Taiwan Files – L’anno del coniglio e Lai dal cilindro

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

William Lai nuovo leader del DPP: qual è la sua visione sui rapporti sullo Stretto e sullo status quo tra Taiwan, Repubblica di Cina e Repubblica Popolare Cinese. Taiwan-USA: negoziati commerciali e training militare. Donne tra i riservisti. Disfida sui noodles e nomine a Pechino. Giù l’economia taiwanese. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

Arriva l’anno del coniglio. E dal cilindro del Partito progressista democratico esce il volto più scontato, quello di William Lai, nominato presidente del DPP al posto della dimissionaria Tsai Ing-wen. Si tratta della conseguenza della batosta subita dal DPP nelle elezioni locali di novembre (qui l’analisi sul tema che avevo scritto per ISPI). Esito scontato, come previsto qui, ma in ogni caso significativo. Lai potrà controllare da capo del partito il processo di individuazione dei candidati in vista delle presidenziali del gennaio 2024, alle quali sarà probabilmente lui stesso il candidato presidente. Un nome che non piace per niente a Pechino, ma che deve ancora convincere anche gli Stati Uniti. Con alcuni taiwanesi che si interrogano sulla sua figura, molto diversa da quella della presidente Tsai.

Partiamo da un virgolettato. “Taiwan è già un paese sovrano e indipendente. Sotto la mia guida il DPP manterrà lo status quo esistente, proteggendo la pace senza compromettere il futuro del popolo taiwanese”, ha scritto Lai su Twitter. Che cosa significa questa frase? A mio parere si tratta di un compromesso tra la sua storica posizione radicale e quella molto più moderata di Tsai. In passato, Lai si è descritto un “politico che lavora all’indipendenza di Taiwan”. Passo indietro su un concetto qui affrontato molte volte: per “indipendenza di Taiwan” e per “indipendentisti” sulla scena taiwanese si intende chi non si accontenta dell’indipendenza de facto come Repubblica di Cina, ma che desidera la dichiarazione di indipendenza formale da essa come Repubblica di Taiwan. Un passaggio che farebbe venir meno in maniera definitiva il concetto di “unica Cina” e tirerebbe fuori Taipei dalla zona grigia che le ha consentito finora un difficilissimo equilibrio con la Repubblica popolare cinese e la coesistenza di due entità a tutti gli effetti separate dal punto di vista politico e amministrativo.

Che cosa significa dunque la dichiarazione di Lai? Appare come un parziale passo indietro rispetto alla sua vecchia posizione, in realtà già molto soffusa durante la sua vicepresidenza, ma ribadendo l’alterità taiwanese. Lai sta tranquillizzando i taiwanesi e cinesi continentali che non intende arrivare a una dichiarazione di indipendenza formale e che si atterrà allo status quo, accettando dunque la posizione di Tsai e prima di lei di Lee Teng-hui (primo presidente democraticamente eletto a Taiwan) secondo cui esistono due entità separate e non interdipendenti l’una dall’altra. Ma Lai non arriva a sposare del tutto la visione di Tsai, più moderata. Si guardi infatti a questa dichiarazione di qualche mese fa dell’attuale presidente: “Non abbiamo bisogno di dichiararci uno stato indipendente. Siamo già un paese indipendente e ci chiamiamo Repubblica di Cina, Taiwan”.

Il fatto che Taiwan e la Repubblica di Cina siano inseparabili è una difesa pragmatica dell’indipendenza taiwanese che riconosce ancora lo status quo. Ecco, il segmento “Repubblica di Cina” manca dalla dichiarazione di Lai che dunque da una parte manda rassicurazioni in varie direzioni ma dall’altra cita solamente Taiwan. Non un unicum, si tratta di qualcosa di già accaduto durante l’amministrazione Tsai e che punta chiaramente a rafforzare l’identità taiwanese, diluendo il legame storico e culturale (se non politico) con la “unica Cina” che invece viene ancora riconosciuta dall’opposizione del Guomindang, seppur “con diverse interpretazioni” (cioè senza stabilire quale sia l’entità legittima e senza nemmeno volerlo stabilire per mantenere l’equilibrio dello status quo, ammesso e non concesso che sia quanto vuole anche il Partito comunista cinese che invece appare deciso in ogni caso ad arrivare prima o poi alla “riunificazione” o “unificazione”). Ma certo esordire con questa formula da leader del partito di maggioranza è significativo.

