Taiwan

Taiwan Files – Pompeo a Taipei e Taiwan nella “nuova era”

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

La doppia visita statunitense a Taiwan e il possibile triplice impatto, la questione taiwanese alle “due sessioni”, aggiornamenti sull’impatto della guerra in Ucraina. La rassegna di Lorenzo Lamperti con le ultime notizie da Taipei (e dintorni)

“Non credo che lo ripeterebbe qualora fosse eletto presidente degli Stati Uniti”. Questo era il commento più gettonato, tra quelli registrati venerdì 4 marzo, dopo che Mike Pompeo ha dichiarato da Taipei che il governo americano “dovrebbe immediatamente prendere i passi necessari, e da tempo attesi, per fare la cosa giusta e ovvia, cioè offrire alla Repubblica di Cina (Taiwan) il riconoscimento diplomatico dell’America come paese libero e sovrano”. Aggiungendo, con un’inedita attenzione alle sottili sfumature della complessa vicenda taiwanese: “Non si tratta della futura indipendenza di Taiwan, si tratta di riconoscere una realtà inequivocabilmente già esistente. Questa realtà è, come molti dei leader taiwanesi passati e presenti hanno chiarito, che non c’è bisogno che Taiwan dichiari l’indipendenza perché è già un paese indipendente. Il suo nome è Repubblica di Cina (Taiwan). Il popolo e il governo degli Stati Uniti dovrebbero semplicemente riconoscere questa realtà politica, diplomatica e di sovranità. Il popolo taiwanese merita il rispetto del mondo per essere un paese libero, democratico e sovrano”.

Tutto quanto dichiarato durante il suo discorso alla Prospect Foundation, think tank affiliato al governo taiwanese che ufficialmente lo ha invitato a Taipei. Anche se come segnalato da Lev Nachman su Twitter il viaggio di Pompeo sarebbe stato pagato 150 mila dollari dall’Ufficio di rappresentanza di Taipei a Washington, prezzo inusualmente alto. E l’ex segretario di Stato si sarebbe occupato anche di affari commerciali durante la sua permanenza a Taiwan. Tra gli incontri, anche quello con i dirigenti di Tsmc (il colosso globale dei semiconduttori), che lo hanno ringraziato per il supporto all’investimento in Arizona, che porterà all’apertura di uno stabilimento nel 2024.

Non credo che lo ripeterebbe qualora fosse eletto presidente degli Stati Uniti“, dicevamo, era il commento più gettonato. Registrato non solo tra quelli dei cittadini, ma anche di alcuni funzionari e politici. Ovviamente off the record. Gli stessi funzionari che al commento “forse non è il momento giusto per fare questa affermazione per Pompeo, visto che non è al governo” rispondono: “È un segno di amicizia e di sostegno da parte sua. Ma hai ragione”. On the record c’è stato spazio solo per la celebrazione dei passi avanti nei rapporti Washington-Taipei compiuti grazie a Pompeo, che ha ricevuto dalla presidente Tsai Ing-wen una stella brillante con il gran cordone (una delle massime onorificenze di Taiwan) proprio per questo motivo. Non si tratta comunque di un inedito, visto che diversi diplomatici e funzionari statunitensi di diversa estrazione l’hanno ricevuta negli scorsi anni.

Nessuno spazio invece per le domande a Pompeo (che è stato ospite a cena di William Lai, vicepresidente con note ambizioni per le elezioni del 2024), visto che la “conferenza stampa” non è stata una conferenza stampa. Oltre cento giornalisti, tra i quali quasi tutti i circa 60 corrispondenti stranieri presenti a Taiwan, ma solo tre domande preconfezionate e prefiltrate sono state lette all’ex segretario di Stato. Peccato, perché altrimenti si sarebbero potute fare domande interessanti, come quelle che avrebbe voluto porre Tingting Liu di Tvbs: “Si è mai parlato durante il suo mandato della possibilità di offrire il riconoscimento diplomatico alla Repubblica di Cina (Taiwan) e ha mai presentato questo suggerimento? E la gente di Taiwan potrebbe pensare: perché questo non è stato fatto prima?”.

