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In Cina e Asia – Cuba, pronta base militare cinese?

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Cuba, l’intelligence Usa: pronta una base militare cinese
  • Cina o Usa? L’Arabia Saudita non vuole scegliere
  • Cina: un nuovo libro analizza l’unificazione nazionale dei Qing 
  • Il Regno Unito rimuoverà le telecamere cinesi dai siti governativi sensibili
  • Stati Uniti, Taiwan e Giappone condivideranno tra loro i dati dei droni da ricognizione navale
  • Il Giappone rielabora la sua politica per gli aiuti allo sviluppo
  • Myanmar, la morte della cantante vicina alla giunta infiamma il dibattito pubblico

Pechino e L’Avana avrebbero appena finalizzato un accordo per la locazione di una struttura militare cinese sul territorio cubano. Lo rivela il Wall Street Journal citando fonti governative vicine all’intelligence statunitense, che non hanno rivelato ulteriori dettagli circa la posizione della struttura e lo stato di avanzamento dei lavori di costruzione. La prospettiva di un centro di spionaggio cinese nel vicinato degli Stati Uniti è da tempo un’eventualità presa in esame dagli organi di sicurezza Usa, non senza speculazioni su una nuova crisi dei missili come quella che aveva coinvolto Usa e Unione Sovietica nel 1962. “Siamo ben consapevoli degli investimenti della Repubblica popolare per costruire in infrastrutture in tutto il mondo che potrebbero avere scopi militari, anche in questo emisfero”, ha detto John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale. Nella serata di ieri tuttavia sia la Casa Bianca che il Pentagono hanno definito le indiscrezioni “non accurate”. Secondo gli analisti, non sembra un caso che le informazioni riservate siano trapelate sulla stampa pochi giorni prima di una possibile visita di Antony Blinken in Cina. “Ci sono segmenti molto potenti dell’establishment politico statunitense che non vogliono alcun disgelo nelle relazioni sino-americane”, commenta su Twitter Zhang Taisu della Yale Law School.

Cina o Usa? L’Arabia Saudita non vuole scegliere

La Cina è un partner importante per l’Arabia Saudita e per i paesi della regione, ma ciò non significa che le relazioni di Riad con gli Usa – soprattutto a livello militare e di sicurezza – siano in discussione. Lo ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, durante la conferenza stampa congiunta con l’omologo Usa, Antony Blinken, a margine della riunione della Coalizione globale per combattere lo Stato islamico. Il ministro saudita ha rifiutato “i giochi a somma zero”, osservando come “tutti possiamo avere partenariati multilaterali e molteplici impegni, tanto che anche gli Usa lo fanno in molti casi”. L’incontro con Blinken precede di pochi giorni la 10° Conferenza sino-araba per il business, ospitata da Riad a partire da domenica, e che vedrà la partecipazione di 2000 imprenditori della Greater China. Come evidenziato dalla “mediazione” tra Iran e Arabia Saudita, l’interesse di Pechino per il Medio Oriente non è solo economico. Sarà verosimilmente più “politica” la visita del presidente palestinese Mahmoud Abbas atteso in Cina dal 13 al 16 giugno. 

Cina: un nuovo libro analizza l’unificazione nazionale della dinastia Qing

La storia dell’unificazione nazionale durante la dinastia Qing. Si chiama così il nuovo libro, formato da due volumi e composto da più di un milione di caratteri, pubblicato dall’Accademia cinese delle scienze sociali di Pechino (CASS). L’opera ripercorre il processo di costruzione della Cina durante la dinastia Qing (1644-1911), l’ultima dinastia imperiale prima della nascita della repubblica. Come riportato da China Daily, il libro è finalizzato soprattutto ad analizzare le politiche di governo dell’epoca riguardo le aree di frontiera, come Xinjiang, Tibet e Taiwan. Uno degli autori, Xing Guangcheng, ha detto che il territorio cinese si è formato ed è rimasto sostanzialmente integro nel tempo (“nonostante le battute d’arresto”) grazie “agli sforzi di vari gruppi etnici” che credevano in “un’identità culturale condivisa”. Cheng Chongde, professore alla Renmin University of China, ha dichiarato che l’opera tenta di “rettificare alcune tendenze distorte della storiografia occidentale che hanno cercato di minare lo status del Qing (…) e stigmatizzare le attuali politiche etniche della Cina”. Il libro è prodotto dall’Accademia cinese di storia, istituita presso la CASS nel 2019 con lo scopo di promuovere studi completi sulla storia cinese da usare come punto di riferimento per l’attuale governo di Pechino.

Il Regno Unito rimuoverà le telecamere cinesi dai siti governativi sensibili

Il Regno Unito si è impegnato a rimuovere le telecamere di sorveglianza di fabbricazione cinese dai siti governativi ritenuti sensibili per la sicurezza nazionale. Lo si legge in una nota del governo, che non nomina società specifiche ma afferma che verrà “pubblicata una tempistica” per l’eliminazione delle videocamere. Come riportato da Reuters, già lo scorso novembre il premier inglese Rishi Sunak aveva ordinato di interromperne l’installazione, mentre alcuni deputati avevano chiesto il divieto della vendita e dell’uso delle telecamere prodotte da Hikvision e Dahua, aziende cinesi in parte di proprietà statale. Proprio Hikvision ha commentato l’annuncio dicendo che il divieto riguarda “le tensioni geopolitiche” e non “la sicurezza” dei suoi prodotti. Di tenore simile anche la nota dell’ambasciata cinese a Londra: “Esortiamo la parte britannica a fermare la manipolazione politica e a fornire un ambiente equo, giusto e non discriminatorio per il normale funzionamento delle società cinesi nel Regno Unito” che, si legge nel comunicato, operano “in conformità con le regole internazionali e le leggi locali”.

