Taiwan Files – Super tifoni, venti militari, brezze elettorali e aliti di storia

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Si chiama Chanthu, sta diventando un super tifone” di categoria 5, con venti a 215 chilometri orari al centro e raffiche fino a 265 chilometri orari. A Taiwan si attende il suo arrivo domenica 12 settembre. Le autorità hanno rilasciato un’allerta meteo per quello che sarebbe il più forte tifone a colpire l’isola negli ultimi cinque anni. L’impatto non è scontato. La sensazione è che alla fine possa passare all’esterno della costa orientale piuttosto che colpirla direttamente. Nel dubbio, cenare all’aperto sabato sera diventa impossibile e diversi ristoranti di Taipei cancellano le prenotazioni. Mentre diversi voli nazionali e internazionali vengono cancellati.

VENTI MILITARI

Chi invece di sicuro è entrato nello spazio di identificazione aereo dell’isola (la cui esistenza non è riconosciuta dalla Repubblica Popolare Cinese), è la flotta aerea dell’Esercito popolare di liberazione. Venerdì 10 settembre si è verificata l’ottava incursione di settembre, la settima consecutiva.  Secondo il ministero della Difesa di Taipei, gli aerei cinesi sono stati tracciati nell’Adiz di Taiwan 14 volte lo scorso luglio, 10 volte a giugno, 18 volte a maggio, 22 volte ad aprile, 18 volte a marzo, 17 volte a febbraio e 27 volte a gennaio.

Nelle prossime settimane ci sarà una forte concentrazione di test militari nello Stretto. A partire dai giochi di guerra Han Kuang, la tradizionale mega esercitazione annuale dell’esercito taiwanese che inizierà il 13 settembre, posticipata causa Covid dal loro classico svolgimento a luglio. L’esercitazione non riguarderà solo l’isola di Taiwan ma anche gli altri arcipelaghi, inclusi Quemoy (Kinmen) e Matsu, spiega Giorgio Cuscito. Previste a seguire anche delle imponenti manovre dell’esercito cinese, mentre anche la flotta americana del Pacifico ha in programma dei test.

La scorsa settimana abbiamo già parlato del budget difensivo e della relazione annuale del ministero della Difesa. Giovedì 9 settembre Tsai Ing-wen ha presenziato alla cerimonia di varo di una nuova corvetta multiuso di classe Tuo Chiang, dotata di armi innovative come il missile di difesa aerea Sea Sword II e in grado di effettuare attacchi rapidi.

Nel frattempo, nuovi segnali di un’ambiguità strategica meno ambigua da parte degli Stati Uniti. Secondo quanto scritto dal Financial Times, l’amministrazione Biden starebbe valutando di consentire il cambio di denominazione all’ufficio di rappresentanza taiwanese a Washington. Tradizionalmente tutti gli uffici di rappresentanza in paesi che non riconoscono Taiwan portano la denominazione di “Taipei”, ma gli Usa starebbero pensando di permettere di inserire la denominazione “Taiwan” (sul China Watcher di Politico, tra l’altro, è apparsa un’intervista alla rappresentante taiwanese negli Usa, Hsiao Bi-khim, che dice che sta lavorando a un accordo commerciale bilaterale). La stessa cosa che chiede il documento approvato dalla Commissione Affari Esteri del parlamento europeo di cui abbiamo parlato la scorsa settimana. L’ex comandante delle forze americane nel Pacifico, Harry Harris, ha direttamente chiesto al governo di rivedere la sua politica di sostegno militare a Taipei, superando dunque l’ambiguità strategica. Il tema dello Stretto resta tra l’altro uno di quelli più delicati nei rapporti bilaterali Usa-Cina, anche dopo la telefonata di venerdì tra Joe Biden e Xi Jinping.

Per approfondire sui rapporti Taiwan-Usa-Cina post Kabul, qui il mio commentary per ISPI.

 

