Taiwan Files – TSMC in Germania, commercio con gli Usa, messaggi incrociati con Pechino

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Negoziati commerciali Taipei-Washington, via libera del colosso al primo stabilimento europeo, la sfida globale sui semiconduttori, i messaggi di Xi e Tsai, manovre politiche e militari, spionaggio nell’esercito taiwanese, contatti con Nato e Casa Bianca, il riarmo del Giappone, il problema demografico e altre notizie. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

Sabato 14 gennaio arriva a Taipei una delegazione statunitense per un nuovo round di negoziati per raggiungere un accordo commerciale. Spiega tutto Joyu Wang sul Wall Street Journal: “Stati Uniti e Taiwan intendono concentrarsi su cinque aree durante il primo ciclo di negoziati per la conclusione di un accordo commerciale e si sono dichiarati disposti a suddividere gli accordi in sottoinsiemi man mano che le parti compiono progressi. Le due parti negozieranno i testi proposti che riguardano le misure anticorruzione, il commercio delle piccole e medie imprese, le buone pratiche normative, la regolamentazione di alcuni servizi e la facilitazione del commercio, ha dichiarato martedì ai giornalisti un alto funzionario dell’ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti”.

Gli incontri sono in programma dal 14 al 17 gennaio. Scrive sempre il Wall Street Journal:  “L’ordine del giorno comprende elementi in cui ci si può aspettare un progresso più rapido ed è tratto da 11 aree commerciali che le due parti hanno precedentemente concordato di negoziare; per il momento, le due parti stanno evitando settori più politicamente spinosi come l’agricoltura e il commercio digitale”.

Anche a questo nuovo round negoziale va ascritto il recente aumento di manovre di Pechino sullo Stretto, insieme alla nuove norme sulla vendita di armi a Taipei approvate da Joe Biden in chiusura di 2022. Il tema commerciale fa d’altronde parte dei vari capitoli di contesa tra e due sponde dello Stretto. A dicembre Pechino ha bloccato l’import di una serie di bevande taiwanesi, tra cui la birra e il celeberrimo kaoliang, liquore di sorgo prodotto a Kinmen consumato durante lo storico incontro tra Xi Jinping e l’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou nel 2015. Nei giorni scorsi Taipei ha risposto vietando le spedizioni di granchi cinesi, tipico ingrediente nei banchetti del vicino capodanno lunare.

Ma Taiwan ha voluto mandare anche un altro segnale, chiedendo di partecipare alle discussioni incentrate sulla protesta della Cina contro le sanzioni statunitensi sui semiconduttori presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio. “Saremo imparziali“, ha detto il capo negoziatore John Deng. La mossa si inserisce in un contesto nel quale c’è chi a Taiwan vede con timore i crescenti investimenti del colosso TSMC (che ha ribadito anche in questi giorni i suoi impegni sull’isola) negli Usa, e in altri paesi. Anche a livello politico, il governo deve mandare segnali rassicuranti che non consentirà la fuga delle tecnologie più avanzate nel settore strategico per eccellenza per economia e diplomazia di Taipei.

TSMC in Germania

Come ho scritto su La Stampa (qui un thread su Twitter di martedì 10 gennaio), secondo quanto raccontato da fonti informate della questione la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) ha dato il via libera alla costruzione di uno stabilimento in Germania. Nelle scorse settimane Nikkei aveva raccontato che il colosso di Hsinchu stava valutando un investimento a Dresda. L’azienda aveva risposto che non c’erano ancora piani concreti. Ora sarebbe arrivato l’ok dopo un sopralluogo in terra tedesca. Sarebbe il primo stabilimento in Europa della TSMC, che da sola pesa oltre il 50% dello share globale del comparto di fabbricazione e assemblaggio di semiconduttori. Si tratterebbe di un investimento diretto, non di una joint venture. Va finalizzato l’accordo con la Germania, con cui si è trattato a lungo sull’ammontare dei sussidi governativi richiesti dal gigante taiwanese per assemblare chip utili all’industria dell’automotive, più grandi di quelli di ultima generazione a 3 nanometri appena lanciati in patria.