Un passo indietro per capire qualche dinamica interna al DPP. Dopo la sconfitta alle elezioni locali del 2018, proprio Lai sembrava sul punto di operare una scissione del DPP, in conflitto con la corrente più moderata di Tsai. Tutto rientrò con la promessa della moderata Tsai di garantire a Lai il ruolo di vicepresidente al voto del 2020, una posizione tradizionalmente anticamera alla candidatura da presidente alla successiva tornata elettorale. La frattura si ricompose anche grazie alla contingenza che si era venuta a creare, improvvisamente favorevole per il DPP in vista delle presidenziali.

Ulteriore passaggio da “establishment” di Lai il cambio dello slogan della sua piattaforma politica, che passa da “protezione di Taiwan contro la Cina” a “protezione della pace”, come sottolinea Lev Nachman.

Altri messaggi da Lai dopo la nomina. Il vicepresidente si è impegnato a “lucidare la sua immagine di partito onesto, diligente e popolare”, una implicita presa di distanza ad alcuni episodi degli ultimi mesi che hanno inciso anche sulle elezioni locali.

La parte moderata del DPP non è mai stata convinta di Lai, nonostante abbia istituzionalizzato le sue posizioni dopo essere diventato vicepresidente. Difficile però non ricordare il suo passato. Non se lo scorda Pechino, che ha osservato con molto fastidio i suoi movimenti in Giappone in occasione della morte di Shinzo Abe lo scorso luglio. Non se lo scordano in realtà neanche i taiwanesi: la stragrande maggioranza di loro vuole il mantenimento dello status quo e Lai potrebbe essere percepito come un candidato un po’ troppo radicale anche dagli elettori più moderati del DPP. Pur se attenuato e pur se si tratta di una svolta sincera, pesa anche la percezione che tutte le parti in causa hanno di lui. Ne parla anche il Financial Times. Come già detto qui su Taiwan Files a più riprese, il Guomindang proverà a porre l’accento sui presunti rischi e la teorica discontinuità che Lai potrebbe portare anche rispetto all’amministrazione della cauta Tsai.

Altro sviluppo politico atteso: il rimpasto di governo. Il premier taiwanese Su Tseng-chang e la sua squadra hanno presentato le loro dimissioni per aprire la strada a un nuovo gabinetto, che dovrebbe essere formato dopo le vacanze del Capodanno lunare. “Porterò il gabinetto a dimettersi in massa per facilitare alla presidente l’inizio di una nuova era politica”, ha detto Su, aggiungendo di aver chiesto a Tsai di nominare rapidamente un nuovo premier.

Taiwan-Usa: negoziati commerciali e training militari

Gli Stati Uniti e Taiwan hanno concluso martedì 17 gennaio quattro giorni di negoziati commerciali e hanno raggiunto un consenso su diverse aree relative alla facilitazione del commercio, alla lotta alla corruzione, alle piccole e medie imprese e alle pratiche normative, ha dichiarato l’ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti. Il primo importante ciclo di negoziati dell’Iniziativa Usa-Taiwan sul commercio del XXI secolo ha visto le due parti scambiarsi testi su questi settori a Taipei, ha dichiarato l’ufficio in un comunicato. Qui il readout americano. Da Taipei si fa sapere che “i colloqui commerciali tra Stati Uniti e Taiwan danno a Taiwan pari dignità nel commercio bilaterale”. Messaggio rivolto al pubblico interno che teme la fuoriuscita della tecnologia più avanzata sul fronte dei semiconduttori, tema comunque sempre al centro degli scambi con Washington.

Secondo Nikkei Asia, gli Stati Uniti hanno intanto ampliato l’addestramento fornito alle forze armate di Taiwan. La Guardia Nazionale, una forza militare americana con sede nello Stato, ha iniziato ad addestrare le forze armate taiwanesi qualche tempo prima della primavera del 2022.

Qui un’analisi su ambiguità e chiarezza strategiche.

La disfida dei noodles e segnali politici da Pechino

I funzionari taiwanesi hanno ordinato ai negozi di smettere di vendere un tipo di zuppa di riso proveniente dalla Cina continentale, citando problemi di sicurezza alimentare. Ma alcune delle confezioni riportavano un messaggio legato ai legami tra Taiwan e la Cina continentale e gli analisti sostengono che Taiwan potrebbe aver avviato un giro di vite per questo motivo. Secondo i media taiwanesi, uno degli slogan sulle confezioni recitava “Tu sei cinese, e anch’io sono cinese”, secondo il partito.

