Taiwan Files – Aerei, marines, feste nazionali e incroci diplomatici

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

10 ottobre 1911. La rivolta di Wuchang dà il via alla rivoluzione Xinhai. Si tratta dell’inizio della fine per la dinastia imperiale Qing. Un anno più tardi nasce la Repubblica di Cina con la nomina di Sun Yat-sen a presidente del Consiglio delle province. 120 anni dopo la ricorrenza viene ancora celebrata a Taiwan, il cui nome ufficiale resta appunto Repubblica di Cina. Per domenica si preparano delle celebrazioni in tono minore a causa del Covid-19, come già accaduto lo scorso anno. Parlerà la presidente Tsai Ing-wen, ci sarà una dimostrazione aerea e verranno mostrati quattro nuovi tipi di missili.

Il 10 ottobre 1911 è una data ricordata in larga parte con piacere anche a Pechino, perché viene considerato l’avvio di un processo che porterà alla fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, al termine della guerra civile che vide prevalere il Partito comunista con la fuga dei nazionalisti del Guomindang a Taiwan. Ma la festa nazionale della Repubblica Popolare è celebrata il 1° ottobre. Da tempo, la prima decade di ottobre è permeata di tensioni e anche retorica tra le due sponde dello Stretto. Il 10 ottobre 2020 l’Esercito popolare di liberazione aveva operato un test su larga scala che prevedeva la simulazione di un’invasione terrestre di un’isola. Quest’anno, i “festeggiamenti” sono iniziati prima, con 156 aerei militari entrati nella zona di identificazione di difesa aerea taiwanese nel giro di quattro giorni, tra venerdì 1° ottobre e lunedì 4 ottobre.

Taiwan tra aerei cinesi e marines americani

In tutto il 2020 le incursioni erano state 380, nel 2021 sono già oltre 600. Gli aerei non violano lo spazio aereo de facto di Taiwan (non riconosciuto da Pechino), che si estende per 12 miglia nautiche dalla costa, ma negli ultimi tempi sui media cinesi sono comparsi inviti all’esercito di sorvolare direttamente il territorio dell’isola. Azione che rischierebbe di innescare un’escalation, anche perché i canali di comunicazione intrastretto sono tagliati sin dall’elezione di Tsai nel 2016 e dal suo mancato riconoscimento del cosiddetto “consenso del 1992”, pilastro del quale Pechino non intende fare a meno per mantenere un canale di dialogo.

Il ministero della Difesa di Taipei ha spiegato che le attuali tensioni militari sono “al punto più alto degli ultimi 40 anni”, aggiungendo di temere che Pechino possa davvero optare per un’invasione entro il 2025. In un intervento su Foreign Affairs, Tsai ha avvertito che l’eventuale caduta di Taiwan avrebbe conseguenze catastrofiche” per la pace regionale e segnalerebbe al mondo che “l’autoritarismo può avere la meglio sulla democrazia”. Il governo ha anche sottolineato che senza la pace salterebbe la cruciale catena di approvvigionamento globale dei semiconduttori, settore in cui Taiwan è leader mondiale. Il tentativo è quello di presentarsi come indispensabili a livello economico, strategico e retorico, provando così a rendere più esplicito l’appoggio degli Usa e dei suoi partner. Washington ha sempre mantenuto una “ambiguità strategica” sulla possibilità di intervenire militarmente a difesa di Taiwan in caso di attacco, ma l’appoggio a Taipei è diventato più chiaro nell’ultimo anno, sia con Trump sia con Biden.

Proprio Biden ha dichiarato che Xi Jinping si atterrà a quello che ha definito “accordo su Taiwan“, senza spiegare esattamente a che cosa si riferisse. Ma in realtà il dossier taiwanese appare insolubile nell’ambito dei rapporti Washington-Pechino. Secondo il Wall Street Journal, a Taiwan ci sarebbe un contingente di consiglieri militari per addestrare le forze terrestri e marittime locali. Notizia non smentita dal Pentagono e che rischia di avvelenare i tentativi di dialogo cominciati a Zurigo con l’incontro tra Jake Sullivan a Yang Jiechi. Ad agosto, dopo un tweet del senatore repubblicano John Cornyn, il Global Times aveva paragonato l’ipotetica presenza fissa di militari americani in territorio taiwanese a una “invasione militare”, definendola “l’equivalente di una dichiarazione di guerra”.

“La Cina prenderà tutte le misure necessarie per salvaguardare la sovranità e l’integrità territoriale”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Zhao Lijian. “Gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere pienamente il carattere altamente sensibile della questione di Taiwan, attenersi al principio dell’unica Cina, e smettere di vendere armi a Taiwan e di stabilire contatti militari con essa, per non danneggiare seriamente le relazioni tra Cina e Stati Uniti e la pace e la stabilita’ nello Stretto”.