Giovedì 12 gennaio l’azienda ha fatto una prima ammissione, confermando di stare valutando l’apertura di uno stabilimento in Europa e la costruzione di una seconda fabbrica in Germania. Comunicati inoltre profitti record per il quarto trimestre del 2022, ma con prospettive negative sul 2023 per il rallentamento della domanda globale.

Nei giorni scorsi è stata peraltro a Taipei una delegazione parlamentare tedesca, guidata dalla presidente della commissione parlamentare tedesca per la difesa, Marie-Agnes Strack-Zimmermann. Nei prossimi mesi in arrivo anche la ministra dell’Istruzione, Bettina Stark-Watzinger: sarà la prima visita di un membro del gabinetto tedesco in 26 anni, a testimonianza di un rapporto in fase di approfondimento tra Berlino e Taiwan. “La Germania sarebbe costretta a tagliare i legami con la Cina, come ha fatto con la Russia, nel caso in cui la Cina attaccasse Taiwan”, ha dichiarato il leader dei socialdemocratici (SPD) del Cancelliere Olaf Scholz al settimanale Die Zeit

Non tutti, però, a Taipei sono contenti della moltiplicazione di investimenti esteri della TSMC. A inizio dicembre il fondatore Morris Chang ha incontrato Joe Biden in Arizona, promettendo di triplicare gli investimenti negli Stati Uniti, dove è prevista l’apertura di un impianto entro il 2024. In costruzione una fabbrica anche in Giappone. C’è chi teme che, nonostante le rassicurazioni di governo e aziende, la fuoriuscita di talenti e tecnologie avanzate possa scalfire il cosiddetto “scudo di silicio” che protegge Taiwan.

Il governo cerca di tenersi stretti questi colossi e ha approvato degli emendamenti legali che offrirebbero agevolazioni fiscali alle imprese “innovative” che raggiungono un livello predeterminato di spesa e intensità di ricerca e sviluppo (R&S).

I messaggi politici di Taipei e Pechino

Discorsi di inizio anno piuttosto morbidi sia da parte di Xi Jinping sia da parte di Tsai Ing-wen. La presidente taiwanese ha ribadito che la “guerra non è un’opzione” ma ha ribadito i piani di rafforzamento delle difese militari di Taipei, a partire dalla recente estensione della leva militare (che sta ricevendo reazioni miste dai taiwanesi e, ovviamente, negative da Pechino). Tsai poi ha offerto assistenza sul Covid: “Finché ce ne sarà bisogno, siamo disposti a fornire l’assistenza necessaria”, ha detto nel suo discorso di inizio anno. Nel suo discorso, Xi è stato molto più morbido che in passato sulla questione taiwanese, citata in un solo passaggio in cui ha espresso la speranza che “i compatrioti su entrambe le sponde dello Stretto lavorino insieme con unità di intenti per promuovere congiuntamente una prosperità duratura della nazione cinese”. Se si vuole fare un paragone con 4 anni fa, sempre dopo delle elezioni locali stravinte dal Guomindang (qui lo speciale dedicato al voto), allora le parole di Xi erano state durissime.

Prime dichiarazioni ufficiali anche per Song Tao, nuovo direttore dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan.

Intanto, però, si riscontrano cambiamenti nei metodi di comunicazioni dei corrispettivi media. Lo spiega bene Wen Ti-sung: “I media cinesi e taiwanesi utilizzano un linguaggio sempre più colorito. In agosto, in occasione del viaggio di Pelosi a Taiwan, Pechino l’ha definita una “visita furtiva” (cuanfang, 竄訪). Questa dicitura è rimasta inalterata, si è normalizzata e Pechino l’ha usata anche per altre visite a Taiwan (ad esempio, per i legislatori della Corea del Sud). Ora i media di Taiwan stanno rispondendo a tono. Ad esempio, alle 23:48 dell’8 gennaio, il Comando orientale dell’Esercito popolare di liberazione ha annunciato di aver tenuto un’esercitazione militare congiunta nei pressi di Taiwan. Alcuni media di Taiwan la chiamano ora “esercitazione #ambush” (突襲軍演), per sottolineare che si tratta di un’esercitazione non annunciata e indebitamente escalatoria”.