BREZZE ELETTORALI

Nel frattempo, si è svolto l’unico dibattito televisivo previsto tra i candidati alle primarie del Guomindang, in programma il prossimo 25 settembre (ne ho parlato anche a Orientarsi, il podcast di Simone Pieranni che racconta l’Asia in due minuti). Il favorito sembra Johnny Chiang, che alle spalle ha l’ex presidente Ma. E’ il leader attuale, subentrato d’urgenza dopo le dimissioni del predecessore la notte della debacle elettorale del 2020. In questi mesi aveva provato a ricostruire la narrativa del partito cercando di allontanare le classiche accuse di essere filocinese, in particolare aveva rilasciato dichiarazioni inedite sul consenso del 1992 che però in questa campagna per le primarie ha ribadito essere un pilastro politico del Gmd. Altro punto a suo favore: dice che anche se vince le primarie non sarà il candidato alle presidenziali 2024 ma svolgerà ruolo da kingmaker (cosa che consente al Gmd più tempo per riorganizzare la sua narrativa). Contendente principale Eric Chu (battuto da Tsai nel 2016), sponsorizzato dalla corrente ancora influente del vecchio Lien Chan. E’ ritenuto il candidato più moderato, si è scoperto meno sul fronte diplomatico ma ha attaccato il Dpp per stare cercando di cambiare lo status quo nei rapporti con Cina e Usa senza averne il mandato popolare. Gli altri due sfidanti sono Cho Pu-yuan, che ha dichiarato che vorrebbe invitare Xi in visita a Taipei, e Chang Ya-chung, considerato vicino al populismo di Han Kuo-yu (sconfitto da Tsai nel 2020): ha annunciato che lavorerà per un documento di pace da firmare con il Pcc. Per assurdo è proprio quest’ultimo che secondo i sondaggi popolari sarebbe il preferito, ma a votare saranno solo i 390 mila iscritti su cui pesa molto l’influenza delle correnti. Il rinnovamento comunque è rinviato. Ora la concentrazione è sul tenersi stretto lo zoccolo duro degli elettori, e alle primarie ci si può permettere una retorica più “tradizionale”. Ma per ritrovare la vocazione maggioritaria che sembra perduta, mentre ormai quasi il 70% dei cittadini dice di sentirsi “solo taiwanese” e non anche cinese, l’impresa appare complessa. Quantomeno finché il tema dominante resta quello identitario. Anche Pechino sembrerebbe aver perso almeno parzialmente la fiducia in un possibile ritorno al potere del Gmd, cosa che alimenta le tensioni e rende il Pcc più irrequieto. Sprazzi di speranza, per il Gmd, arrivano dalla gestione della campagna vaccinale da parte del governo, che nonostante la retorica verso l’esterno è piuttosto criticata sul fronte interno, soprattutto da alcune fasce d’età.

Intanto, in vista del 2024 un altro contendente che si pensava potesse essere in grado di sfidare il Dpp potrebbe decidere di sfilarsi, vale a dire il sindaco di Taipei Ko Wen-je, leader del Taiwan’s People Party, sorpresa positiva delle elezioni del 2020. Anche lui criticatissimo per la gestione Covid, potrebbe decidere di tentare di rilanciarsi con altri quattro anni a livello locale. Alcune voci dicono che si voglia infatti candidare a sindaco di Kaohsiung nel 2022, quando sono in programma le elezioni locali.

Ma non si vota solo per le primarie del Guomindang. Il 29 settembre, per esempio, il Partito liberaldemocratico giapponese sceglie il suo prossimo leader in vista delle elezioni generali di novembre. Difficile che il successore di Suga cambi linea su Taiwan, anzi è probabile che la intensifichi. Il candidato Kishida Fumio, per esempio, definisce Taiwan il prossimo “grande problema diplomatico” nei rapporti con Pechino e ha rilanciato la cooperazione bilaterale con Taipei in un‘intervista rilasciata a Bloomberg. Intanto il governo taiwanese ha ringraziato il Giappone per la quarta donazione di vaccini anti Covid, la cui consegna è prevista per la fine di settembre. A proposito di vaccini, il patron di Foxconn Terry Gou continua a svolgere la sua mansione diplomatica non ufficiale di importazione di vaccini Pfizer, trattando con la cinese Fosun Pharma. Strategia che, come avevo raccontato per ISPI ad agosto, gli potrebbe anche garantire un ritorno sulla scena politica dopo il fallimento alle primarie Gmd del 2019.

A novembre si vota anche in Honduras, uno dei paesi centroamericani che ha ancora legami diplomatici con Taiwan. Il governo di Taipei segue con attenzione il voto, visto che in campagna elettorale è apparso anche il tema dei rapporti con la Cina, che uno dei candidati vorrebbe ridiscutere, aprendo così a un potenziale shift diplomatico ai danni di Taiwan.

 

ALITI DI STORIA

Il governo di Tsai Ing-wen sta favorendo una ricostruzione identitaria che prenda le distanze dal passato della Repubblica di Cina, il nome ufficiale di Taiwan. Tra questi l’emblema nazionale, simile a quello del Guomindang e le statue erette in onore di Chiang Kai-shek, lo sconfitto della guerra civile cinese che ripiegò su Formosa dando il via a quasi quattro decenni di autoritarismo e legge marziale. La Transitional Justice Commission ha proposto di convertire in un parco pubblico il monumento commemorativo a Chiang, celebre attrazione turistica nel centro di Taipei. Il sito non verrà abbattuto ma saranno rimossi tutti i simboli associati all’ex leader, compresa un’enorme statua in bronzo, e verranno ospitate mostre che raccontino (e celebrino) la transizione di Taiwan da regime autoritario a democrazia. Del tema del riposizionamento delle statue aveva già parlato in passato anche Stefano Pelaggi.

 

Tre cose da leggere di questa settimana:

Jean Pierre Cabestan sulle relazioni Taiwan-Somaliland e di come queste possano rappresentare un nuovo modello nei rapporti Taiwan-Africa

Jessica Drun sulla narrativa su Taiwan negli Stati Uniti (e oltre)

The Guardian sulla storia di come un comune rurale del sud di Taiwan abbia contenuto il Covid.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files 1 – Sicurezza, budget militare, Europa, M5s e fantasmi