Taiwan Files – Voci da Taipei

In Relazioni Internazionali, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

I media internazionali stanno dando grande attenzione a quanto accade sullo Stretto di Taiwan dopo la visita di Nancy Pelosi. Ma in pochi danno spazio alle voci dei taiwanesi e a come loro stiano vivendo questo momento. Lorenzo Lamperti ha intervistato diverse persone a Taipei nella giornata di giovedì 4 agosto, dopo il lancio di missili da parte dell’Esercito popolare di liberazione. Brevi estratti di queste interviste sono state inserite nell’articolo “Taiwan, giochi di guerra” pubblicato oggi su La Stampa. Qui una selezione più ampia delle risposte ricevute

Naomi

“So che è tanto che non ci sentiamo. Ma come state tu e i tuoi bambini? Restate lì? Siete preoccupati?” Sono stati appena lanciati 11 Dongfeng, i missili balistici cinesi, nello Stretto di Taiwan. Naomi, casalinga 42enne, mostra il messaggio ricevuto da un’amica cinese di Xiamen: è la città da dove si è mobilitato l’esercito di Pechino per condurre i test militari che stanno circondando l’isola. “Ero tranquilla, ma questo messaggio un po’ mi ha allertata perché significa che i cinesi si aspettano che il loro esercito faccia qualcosa di serio”, confessa Naomi.

Chih-wei

Qualche ora più tardi il ministero della Difesa del Giappone comunica che 4 missili hanno sorvolato l’isola, uno direttamente Taipei: una escalation. “Non posso dire che non faccia un po’ paura, ma per me è soprattutto uno show di forza. Non penso che nell’immediato Xi Jinping abbia voglia di rischiare tutto su Taiwan. Ha già tanti altri problemi”, dice Chih-wei, impiegato statale.

I più anziani meno inclini a credere a un’invasione

A Taipei ieri regnava una calma apparente, i ristoranti a cena erano pieni di coppiette per il Qixi, il San Valentino locale. Sono soprattutto i più anziani a non credere all’ipotesi di un’invasione. “Ne abbiamo viste tante, a partire dalla terza crisi sullo stretto nel 1995-1996. Siamo abituati alle minacce. La Cina spera ancora di prendere Taiwan senza combattere”, sostiene il gestore di un negozio di noodle.

Nicole

Ho avuto diverse discussioni con la mia famiglia e i miei amici sulla tensione tra Cina, Stati Uniti e Taiwan. Le persone della generazione dei miei genitori, che hanno vissuto la crisi dello stretto di Taiwan nel 1996, non sembrano preoccuparsi troppo delle minacce militari della Cina, mentre le persone della mia generazione sono abbastanza fiduciose che la Cina non attaccherà Taiwan in questo momento, tuttavia, dopo aver visto la Russia invadere l’Ucraina, direi che nulla è certo nel mondo e dovremmo sempre essere preparati.

Yi-chun, manager di un’azienda di logistica

Gli attacchi cyber sono sopra il milione e mezzo. Questa è un problema severo. Per il resto, le maggiori preoccupazioni sono le rotte disponibili ma ci sono canali verso nord e sud. I depositi di energia sembrano essere un problema. Taiwan ha 15 giorni di storage. Se i movimenti non sono permessi, i depositi si svuoteranno rapidamente.

Dipendente azienda di semiconduttori con richiesta di anonimato

Non abbiamo riscontri di preoccupazione immediata nel nostro mondo, ma la questione US-China incomincia a prendere una forma molto strutturata, almeno nel decoupling, con conseguente rivisitazione dei piani di investimento. Paradossalmente molte aziende potrebbero investire negli USA e in Cina separatamente. Noi taiwanesi credo che riusciremo a mantenere i rapporti con entrambi, almeno a livello commerciale.

Li-hua

Se le azioni cinesi si facessero ancora più audaci nelle prossime 72 ore, Taipei si troverebbe di fronte a un rebus: rispondere fornirebbe il pretesto per una vera escalation, non fare nulla significa lasciare uno spazio di manovra che Pechino si riprenderà. Tanto che una professionista over 30 commenta con cinismo: “Per Nancy Pelosi e Xi Jinping è una situazione win-win. Lei ha ottenuto una vetrina, lui si prende nuovi spazi. E a perdere siamo noi”.