L’impatto della visita di Pompeo a Taiwan
La doppia delegazione americana a Taiwan

Facciamo un passo indietro. Taipei non è Kiev (come detto anche la scorsa settimana), ma la scorsa settimana assomigliava a Washington. Poco prima di Pompeo è arrivata in tutta fretta una delegazione di ex funzionari mandata da Joe Biden per anticipare uno dei potenziali rivali alle elezioni presidenziali del 2024. Guidata dall’ammiraglio Michael Glenn Mullen (qui le sue dichiarazioni a Taipei), ex capo di stato maggiore con George Bush Jr e Barack Obama, la delegazione comprendeva anche Michèle Flournoy, ex sottosegretaria obamiana alla Difesa e due ex direttori del Consiglio di sicurezza nazionale per l’Asia, Mike Green ed Evan Medeiros.

Obiettivo dichiarato della delegazione: riaffermare «il sostegno duraturo a pace e stabilità regionali», dice il coordinatore per l’Indo-Pacifico Kurt Campbell, rassicurando Taipei dopo l’invasione russa in Ucraina e allo stesso tempo ribadendo alla Cina la centralità strategica assegnata all’Asia-Pacifico. Tutto vero, ma è parsa palese la volontà di interferire con la visita di Pompeo, che la Casa Bianca ha definito il viaggio di «un privato cittadino».

Una battaglia politica americana combattuta sul palcoscenico (o sulla pelle) di Taipei. Secondo quanto confermato da fonti politiche e non politiche al manifesto, il governo taiwanese ha comunque tirato un sospiro di sollievo alla notizia dell’arrivo della delegazione di Biden. Prima ragione: il timore che Pompeo potesse creare qualche imbarazzo nel rapporto con la Casa Bianca. Seconda ragione: il possibile collegamento diretto tra Ucraina e Taiwan (fatto anche da Trump ma smentito a più riprese da Tsai). Visto l’utilizzo della guerra da parte di Trump e Pompeo per criticare i Dem, ci si poteva aspettare che l’ex segretario di Stato potesse seminare sfiducia nei confronti dell’amministrazione Biden. Cosa che sarebbe stata più semplice senza la delegazione guidata da Mullen che ha riaffermato il sostegno della Casa Bianca.

Da una parte il governo cinese che cerca di convincere i taiwanesi che gli Usa li abbandoneranno come hanno fatto con gli afghani e gli ucraini, dall’altra un ex segretario di Stato americano che gli dice che l’attuale presidente è troppo debole per difenderli: una miscela che sarebbe stata potenzialmente esplosiva. Ecco perché l’arrivo della delegazione di Biden ha messo una toppa, evitando malintesi sul rapporto Taipei-Washington e stemperando la presa della retorica di Pompeo sull’opinione pubblica.

Certo, come prevedibile il Pcc non l’ha presa bene. Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha detto che gli Usa «pagheranno a caro prezzo» il loro avventurismo nello Stretto e che le loro iniziative «anticiperanno la rovina delle forze separatiste», riferendosi però soprattutto al passaggio nello Stretto del cacciatorpediniere Ralph Johnson dei giorni precedenti. La delegazione di Biden conferma a Pechino che la postura Usa su Taiwan è completamente diversa rispetto a quella su Kiev. Ma allo stesso tempo lancia un messaggio implicito, non si sa quanto voluto, prendendo le distanze da Pompeo. Una presa di distanze, che sta nell’atto e non ha bisogno di parole, che sarebbe stata impossibile senza l’invio della delegazione e col palcoscenico lasciato solo a Pompeo, la cui visita è stata definita da Pechino “spudorata e inutile“.

Nel frattempo, a Washington tre senatori hanno proposto una legge che prevede la possibilità di sanzionare Pechino in caso di invasione di Taiwan.

La questione Taiwan alla lianghui e la “nuova era”. Manovre intorno a Orchid Island

A Pechino è iniziata come tutti gli anni la lianghui, le cosiddette “due sessioni”. Come sempre si cercano di scrutare le posizioni del Partito anche sulla questione taiwanese. Nella sua relazione, il premier Li Keqiang ha detto che la Cina promette di fare avanzare la “crescita pacifica delle relazioni nello Stretto di Taiwan” e la “riunificazione” della Cina. “Tutti noi cinesi su entrambi i lati dello Stretto”, ha detto il premier cinese, “dobbiamo unirci per fare avanzare la grande e gloriosa causa del rinnovamento cinese”, ha detto Li, rigettando come sempre le “interferenze straniere“.

