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In Cina e Asia – Mar cinese meridionale, Filippine accusano Pechino per attacco laser

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

I titoli di oggi:

  • Mar cinese meridionale, le Filippine accusano Pechino per attacco laser
  • Post Covid, in Cina tornano laureati e Ceo
  • Cambogia, Hun Sen chiede la chiusura di Vod
  • Giappone, l’opinione pubblica si schiera a favore delle coppie omosessuali
  • Giappone, eletto nuovo governatore della Banca centrale
  • Caso Adani: alleato di Modi rigetta le accuse: “Niente da nascondere”
  • Hanoi pronta a collaborare con gli Usa nelle relazioni commerciali sino-vietnamite
Mar cinese meridionale, le Filippine accusano Pechino per attacco laser

Martedì 14 febbraio il governo delle Filippine ha accusato la Cina di comportamenti aggressivi nelle acque del Mar cinese meridionale lo scorso 6 febbraio. A far scattare la denuncia, l’ennesima riguardante una serie di episodi avvenuti nell’area (pari a 203 note diplomatiche nel 2022), un forte “laser militare” proveniente da un’imbarcazione cinese che ha temporaneamente reso impossibile all’equipaggio filippino il completamento della missione. La nave era diretta verso la secca di Ayungin per portare rifornimenti alle truppe lì stanziate, in quello che rappresenta da diversi anni un punto strategico per mantenere la posizione delle Filippine nell’area, rivendicata per intero anche dalla Cina.

“Questi atti di aggressione da parte della Cina sono inquietanti e deludenti perché fanno seguito alla visita di stato in Cina del presidente Ferdinand Marcos Jr.  di inizio di gennaio, durante la quale lui e il presidente cinese Xi Jinping hanno concordato di gestire le divergenze marittime attraverso la diplomazia e il dialogo”, ha detto la portavoce degli Esteri delle Filippine Teresita Daz. Nel comunicato pubblicato dalla Guardia costiera filippina si legge invece: “Nonostante la pericolosa manovra delle navi cinesi – molto più grandi delle nostre – e le loro azioni aggressive in mare, le nostre navi saranno sempre nel Mar delle Filippine occidentali per sostenere la nostra presenza e affermare i nostri diritti sovrani”.

Post Covid, in Cina tornano laureati e Ceo

Rinascimento cinese in arrivo? Almeno secondo l’ultimo sondaggio di Zhlian Zhaopin, la piattaforma di offerte di lavoro più utilizzata della Repubblica popolare. Il documento riporta le opinioni dei cosiddetti haigui, letteralmente “tartarughe di mare”, come vengono chiamati i cittadini cinesi che studiano e si laureano all’estero.  Il 58% degli intervistati ha detto di aver scelto il rientro in Cina perché più conveniente in termini di opportunità lavorative e costo della vita, un aumento di ben 8,6 punti rispetto al sondaggio del 2021. Tra questi, almeno il 20% si è detto fiducioso nella ripresa post-pandemica.

In Cina stanno tornando anche i viaggi d’affari: il Wall Street Journal ha stilato un elenco degli amministratori delegati delle grandi multinazionali che si stanno recando in Cina dopo uno stop durato tre anni. “Le visite dei dirigenti sottolineano come, nonostante le crescenti tensioni geopolitiche, le aziende occidentali guardino alle opportunità di business offerte dalla riapertura della Cina”, si legge nell’articolo. Anche se, sottolinea infine, molte aziende si stanno muovendo con cautela per timore di nuove manovre commerciali da parte degli Usa.

Cambogia, Hun Sen chiede la chiusura di Vod

La Cambogia non è un paese per giornalisti. Poche ore dopo la pubblicazione di una notizia sul figlio del premier cambogiano, Hun Manet, Phnom Penh ha ordinato il ritiro della licenza di Voice of Democracy (Vod), uno degli ultimi media indipendenti rimasti nel paese. La testata, che pubblica e diffonde trasmissioni radio sia in lingua khmer che in inglese, rappresenta da vent’anni un punto di riferimento per l’informazione nel Sud-Est asiatico. Non è la prima volta che il governo decide di attaccare Voa, ma in passato si è trattato perlopiù di manovre contro singoli giornalisti. Per Reporters Without Borders la Cambogia si classifica 142° su 180 nazioni totali per libertà di espressione.

