami bilaterali e a offrire sostegno all’adesione di Taiwan a un accordo regionale di libero scambio. Guidato dall’ex ministro degli Esteri giapponese Seiji Maehara, il gruppo di 11 membri comprende legislatori del Partito costituzionale democratico, del Nippon Ishin (Partito dell’innovazione giapponese) e del Partito democratico del popolo. In arrivo anche la vedova dell’ex premier Shinzo Abe, ucciso l’8 luglio 2022 a Nara. Qui l’approfondimento sull’omicidio Abe visto da Taipei di allora.

A giugno c’è stata la prima delegazione parlamentare italiana a Taiwan dall’autunno del 2019. Come quella volta, a guidarla c’era Gian Marco Centinaio della Lega. Se allora la Lega era all’opposizione, stavolta si trova al governo. Il Carroccio ha così anticipato Fratelli d’Italia, che aveva cancellato la visita programmata ad aprile dopo le esercitazioni militari di Pechino intorno a Taiwan. Centinaio (che è stato intervistato qui) ha comunque mantenuto un profilo più basso sulla visita rispetto alla volta precedente, in cui il drappello parlamentare era peraltro molto più numeroso.

Il ministro degli Esteri di Taipei, Joseph Wu, ha effettuato a giugno un viaggio in Europa. L’incontro più alto in grado è stato quello con lo speaker del parlamento della Repubblica Ceca, dove è intervenuto a un evento in cui ha parlato il presidente. A Bruxelles ha dichiarato che i paesi europei dovrebbero rafforzare le relazioni con Taiwan se vogliono che gli investimenti taiwanesi nella produzione di semiconduttori continuino. Wu è stato a sorpresa anche in Italia, per la precisione a Milano, dove a ottobre aprirà un secondo ufficio di rappresentanza di Taipei e dove Wu ha incontrato il vice presidente della Commissione Esteri della Camera, il leghista Paolo Formentini, e il capogruppo della Lega nella Commissione Affari Costituzionali, Igor Iezzi.

Il ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann ha accolto a Berlino il suo omologo taiwanese Ching-Hsiang Tsai.

La Lituania, che ha appena ospitato il vertice Nato, ha rilasciato una strategia sull’Indo-Pacifico in cui parla anche di Taiwan.

Taiwan e la Polonia hanno firmato due protocolli d’intesa sui veicoli elettrici e sull’energia a idrogeno.

Il marchio italiano di gioielli Bulgari si è scusato dopo aver scatenato la rabbia dei netizen cinesi, perché l’azienda ha elencato “Cina” e “Taiwan” nella stessa categoria su alcune versioni del suo sito web. In una lettera di scuse pubblicata martedì, Bulgari ha ribadito la sua posizione di rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale della Cina e ha affermato che l’errore è stato causato dalla mancanza di supervisione dei suoi siti web all’estero ed è stato corretto.

Secondo i dati ufficiali e gli analisti, negli ultimi due anni gli investimenti taiwanesi a Singapore hanno subito un’impennata, in quanto la città-stato è diventata un rifugio per il denaro che si vuole coprire dal rischio di un conflitto militare con la Cina continentale.

Chip e intelligenza artificiale

Tsmc, il più grande fabbricatore di chip a contratto del mondo, e i suoi fornitori stanno pianificando l’invio negli Stati Uniti da Taiwan di oltre 500 lavoratori esperti nella creazione di impianti di chip all’avanguardia. Nikkei Asia racconta come la costruzione della fabbrica di semiconduttori dell’azienda a Phoenix, in Arizona, sia in ritardo rispetto alla tabella di marcia, a causa di una combinazione di fattori tra cui la carenza di manodopera e la mancanza di competenze. “Non c’è un numero sufficiente di lavoratori statunitensi che abbiano una buona esperienza diretta nella costruzione di impianti di produzione di semiconduttori e molti non hanno familiarità con i requisiti degli impianti di produzione di chip”, ha dichiarato a Nikkei un dirigente direttamente a conoscenza della questione. La costruzione dell’impianto è iniziata nel 2021 e il produttore di chip taiwanese ha recentemente dichiarato che la produzione di massa inizierà alla fine del 2024. A Taiwan, Tsmc è solitamente in grado di rendere operativo un nuovo impianto di chip in due o due anni e mezzo, ma in Arizona ci vorranno più di tre anni. Il friendshoring, a quanto pare, è più facile a dirsi che a farsi.

L’amministrazione Biden intende consentire ai principali produttori di semiconduttori della Corea del Sud e di Taiwan di mantenere ed espandere (per ora) le loro attuali attività di produzione di chip in Cina senza subire rappresaglie da parte degli Stati Uniti.