Taiwan ha bollato gli aerei da guerra dell’Esercito Popolare di Liberazione come “disgustosi avvoltoi” e i suoi missili balistici come “irritanti petardi”, nell’ultimo round di una guerra di influenza con Pechino, scrive invece Lawrence Chung.

Politica interna taiwanese

Ci si muove intanto sul fronte politico interno taiwanese. L’ex presidente Ma Ying-jeou ha chiarito su quale tasto batterà il Gmd in vista delle presidenziali del 2024: la scelta tra guerra e pace. Non una sorpresa, vista la lunga intervista che avevo realizzato a Ma per Limes a novembre.

Significativa presa di posizione di Terry Gou, fondatore della Foxconn, il principale fornitore di Apple. Gou, taiwanese, critica l’acquisto da parte di Taipei di armi americane e sostiene che più Taipei si arma e più rischia l’invasione di Pechino. Una posizione comune a molti nell’opposizione del Kuomintang e che alimenta le voci di una sua possibile candidatura alle presidenziali del 2024. Avendo tantissimi interessi in Cina, una sua eventuale candidatura e vittoria sarebbe vista di buon occhio da Xi Jinping. Come detto tante volte, il Gmd continua comunque a puntare sul popolare sindaco di Taipei, Hou Yu-ih. A prescindere da chi sarà il candidato, il tentativo sarà quello di sottolineare l’eventuale discontinuità (con rischi annessi) che porterebbe William Lai, attuale vicepresidente del Dpp ma su posizioni ben più radicali di Tsai.
Attenzione però all’equazione eventuale ritorno del Gmd=distensione totale e ritorno al 2015. Anzi, sia Pechino sia il Gmd sono cambiati da allora. Il Partito comunista potrebbe viverla come l’ultima spiaggia per un accordo politico, provando a far firmare accordi che se respinti (come prevedibile per non perdere l’appoggio dell’opinione pubblica taiwanese) potrebbero far rendere conto Pechino che non restano spazi di manovra diplomatici per ottenere il suo obiettivo, che non sembra più essere solo il mantenimento dello status quo ma che invece è l’accelerazione della “riunificazione” (o “unificazione”).
Le manovre militari

Lo scorso 5 gennaio, gli Stati Uniti hanno comunicato il transito nello Stretto di Taiwan del cacciatorpediniere Chung-Hoon, che aveva solcato quelle acque lo scorso 5 novembre, pochi giorni prima dell’incontro a Bali tra Joe Biden e Xi Jinping. In quel caso il passaggio era stato comunicato solo un paio di settimane dopo, questa volta invece non si è aspettato. L’esercito americano l’ha definita un’operazione di “routine” e d’altronde nell’ultimo decennio sono circa 100 i transiti ufficiali. Ma Pechino sopporta sempre meno queste manovre su acque che ritiene ancora più strategiche dopo la visita a Taipei di Nancy Pelosi lo scorso agosto. L’ambasciata cinese a Washington ha accusato gli Usa di “minare la pace e la stabilità”.

La sede diplomatica è da poco rimasta orfana di Qin Gang, tornato a Pechino per assumere il ruolo di ministro degli Esteri e autore di una lettera di commiato pubblicata sul Washington Post in cui definisce la relazione bilaterale come cruciale per la stabilità mondiale. I segnali di queste settimane non sono del tutto confortanti, a partire dalla collisione sfiorata tra un jet americano e uno cinese nel mar Cinese meridionale che ha generato ricostruzioni opposte e accuse incrociate tra le rispettive forze armate. Acque e cieli al largo di Taiwan sono d’altronde sempre più affollati: secondo i dati del ministero della Difesa di Taipei, nel 2022 sono stati 1727 gli aerei dell’Esercito popolare di liberazione a entrare nel suo spazio di identificazione di difesa aerea, non riconosciuto da Pechino. Quasi il doppio rispetto al 2021 e il 450% in più rispetto ai 380 del 2020.