Hu Xijin, direttore del Global Times, ha invece sfidato Washington a inviare pubblicamente e «in uniforme» i suoi militari sull’isola, verificando in quel modo «se l’Esercito popolare di liberazione ordinerà un attacco aereo per eliminare gli invasori». Non si tratta peraltro di una novità assoluta, negli scorsi mesi si era parlato più volte dell’invio di consiglieri e di esercitazioni militari congiunte Usa-Taiwan. Ma certo la permanenza in pianta stabile di un contingente militare darebbe una prospettiva diversa.

La situazione vissuta dai taiwanesi

Da una parte preoccupazione, dall’altra assuefazione. Mentre il mondo parla delle incursioni aeree cinesi, a Taiwan la notizia del giorno è il ricevimento di una delegazione di senatori francesi e dell’ex premier australiano Tony Abbott da parte della presidente Tsai Ing-wen. Nessun allarmismo, i cittadini continuano ad andare a lavoro e a svolgere le loro attività come se nulla fosse. Secondo un sondaggio del think tank Intelligentsia Taipei, il 60% dei taiwanesi intervistati ritiene improbabile una guerra nei prossimi dieci anni.

“Il sentimento generale dell’opinione pubblica è di rabbia piuttosto che di paura”, spiega Jenjey Chen, caporedattore dell’agenzia di stampa taiwanese Central News Agency (Cna). I taiwanesi sono abituati alle tensioni con Pechino e non si sentono nel “posto più pericoloso del mondo” come l’ha definito l’Economist. Gli over 35 raccontano della paura provata, allora sì, per la terza crisi dello Stretto del 1995-1996. La risposta americana di allora e l’alto livello di retorica che permea tutto quanto si dica o si faccia su Taiwan hanno creato un sentimento di abitudine.

Così come quasi nessuno fa caso al frequente sibilo degli aerei taiwanesi in volo per esercitazioni o per rispondere alle incursioni, in molti collegano queste ultime all’anniversario della fondazione della Repubblica Popolare (1° ottobre) e alle celebrazioni taiwanesi del 10 ottobre. Insomma, più una parata militare che un preparativo all’invasione, e magari un messaggio al Guomindang che ha appena eletto Eric Chu suo nuovo leader e alla ricerca di una linea politica in vista delle elezioni del 2024, momento forse decisivo per il futuro delle relazioni intrastretto.

Intanto, diversi analisti nonché componenti dell’opposizione Guomindang chiedono un’estensione del periodo del servizio militare. Ne è scaturito un dibattito interessante, riportato dal Taipei Times. Il Dpp sostiene che aumentare la durata del servizio è complicato in una “società democratica”.

La componente strategica

Ma “nell’ultimo anno le incursioni sono diventate quasi una ricorrenza quotidiana”, dice Chen. Moltiplicare le incursioni aeree può avere un duplice effetto, economico e psicologico, sulle forze militari taiwanesi, chiamate a rispondere pur avendo meno mezzi a disposizione. E rendere le incursioni una cosa “normale” potrebbe causare un errore di lettura nel caso un’operazione reale venga scambiata per un’esercitazione. Il tutto mentre la zona grigia attorno a Taiwan viene allargata sia a livello operativo che infrastrutturale, per esempio con la costruzione di nuovi hangar nella provincia dello Zhejiang.

Come detto, il ministro della Difesa Chiu Kuo-cheng ha avvertito che entro il 2025 la Cina potrebbe aver maturato non solo la capacità ma anche la decisione di condurre un’invasione. Si ritiene il rischio non immediato, soprattutto per l’approssimarsi del congresso del Partito comunista che dovrebbe conferire il terzo mandato a Xi Jinping. Ma dal 2023 la situazione potrebbe cambiare e il governo ha aumentato l’urgenza degli avvertimenti, spesso sottovalutati anche per la bassa risonanza data tradizionalmente (su suo input) dai media taiwanesi. Da una parte per far uscire gli Usa e i loro partner asiatici dalla loro “ambiguità strategica”, dall’altra per evitare che in caso di minaccia imminente manchi tra i taiwanesi la prontezza (e la volontà) a combattere. E in quel caso, Kabul insegna, gli addestramenti americani contano poco.

Per approfondire, di tutto questo ne ho scritto qui:

Preoccupata e assuefatta: Taiwan nella morsa di Cina e Usa

Xi mostra i muscoli con Taiwan. Incursione record di 38 jet militari

Sottomarino Usa: incidente nel mar cinese meridionale

Ne ho parlato nel podcast “Globally” di Will Italia e ISPI:

Il cielo sopra Taiwan

E ne parlerò martedì 12 ottobre alle ore 18 in un evento ISPI insieme ad Alessia Amighini, Axel Berkofsky e Guido Santevecchi:

Cina e Taiwan: verso la resa dei conti?