Sempre Tsmc ha detto che non prevede un impatto significativo sulle restrizioni introdotte dal governo di Pechino sulle esportazioni di gallio e germanio, due metalli chiave per la produzione di semiconduttori (ne ho parlato qui).

La Foxconn si è ritirata da una joint venture da 19,5 miliardi di dollari per la produzione di semiconduttori con il conglomerato indiano Vedanta, che ha dichiarato di aver subito una battuta d’arresto nei piani del Primo Ministro Narendra Modi per la produzione di chip in India. Qui un’analisi sul tema.

Il ministero dell’Istruzione intende introdurre corsi sui semiconduttori nei curricula delle scuole superiori, con cinque corsi pilota che saranno selezionati quest’anno.

Il Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia ha presentato un sistema di IA generativa da 7 miliardi di parametri (7B) in fase iniziale, che prevede di rilasciare per test selettivi nel corso dell’anno.

Il nodo Okinawa

«Erediteremo e manterremo saldamente i legami tra la Cina e Okinawa e creeremo un’epoca di pace e ricchezza». Musica per le orecchie di Xi Jinping, suonata da Denny Tamaki davanti alle rovine di un cimitero nei sobborghi di Pechino. Lì sono sepolti gli abitanti di Okinawa dell’epoca in cui l’isola faceva parte del Regno delle Ryukyu, entità indipendente con uno stretto legame tributario e culturale con la dinastia imperiale cinese dei Qing, prima dell’annessione giapponese del 1879. Tamaki è il governatore della prefettura di Okinawa ed è stato la scorsa settimana in Cina per una visita ad alto tasso simbolico con possibili ricadute molto pratiche sulla conformazione strategica dell’Asia orientale. Con lui una delegazione di 80 persone tra cui diversi uomini d’affari e Yohei Kono, ex speaker della camera bassa della Dieta.

Proprio un inedito commento di Xi ha dato vita alla visita di Tamaki. Lo scorso 1° giugno il presidente cinese si è recato all’Archivio nazionale delle pubblicazioni e della cultura, fiore all’occhiello della strategia di esaltazione delle radici storiche spinta da Xi nella “nuova era”. Durante la visita, Xi si è fermato davanti a un libro stampato su legno sulla storia delle Ryukyu, utilizzato da Pechino per sostenere le sue rivendicazioni sulle isole Senkaku/Diaoyu, amministrate da Tokyo. «Quando lavoravo a Fuzhou, ho conosciuto il rapporto profondo con le Ryukyu», ha detto Xi, chiamando per la prima volta le isole (a cui il Giappone si riferisce come Nansei) con questo nome. Ha poi ricordato i 36 clan del popolo Min che si spostarono dalla Cina all’arcipelago durante la dinastia Ming nel XIV secolo. Invitando poi a raccogliere e ordinare tali documenti storici per «ereditare e sviluppare bene» la civiltà cinese.

Parole che sembrano limitarsi a evidenziare in modo innocuo legami storici con un territorio non lontano dalle coste cinesi. Ma il resoconto della visita, pubblicato in prima pagina sul Quotidiano del Popolo del 4 giugno, ha innescato una serie di riflessioni di esperti cinesi che sono tornati a mettere in dubbio la legittimità della sovranità giapponese su Okinawa. Il suo territorio comprende un gruppo di isole altamente strategico per la sua vicinanza a Taiwan (poco più di 100 chilometri) e per la presenza capillare di basi e militari statunitensi. D’altronde, Okinawa è rimasta sotto amministrazione americana fino al 1972.

Ne ho scritto un lungo articolo qui.

Del tema si sono accorti a Taipei. Proprio mentre il governatore di Okinawa si trovava a Pechino, il presidente dello Yuan legislativo You Si-kun ha guidato una delegazione di 100 membri in visita a Yonaguni (l’isola più occidentale del Giappone) in traghetto per promuovere gli scambi parlamentari e turistici.

Pochi giorni dopo, un vicepremier taiwanese si è recato in Giappone per la prima volta in 29 anni per rafforzare i legami economici e parlare dell’industria dei semiconduttori. Cheng Wen-tsan ha guidato una delegazione di funzionari e uomini d’affari del settore economico e industriale.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files – La puntata precedente

Il punto verso il voto del 2024

Taiwan Files – L’identikit di Hou Yu-ih, candidato presidente del GMD

Taiwan Files – L’identikit di William Lai, candidato presidente del DPP

Taiwan Files – Le elezioni locali e l’impatto sulle presidenziali 2024

Intervista a Ma Ying-jeou