Militari taiwanesi accusati di spionaggio

Su Taipei aleggiano però anche alcune ombre interne sul sistema di difesa. Nei giorni scorsi sono state arrestate 7 persone accusate di spionaggio a favore della Repubblica popolare dall’interno dell’esercito taiwanese. A capo dell’organizzazione ci sarebbe un colonnello dell’aeronautica in pensione, che avrebbe reclutato alcuni ufficiali in servizio attivo. Coinvolti anche il generale maggiore della Marina in pensione Hsia Fu-hsiang e l’ex deputato Lo Chih-ming, in passato membro di un piccolo partito indipendentista. Il sospetto dei magistrati è che proprio Lo abbia reclutato l’ufficiale dell’aeronautica, che avrebbe ricevuto 700 mila dollari taiwanesi (circa 20 mila euro) attraverso una società di comodo. Non si tratta del primo caso. A novembre un militare è stato arrestato con l’accusa di percepire il corrispettivo di 1200 euro al mese per passare informazioni dall’altra parte dello Stretto. Lo scorso giugno è finito a processo un ex generale. Insomma, a Taipei il timore delle infiltrazioni di Pechino aumenta.

Fa discutere anche la vicenda di un componente del missile antinave Hsiung Feng III è transitato nella provincia cinese dello Shandong. Il National Chung-Shan Institute of Science and Technology, principale attore dello sviluppo missilistico taiwanese, ha dichiarato che il teodolite (strumento ottico di precisione) era stato acquistato in Svizzera e qui spedito per riparazioni. Ma sulla via del ritorno è passato da Qingdao, dove il produttore ha spiegato di avere la sede di manutenzione per l’Asia orientale. Taipei ha assicurato che non ci sono state fughe di dati, mentre nei giorni successivi alla notizia la presidente Tsai Ing-wen ha presieduto il primo test di un drone tattico ad ala rotante a distanza ravvicinata nella base militare di Chiayi. Ne ho scritto qui.

Le rivelazioni sui rapporti con Nato e Usa

Un ufficiale delle forze aeree di Taiwan ha rivelato i dettagli di una rara interazione tra le forze armate taiwanesi e la NATO, descrivendo come abbia partecipato a un programma accademico di sei mesi con alti ufficiali in Italia. Parlando con i giornalisti durante una visita alla base aerea di Hsinchu, nel nord di Taiwan, il tenente colonnello dell’aeronautica Wu Bong-yeng ha detto di aver frequentato un corso di sei mesi presso il NATO Defence College di Roma nel 2021, tornando a Taiwan nel gennaio dello scorso anno. “Si trattava di uno scambio accademico, non militare”, ha detto. La NATO, in risposta alle domande sulla presenza di Wu, ha dichiarato di non avere una partnership formale con Taiwan.

Nei giorni scorsi è stato peraltro a Taipei l’ex segretario generale della Nato, il danese Rasmussen, che ha anche scritto un commento per il Financial Times.

Un ex alto funzionario delle forze armate di Taiwan ha rivelato invece di essere stato invitato a incontrare un alto funzionario americano alla Casa Bianca nel 2019, evidenziando i legami cordiali tra i due eserciti nonostante la mancanza di relazioni diplomatiche. Lee Hsi-ming, un ammiraglio in pensione che ha ricoperto il ruolo di capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica di Cina dal 2017 al 2019, ha dichiarato che è una prassi consolidata che gli alti ufficiali militari taiwanesi visitino il Pentagono per discutere direttamente con le controparti americane di questioni di difesa e sicurezza. Tuttavia, secondo Lee, all’epoca i diplomatici taiwanesi non sono stati fatti entrare nel Dipartimento di Stato a causa della mancanza di relazioni diplomatiche ufficiali.