Gravita intorno alle tensioni su Taiwan anche il caso su Wikimedia Foundation, con la Cina che si sarebbe opposta per la seconda volta all’ingresso della fondazione che controlla l’enciclopedia globale Wikipedia nel WIPO, l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale.

Ne ho scritto qui, per Wired:

Perché Wikipedia è finita nel centro delle tensioni tra Cina e Taiwan

Incroci diplomatici Francia-Australia e rapporti con Giappone, Ue e Italia

Intanto, a Taipei si è verificato un curioso incrocio diplomatico, già citato in precedenza, con la contemporanea visita di una delegazione di senatori francesi e dell’ex premier australiano Tony Abbott. Il tutto a poche settimane di distanza dal vibrante scontro nato dall’annuncio di Aukus e dalla rottura unilaterale da parte di Canberra di un accordo di fornitura di sottomarini francesi.

Tsai ha ricevuto i senatori francesi e Abbott in due incontri distinti. Ha conferito all’ex ministro della Difesa di Parigi, Alain Richard, una medaglia d’onore per il lavoro svolto nello sviluppo dei rapporti bilaterali. Richard ha affermato che l’ambasciata de facto di Taiwan a Parigi sta facendo “un ottimo lavoro nel rappresentare il suo paese. Con Abbott, Tsai ha parlato della domanda di adesione di Taipei al partenariato transpacifico CPTPP, appoggiata dall’ex premier australiano. Abbott è intervenuto anche al forum Yushan di Taipei, spiegando di aver esitato a partecipare alle celebrazioni taiwanesi in passato per timore di provocare Pechino, ma che quest’anno ha scelto di esserci dopo aver concluso che “la belligeranza della Cina e’ tutta autogenerata”. Lo stesso evento è stato aperto da Tsai, la quale ha spiegato che Taiwan “non cerca il confronto militare, ma farà quello che è necessario per difendere la libertà ed il sistema democratico”.

Attenzione anche ai rapporti bilaterali con il Giappone dopo le esercitazioni congiunte con Usa e Regno Unito non lontano dallo Stretto. Lunedì 4 ottobre Fumio Kishida è stato nominato nuovo premier a Tokyo. Xi ha avvertito che “su questioni importanti e delicate come la storia e le questioni relative a Taiwan, dovremo gestire le divergenze, cogliere la giusta direzione e mantenere il fondamento politico e la situazione generale delle relazioni tra i due paesi”.

Mercoledì 6 era previsto il voto in plenaria del parlamento europeo sul documento approvato in commissione affari esteri che sollecita Bruxelles a rafforzare i legami con Taipei (ne avevo scritto nel dettaglio qui). Il voto è stato però rinviato al 19 ottobre.

Dopo aver capeggiato la delegazione leghista del novembre 2019, Gian Marco Centinaio vuole tornare a Taiwan. Lo ha dichiarato a Giulia Pompili in un’intervista a Il Foglio. Ma rispetto a due anni fa la portata del viaggio sarebbe diversa, visto che ora l’esponente leghista non è all’opposizione ma fa parte del governo Draghi in veste di sottosegretario all’agricoltura.

 

Domenica 10 ottobre i sottoscrittori di China Files riceveranno il mini e-book numero 7 interamente dedicato al Giappone, al cui interno ci sarà un mio contenuto sui rapporti tra Giappone, Cina e Taiwan.

Crescita e semiconduttori, Tsmc: “No tecnologia sensibile agli Usa”

Riviste al rialzo le stime sulla crescita del pil taiwanese per il 2021. Ora ci si aspetta un +5,5% rispetto al precedente +5%. A fare la voce grossa sono soprattutto le imprese tecnologiche, come Foxconn. Il fornitore di Apple ha siglato un accordo da 280 milioni di dollari con la startup statunitense dei veicoli elettrici Lordtown Motors, che prevede l’acquisizione di uno stabilimento produttivo nell’Ohio e di una quota azionaria del 4 per cento.

Taiwan ha siglato due memorandum of understanding con Arizona e New Mexico per rafforzare la collaborazione nello strategico campo dei semiconduttori. Ma la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc) ha assicurato che non fornirà informazioni sensibili agli Stati Uniti relative ai clienti e alla produzione.

Intanto, il governo sta pensando di allentare le restrizioni all’ingresso pensando in particolare ai lavoratori stranieri. Obiettivo, ovviare alla carenza di forza lavoro.

Di Lorenzo Lamperti

Le puntate precedenti di Taiwan Files

Eric Chu, movimenti militari, rapporti con l’Ue e chip

Elezioni Guomindang, CPTPP, francesi a Taipei

Moon Festival, wargames, Pacifico, chip e spazio

Super tifoni, venti militari, brezze elettorali e aliti di storia

Sicurezza, budget militare, Europa, M5s e fantasmi