Il passaggio più importante però è un altro. Ribadito infatti l’impegno, già contenuto nella terza risoluzione storica pubblicata allo scorso plenum, a risolvere la questione di Taiwan entro la “Nuova Era”. È comunque la prima volta durante la presidenza di Xi che si fa riferimento durante la lianghui a un orizzonte temporale per raggiungere l’obiettivo, anche se lo stesso orizzonte non è chiaro dove sia esattamente posizionato vista la definizione ambigua di “Nuova Era”. Alcuni analisti lo ritengono corrispondente alla presidenza di Xi, che nel suo celebre discorso di inizio anno 2019 (quello in cui offrendo come unica soluzione il modello un paese, due sistemi allargò la frattura con Taipei) disse che il problema “non può continuare a essere tramandato di generazione in generazione”. Indicazioni ulteriori arriveranno con ogni probabilità nei prossimi giorni ma soprattutto in occasione del XX Congresso del prossimo autunno.

Nelle stesse ore, il ministro degli Esteri Wang Yi ha parlato col segretario di Stato americano Antony Blinken, chiedendo agli Usa di tornare al significato originario del principio della unica Cina e smettere di sostenere l’indipendenza di Taiwan” che è una “parte inalienabile del territorio cinese e la sua questione rientra negli affari interni della Cina”.

Sul campo, intanto, proseguono le incursioni dei velivoli dell’Esercito popolare di liberazione nello spazio di identificazione di difesa aerea taiwanese mentre diverse navi della marina militare cinese sono state avvistate nei pressi di Orchid Island (Lan Yu), amministrata da Taiwan, per il quarto giorno consecutivo. Segnali di possibili stress test futuri su isole minori taiwanesi?

Taipei raddoppia la produzione annuale di missili e intensifica il programma di addestramento dei riservisti, altro tema molto delicato e di attualità a Taiwan.

L’impatto della guerra in Ucraina

Taiwan ha annunciato l’adesione alle sanzioni internazionali contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina, bloccando alcune banche di Mosca dal sistema di pagamenti internazionali Swift. Lo stop all’export di semiconduttori verso Mosca potrebbe avere un serio impatto sull’economia russa.

Il governo di Taiwan ha anche annunciato che consentirà ai cittadini di nazionalità ucraina di prolungare il loro soggiorno in territorio taiwanese anche dopo la scadenza del visto. Sono state anche spedite 27 tonnellate di aiuti sanitari a Kiev.

Taipei continua a ripetere che è inappropriato collegare la situazione ucraina a quella taiwanese. Eppure, secondo il Financial Times e il South China Morning Post l’atteggiamento degli Usa sull’Ucraina solleva domande su quanto lontano Washington andrebbe nel fermare Pechino su Taipei. Lo stesso Scmp, segnala però che l’atteggiamento su Kiev dimostra la centralità dell’Indo-Pacifico nelle strategie americane.

Secondo il New York Times, la lezione che Taipei trae da Kiev è quella di aumentare la propria autosufficienza difensiva. La stessa tesi sostenuta dal The Economist. Oriana Skyler Mastro sottolinea invece le differenze tra le due vicende, ricordando che le invasioni “non sono contagiose”.

Intanto, tutti i 55 taiwanesi presenti in Ucraina sono stati evacuati. Tranne uno.

Altre cose: blackout e 28 febbraio

Un malfunzionamento nella centrale elettrica Hsinta di Kaohsiung, nel sud di Taiwan, ha provocato un improvviso blackout che ha interessato oltre cinque milioni di famiglie e imprese sull’isola principale della Repubblica di Cina. Con possibili impatti sulla produzione di semiconduttori. L’opposizione ha chiesto le dimissioni del ministro degli Affari economici Wang Mei-hua.

Tsmc ha annunciato la partecipazione alla costituzione di un nuovo consorzio industriale, l’Universal Chiplet Interconnect Express (UCIe), guidato dal gigante dei semiconduttori statunitense Intel Corp.

Sospesi per due anni i fondi a Huang Yu-ting, la skater che alle Olimpiadi aveva indossato una tuta d’allenamento del team olimpico di Pechino (come raccontato su Taiwan Files).

Il 28 febbraio 1947 il Guomindang di Chiang Kai-shek, che all’epoca governava anche la Cina continentale, represse violentemente una sollevazione anti governativa causando la morte di molti civili. Quello che è passato alla storia come “l’incidente del 28 febbraio” segnò l’inizio del periodo del cosiddetto “terrore bianco” a Taiwan, che di lì a poco sarebbe stata occupata dalla forze nazionaliste in ritirata dopo la sconfitta nella guerra civile. Lunedì scorso si è ricordata la ricorrenza, che per molti taiwanesi ha assunto un significato ancora più rilevante dopo quanto sta accadendo in Ucraina.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files 28.02.22 – Taipei non è Kiev, neanche post invasione russa

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Taiwan Files: speciale 2021

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