Stati Uniti, Taiwan e Giappone condivideranno tra loro i dati dei droni da ricognizione navale

Secondo fonti del Financial Times, Stati Uniti, Taiwan e Giappone condivideranno tra loro in tempo reale i dati raccolti da una serie di droni da ricognizione navale. A partire dal 2025, infatti, Washington dovrebbe consegnare a Taipei quattro droni Sea Guardian MQ-9B prodotti dall’azienda americana General Atomics, che verranno messi a disposizione anche delle Forze di autodifesa giapponesi. Si tratta di una variante per uso marittimo dei Reaper utilizzati dall’aeronautica statunitense in Medio Oriente, ovvero droni in grado di scovare e tracciare navi e radar nemici. Un eventuale conflitto tra la Repubblica popolare e Taiwan renderebbe molto importante per Taipei poter usufruire di questo tipo di dispositivi, specialmente in coordinazione con due alleati fondamentali come Stati Uniti e Giappone. Ma i droni MQ-9B potrebbero rivelarsi utili anche in tempo di pace per monitorare i movimenti della marina dell’Esercito popolare di liberazione cinese (PLA) nelle acque attorno alla cosiddetta “prima catena di isole”, che si estende dal Giappone alle Filippine. “La condivisione dei dati tra Stati Uniti, Taiwan, Giappone e Filippine è cruciale, ma la Cina la vedrà come un’escalation”, ha dichiarato al Financial Times un alto ufficiale militare americano. Stando a quanto riportato da Reuters, il ministero della Difesa taiwanese ha dichiarato di non essere a conoscenza del piano, che ha definito una “speculazione”. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha invece esortato Stati Uniti e Giappone a “smettere di creare tensioni e problemi per la stabilità dello Stretto di Taiwan”.

Intanto Kurt Campbell, Coordinatore della sicurezza nazionale degli Stati Uniti per l’Indo-Pacifico, ha chiesto a Pechino di ristabilire il dialogo tra i dipartimenti della Difesa dei due paesi. La Cina ha creato una linea di comunicazione diretta con Vietnam e Filippine per la gestione delle controversie sul mar Cinese meridionale e, in un evento organizzato dal think tank CSIS, Campbell ha detto che “questo meccanismo dovrebbe essere istituito anche con gli Stati Uniti”. Come riportato dal South China Morning Post, il più alto funzionario americano per la politica asiatica ha aggiunto che serve “cautela” riguardo un’eventuale inclusione formale di Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda nella NATO, ipotesi di cui si discute da tempo.

Il Giappone rielabora la sua politica per gli aiuti allo sviluppo e mette in primo piano la sicurezza

Venerdì 9 giugno il governo giapponese ha approvato una revisione della sua Carta per la cooperazione allo sviluppo, un documento che elenca le priorità di Tokyo in materia di aiuti all’estero. Il rinnovo arriva inaspettatamente con due anni di anticipo sulla scadenza naturale della strategia, che solitamente avviene su base decennale (l’ultima versione risale al 2015). Nel nuovo documento viene ora dato spazio alla salvaguardia degli “interessi nazionali” del Giappone e alla sicurezza marittima, nonché alla lotta ai cambiamenti climatici e alla crisi energetica scatenata dall’invasione dell’Ucraina. La mossa arriva dopo che Tokyo ha approvato, lo scorso dicembre, una nuova strategia di sicurezza nazionale con l’obiettivo di raddoppiare la spesa per la difesa a 43 trilioni di yen (310 miliardi di dollari).

Myanamar, la morte della cantante vicina alla giunta infiamma il dibattito pubblico

Mercoledì 7 giugno si è spenta a Yangon Lily Naing Kyaw, nota cantante birmana ricoverata in ospedale per un proiettile che l’aveva colpita alla testa nel corso della settimana precedente. Le prime ipotesi parlano di un attacco perpetrato da una milizia urbana anti-giunta, e due uomini sono stati arrestati con l’accusa di omicidio. La morte della donna, che era vicina ai vertici dell’Esercito birmano che governa il paese dal 2021, è l’ultima di una serie di uccisioni nel mondo delle personalità legate al Tatmadaw. Tempo fa la donna aveva rilasciato un’intervista alla CNN, nella quale aveva dichiarato: “Sostengo i militari e accetto il colpo di stato. Ma la maggior parte delle persone nel mio quartiere sostiene la National League for Democracy [il partito di Aung San Suu Kyi che aveva vinto le elezioni del 2020, ndr.] dice che vuole uccidermi”.

A cura di Sabrina Moles e Francesco Mattogno; ha collaborato Alessandra Colarizi