Il nuovo direttore dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan, Song Tao, ha mantenuto un seggio nel massimo organo di consulenza politica cinese per i prossimi cinque anni e, secondo il South China Morning Post, è probabile che diventi uno dei vicepresidenti. Song fa parte della lista dei membri del 14° Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese (CPPCC), approvata martedì e resa pubblica mercoledì. La mossa potrebbe dare all’ufficio di Taiwan una maggiore influenza sulle politiche di Pechino sullo Stretto.

Donne nel programma dei riservisti, missili e telecamere di sorveglianza

Dopo la recente estensione della leva militare obbligatoria, l’esercito di Taiwan ha annunciato che presto consentirà ai riservisti di iscriversi volontariamente al programma di formazione per riservisti a doppio binario, aperto anche alle donne riserviste. Col programma volontario, che sarà lanciato nel secondo trimestre di quest’anno, sarà la prima volta che l’esercito di Taiwan includerà il personale militare femminile congedato nel suo programma di formazione per riservisti. Attualmente l’esercito gestisce un programma di addestramento per riservisti a doppio binario, iniziato nel 2022, con un numero relativamente ridotto di riservisti che si sottopone a due settimane di addestramento intensivo due volte in otto anni, mentre la maggior parte si sottopone a un regime di cinque-sette giorni quattro volte in otto anni. I riservisti volontari del nuovo programma potranno scegliere se seguire un addestramento di una o due settimane.

Si continua a discutere della componente di un missile di Taiwan finita in riparazione nello Shandong. La rivelazione che un dispositivo hi-tech sensibile di uno dei missili più potenti di Taiwan è stato recentemente inviato alla Cina continentale per le riparazioni ha sottolineato la presa nascosta di Pechino sull’arsenale di Taipei, hanno detto gli analisti citati dal South China Morning Post. Gli esperti hanno inoltre evidenziato il rischio per la sicurezza che Taiwan corre facendo affidamento sulle catene di approvvigionamento logistico globali e l’importanza fondamentale che l’isola deve attribuire alla sicurezza dei suoi contratti militari altamente sensibili e degli accordi di outsourcing.

Il principale produttore di armi ha negato che l’installazione di telecamere di sorveglianza che includono un componente prodotto nella Cina continentale rappresenti un rischio per la sicurezza. Le telecamere a cupola, acquistate dalla Svezia, sono utilizzate dal National Chung-Shan Institute of Science and Technology (NCSIST) nel suo Graphics-Controller Intelligence Security System per proteggere i quartieri militari. Secondo i media locali, le telecamere, che sono state installate in decine di campi militari, sono state trovate con un connettore di circuito stampato prodotto nel continente.

Cala l’economia taiwanese

L’economia di Taiwan, dipendente dal commercio, si è inaspettatamente contratta nel quarto trimestre, registrando la peggiore performance degli ultimi 13 anni, colpita da un calo delle esportazioni a causa del rallentamento della domanda globale di tecnologia e del caos legato al Covid in Cina continentale, il suo principale mercato di sbocco. Nel periodo ottobre-dicembre, il prodotto interno lordo (PIL) annuale ha subito una contrazione dello 0,86% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, rispetto alla crescita del 4,01% del trimestre precedente, secondo i dati preliminari dell’agenzia di statistica pubblicati nei giorni scorsi.

Altre notizie: Filippine, Paraguay e Zoom

Secondo una nuova analisi di Foreign Policy, Kinmen e Matsu rischiano di essere obiettivi di un’azione militare di Pechino. In realtà, si tratta di una prospettiva più quotata qualche anno fa e che ora sembra aver perso fattibilità, visto che si tratta sostanzialmente degli unici due territori (arcipelaghi nell’immediatezza delle coste del Fujian) che fungono ancora come collegamento politico con l’isola principale di Taiwan. La visione prevalente a Taipei è che se Pechino opterà per un’azione militare non farà passi intermedi, quantomeno non a Kinmen o Matsu. Viene ritenuta più immaginabile sulle Dongsha, meno abitate e posizionate in una porzione più strategica di mare.

Il presidente filippino Marcos Jr. ha ammesso di essere “molto, molto preoccupato” per le tensioni sullo Stretto di Taiwan.

Le imminenti elezioni in Paraguay, che si terranno a fine aprile, potrebbero vedere il paese stabilire dei legami diplomatici ufficiali con la Repubblica Popolare. Taipei è prevedibilmente preoccupata.

Zoom Video Communications Inc. ha iniziato a operare il suo centro dati di cloud computing a Taiwan, dopo essere diventata la prima azienda americana a superare un audit di terze parti supervisionato dalla Mobile Application Security Alliance (MASA) di Taiwan.

Di Lorenzo Lamperti

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Intervista a Ma Ying-jeou

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