Lii Wen, rappresentante DPP alle isole Matsu

Le esercitazioni sono una dimostrazione di forza limitata, per mostrare il loro dissenso, ma non un atto destinato a degenerare in una guerra totale. Quando la Cina lancia minacce violente, i taiwanesi aumentano il livello di allerta e osservano le azioni reali che seguono i commenti, come le limitate dimostrazioni di forza. Non ignoriamo i commenti, ma dovremmo concentrarci sull’evitare incidenti civili durante il processo. Ci concentriamo sulla sicurezza delle persone durante queste dimostrazioni, invece di farci prendere dal panico per i proclami di guerra totale, che richiederebbero mesi di preparazione. Manteniamo persino le interazioni con le agenzie governative cinesi che NON rilasciano commenti esagerati, ad esempio a livello locale. Quindi no, la Cina non lancerà la terza guerra mondiale. La Cina esprime insoddisfazione, ma questo ci riporta al punto in cui tracciamo il limite per cedere alle richieste della Cina. Non credo che Taiwan debba provocare attivamente la Cina, ma un viaggio non legato alla sovranità nazionale non dovrebbe essere visto come tale.

Su Tzu-yun, analista dell’Institute for National Defense and Security Research di Taipei

Con questi test Pechino vuole dimostrare di avere la capacità di operare un blocco navale su Taiwan ma al momento l’esercito cinese non ha la capacità di invadere Taiwan su larga scala. Possono dimostrare in maniera molto visibile la loro forza, questo sì. Agire su isole minori come Kinmen o Matsu non credo rientri negli interessi del Partito comunista, perché quei luoghi servono per mantenere una connessione politica tra le due sponde dello Stretto. Se le invadesse taglierebbe completamente la connessione con Taiwan e non credo sia quello che vuole.

Lev Nachman, politologo della National Chengchi University di Taipei

Pechino ha dato in anticipo le date di inizio e fine delle esercitazioni. Non voglio sminuire l’accaduto, resta una escalation ma si tratta di una crisi misurata. Le persone di Taiwan non pensano che sia una crisi. I media occidentali stanno forse un po’ ingigantendo la cosa e parlare di “quarta crisi sullo stretto” mi sembra un po’ overloaded, per ora. La visita di Nancy Pelosi è una vittoria simbolica ma non sta aiutando in questi giorni. Le relazioni tra Usa e Taiwan vanno già molto bene, Pelosi non ha portato una novità. Dai taiwanesi sono richieste vittorie concrete più che simboliche. Sulla politica interna il risultato è che ora nelle elezioni locali di novembre si parlerà molto di più delle relazioni con Pechino rispetto a quanto sarebbe accaduto senza queste tensioni. L’arresto di Wenzhou? Sì, qui sicuramente c’è preoccupazione su un possibile annuncio e cambio di agenda durante il XX Congresso del Partito comunista.

Rita Jhang, National Taiwan University

Apprezzo la visita della presidente della Camera degli Stati Uniti Pelosi e il suo sostegno, che significa molto per Taiwan. Tuttavia, la minaccia della Cina mi preoccupa molto. Questo tipo di minaccia non avrebbe avuto un tale impatto in passato, vista la frequenza con cui veniva fatta, ma l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rende tali minacce più reali. La Cina cerca di dare la colpa dell’intensificarsi della situazione agli Stati Uniti e a Taiwan, ma se la regione diventa instabile, è colpa della Cina. Detto questo, non si può ragionare con un prepotente, quindi Taiwan ha bisogno di strategie migliori per aumentare la nostra presenza globale e la partnership per garantire la nostra sicurezza e stabilità.

Stefano Centini, regista italiano residente a Taipei

A Taipei la vita sembra andare avanti come tutti i giorni, si fanno piani, contratti e investimenti per i mesi e gli anni a venire. Eppure ogni tanto appare sempre la domanda “nell’eventualità di un attacco, che farai?” E per quanto molti hanno festeggiato l’arrivo dell’aereo di Pelosi all’aeroporto di Songshan con cena a base di spaghetti- per la sua origine italiana- nelle conversazioni poi si evita sempre di discutere l’eventualità che succeda qualcosa e ci si chiude nella più rassicurante celebrazione del successo del governo nel contenere (neanche troppo) la pandemia. Nessuno vuole combattere, tutti vorrebbero solo andare avanti con uno stile di vita che, secondo tanti, fa quasi più invidia ai cittadini della PRC che fastidio al Partito Comunista.

Di Lorenzo Lamperti

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