Giappone, l’opinione pubblica si schiera a favore delle coppie omosessuali

Lunedì 13 febbraio l’agenzia di stampa giapponese Kyodo ha pubblicato i risultati di un sodaggio sull’opinione dei cittadini intorno alla possibilità di legalizzare i matrimoni Lgbtq+. Secondo quanto riportato dal media, ameno il 64% dei rispondenti si è detto favorevole, dato che nel paese il matrimonio tra persone dello stesso sesso è ancora illegale – unico caso nel gruppo dei G7. A marzo 2021 una corte giapponese aveva stabilito che violare i diritti delle coppie omosessuali è anticostituzionale, aprendo così alla possibilità di fare progressi sui matrimoni gay. La notizia arriva qualche giorno dopo che il premier Fumio Kishida ha chiesto il licenziamento di Masayoshi Arai, un suo assistente, dopo che questo si è espresso pubblicamente con toni molto aggressivi sulle coppie omosessuali.

Giappone, eletto nuovo governatore della Banca centrale

Martedì 14 febbraio il governo ha eletto un nuovo governatore della Banca centrale del Giappone (Boj). Kazuo Ueda, economista ed ex membro del comitato politico della Boj avrà il compito di rivedere le politiche monetarie che stanno dando non pochi mal di testa all’amministrazione Kishida. Si tratta del primo accademico alla guida di una delle più importanti istituzioni del Giappone dal secondo Dopoguerra,

Caso Adani: alleato di Modi rigetta le accuse: “Niente da nascondere”

Non si arresta lo scandalo finanziario che ha coinvolto il miliardario numero uno dell’India Gautam Adani e, di riflesso, la leadership politica del paese. Martedì 14 febbraio uno dei principali alleati del premier Narendra Modi è intervenuto pubblicamente sulla vicenda, affermando che il governo “non ha nulla da nascondere o da temere” dal tracollo delle azioni del mega-gruppo, avvenuto dopo che la società Hindenburg Research ne ha rivelato alcune gravi irregolarità.

Amit Shah è considerato il secondo politico più influente del partito di maggioranza, il Bharatiya Janata Party (Bjp) e il primo a parlare apertamente contro le speculazioni che vedono il governo Modi coinvolto nello scandalo. Lo scorso 8 febbraio lo stesso Modi aveva sottinteso che l’opposizione politica stesse sfruttando il caso per distruggere la sua leadership.

Hanoi pronta a collaborare con gli Usa nelle relazioni commerciali sino-vietnamite

Le aziende vietnamite stanno rivedendo la propria catena di approvvigionamento per non violare le ultime direttive statunitensi nei confronti della Cina. L’indiscrezione pubblicata dall’agenzia stampa Reuters fa riferimento, in particolare, allo Uyghur Forced Labour Prevention Act. La legge, passata lo scorso giugno dai legislatori Usa, prevede di bloccare tutte le importazioni che abbiano qualche legame con la regione autonoma cinese dello Xinjiang, nota per le accuse di gravi violazioni dei diritti umani.

Ora gli imprenditori vietnamiti starebbero cercando di evitare i legami con i prodotti di questa regione, che Washington negli ultimi mesi ha respinto per un valore di 500 milioni di dollari. Altro segnale di collaborazione arriva in occasione dell’incontro di lunedì 13 tra la Rappresentante del commercio Usa Katherine Tai con il ministro del Commercio Nguyen Hong Dien. Le due parti hanno promesso di intensificare la collaborazione su più livelli, dagli investimenti alle riforme in materia di lavoro e ambiente.