Il tempismo della diffusione di queste notizie sembra non essere casuale e arriva in un momento in cui il governo di Taipei vuole rassicurare i cittadini sulle capacità di difesa dopo le notizie di indagini per spionaggio all’interno dell’esercito.

Il riarmo del Giappone
Venerdì 13 gennaio il premier giapponese Fumio Kishida viene ricevuto da Joe Biden alla Casa Bianca, dopo che alla ministeriale 2+2 Esteri-Difesa è stato raggiunto un accordo di elevazione dei rapporti militari: una mossa storica che porta la partnership difensiva anche nello spazio e dà il via libera a un rafforzamento della presenza militare nei pressi di Okinawa, vale a dire nei pressi di Taiwan. In arrivo anche più munizioni. Un cambio non solo strategico ma anche concettuale del Giappone pacifista del dopoguerra, come ho scritto qui. Dura reazione di Pechino, che definisce il vicino asiatico un agnello sacrificale degli americani. Mentre gli analisti avvisano dell’accelerazione del riarmo in Asia-Pacifico.

Il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha dichiarato di dubitare seriamente che l’aumento delle attività militari cinesi vicino allo Stretto di Taiwan sia un segnale di un’imminente invasione dell’isola da parte di Pechino.

L’americano CSIS ha realizzato dei “wargame” sullo Stretto di Taiwan. Come riporta la Cnn, “un’invasione di Taiwan nel 2026 provocherebbe migliaia di vittime tra le forze cinesi, statunitensi, taiwanesi e giapponesi e difficilmente si tradurrebbe in una vittoria per Pechino”. Al termine, “una guerra su Taiwan potrebbe lasciare l’esercito statunitense vittorioso in uno stato paralizzato come le forze cinesi”. Qui il report, accolto dal Global Times come un metodo per alzare le tensioni e cercare più fondi militari.

Il problema demografico

Taiwan ha seri problemi a livello demografico. La popolazione si è ridotta nel 2022 per il terzo anno consecutivo, con un calo di 110.674 persone rispetto a un anno fa, registrato sia il numero più basso di nascite che quello più alto di decessi.

Il nuovo governo della città di Taipei incoraggerà la natalità attraverso bonus e sussidi, con l’obiettivo di riportare la popolazione della capitale sopra i 2,5 milioni, ha dichiarato il sindaco di Taipei Chiang Wan-an. La popolazione di Taipei è diminuita di circa 200.000 persone negli ultimi anni, un numero sconvolgente, ha dichiarato Chiang ai giornalisti prima di una riunione dell’amministrazione comunale. I funzionari discuteranno di come incoraggiare i residenti della città ad avere figli, ad esempio offrendo bonus e sussidi per i bambini e migliorando le politiche di edilizia sociale, ha dichiarato Chiang.

Altre notizie

La ministra degli Affari Digitali taiwanese Audrey Tang è stata in visita in Lituania, paese che ha rafforzato molto i rapporti con Taipei subendo ritorsioni commerciali di Pechino.

Papua Nuova Guinea ha chiuso l’ufficio commerciale di Taipei, incassando il plauso di Pechino.

Le prossime elezioni in Paraguay potrebbero portare a una rottura dei rapporti diplomatici ufficiali tra Taipei e Asuncion, secondo il candidato dell’attuale partito di maggioranza Efrain Alegre, il quale sostiene che in caso di vittoria l’opposizione passerebbe dalla parte di Pechino.

Approvata un‘ampia legge sul clima, intitolata “Legge sulla risposta ai cambiamenti climatici”, che stabilisce un sistema di tasse sul carbonio per i grandi emettitori e fissa l’obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files – La puntata precedente

Taiwan Files – Tutte le puntate del 2022

Taiwan Files – Le elezioni locali e l’impatto sulle presidenziali 2024

Intervista a Ma Ying-jeou

Qui per recuperare tutte le puntate di Taiwan Files