Tian'anmen

In Cina e Asia – Ricordare Tian’anmen a Hong Kong, Taiwan e in Cina

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

I titoli di oggi:

  • Ricordare Tian’anmen a Hong Kong, Taiwan e in Cina
  • Altri tre astronauti cinesi verso Tiangong 
  • Il bilancio della trasferta cinese nel Pacifico
  • Anche l’Australia accusa piloti cinesi di “incursioni pericolose”
  • Missili incrociati tra Usa e Coree
  • Il Sudest asiatico al centro di una “nuova guerra fredda”?

 

Sono almeno sei le persone finite agli arresti a Hong Kong per aver silenziosamente ricordato il 33esimo anniversario di Tian’anmen. Nonostante gli stretti controlli  e il numero di agenti in strada, qualche coraggioso è stato visto intorno a Causeway Bay indossare o portare con sé i simboli del lutto, come vestiti neri e candele. Secondo la polizia, a finire in manette sono stati cinque uomini e una donna di età compresa tra i 19 e gli 80 anni. Le accuse spaziano dall’aver incitato altri a prendere parte a un’assemblea non autorizzata, al possesso illegale di armi fino all’aver ostruito la polizia nello svolgimento delle proprie funzioni. Nonostante un ban anti-Covid impedisca l’organizzazione di manifestazioni dal 2020, quest’anno per la prima volta le autorità hanno attribuito esplicitamente i divieti del 4 giugno alla legge sulla sicurezza nazionale.

Ora che a Hong Kong (e Macao) non c’è più spazio per un dibattito politico, Taiwan è rimasta l’unica parte del mondo in cui si parla cinese a ricordare Tian’anmen. Centinaia di persone si sono ritrovate in Liberty Square, nel centro di Taipei con lumini, smartphone accesi, mentre alcuni attivisti hanno riprodotto il Pilastro della Vergogna, la scultura – realizzata negli anni ’90 per rendere omaggio alle vittime della protesta pro democrazia – fatta rimuovere lo scorso anno dal campus dell’Università di Hong Kong.

Nella Repubblica popolare cinese, invece, i fatti dell’89 sono sempre più tabù. Secondo Reuters quest’anno i controlli intorno alla piazza simbolo del massacro sono stati più pervasivi del solito. A livello ufficiale raramente se ne parla. Hu Xijin, ex caporedattore del Global Times, su Twitter ha dato voce a una posizione largamente condivisa a Zhongnanhai. Letteralmente: “L’incidente di Tiananmen è una tragedia, che ha svegliato politicamente la Cina con dolore, ma [grazie alla triste esperienza] la Cina ha anche acquisito l’immunità contro la rivoluzione colorata per diverse generazioni. L’Occidente non dovrebbe più aspettarsi che la Cina continentale ripeta le stesse turbolenze politiche.”

Sui social cinesi tutt’oggi non è concesso discutere liberamente quanto accaduto trentatré fa. Questo tuttavia non vuol dire non se ne parli. Venerdì sera la diretta live di Li Jiaqi, uno degli influencer più noti del paese, è stata interrotta senza spiegazioni dopo che sullo schermo è comparso un dessert a forma di carro armato, vero simbolo del massacro. La giornalista Wing Kuang su Twitter ha riassunto alcuni dei commenti più interessanti comparsi su Weibo. La visione dominante è la seguente: “Dopo aver guardato la storia, sono ancora più patriottico”.

Altri tre astronauti cinesi verso Tiangong 

Continua la lunga marcia della Cina nello Spazio. La navicella spaziale cinese Shenzhou 14 ha lasciato la Terra alle 10:44 di domenica con a bordo tre astronauti diretti verso la stazione spaziale di Tiangong. La missione, che durerà sei mesi, servirà ad ultimare i lavori di costruzione del “Palazzo Celeste”. La missione è guidata dal comandante Chen Dong, 43 anni, insieme ai collegi Liu Yang, 43 anni, e Cai Xuzhe, 46 anni. I tre taikonauti vivranno e lavoreranno sulla stazione spaziale per circa 180 giorni prima di tornare sulla Terra a dicembre. Una volta completata entro la fine dell’anno, Tiangong rappresenterà una pietra miliare del programma spaziale cinese, sebbene raggiungere appena un quinto della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per dimensione. Snobbata dalla NASA, la Cina punta abbastanza chiaramente ad affrancarsi dalla dipendenza tecnologica occidentale. E non a caso lo sta facendo sempre più sistematicamente con la Russia, l’ex potenza spaziale dotata di considerevole know-how ma a corto di fondi.

Il bilancio della trasferta cinese nel Pacifico

Né una vittoria né una sconfitta. Il bilancio della maratona di Wang Yi nel Pacifico meridionale è meno disastroso di quanto non possa sembrare. Mentre la stampa internazionale ha dato ampia visibilità al mancato raggiungimento di un accordo regionale proposto da Pechino, la resistenza opposta da alcuni paesi va letta più come il sintomo dell’insofferenza per il rischio di rivedere la regione – che ospita quattro alleati di Taiwan – finire vittima di una grande gioco tra potenze concorrenti. Il pressing di Australia e Stati uniti infatti non è tollerato meglio nelle capitali del Pacifico, come dimostra la diffusa contrarietà alle alleanze a guida americana, Aukus e Quad. Intanto il ministro degli Esteri cinese ha riportato a casa 52 accordi bilaterali. Non proprio una debacle per Wang, anche se alla fine la sicurezza ha ricoperto solo un ruolo marginale nei colloqui.

Anche l’Australia accusa piloti cinesi di “incursioni pericolose”

Dopo le accuse delle forze armate canadesi, ieri anche l’Australia ha accusato l’aeronautica cinese di aver effettuato incursioni pericolose nello spazio aereo internazionale. La risposta cinese è stata puntuale: secondo “fonti” del Global Times, i due paesi membri dei Five Eyes stanno giocando di anticipo sapendo di essere i veri responsabili di “attività e ricognizioni provocatorie” nel mar cinese meridionale e orientale. Secondo Euan Graham, ricercatore presso il think tank dell’International Institute for Strategic Studies, “Questa non è la prima volta che un aereo australiano viene avvicinato [nel] Mar Cinese Meridionale, ma è un buon segno che [ il] Dipartimento della Difesa australiano stia diventando più trasparente al riguardo”.

Missili incrociati tra Usa e Coree

Stati uniti e Corea del Sud hanno sparato otto vettori superficie-superficie in risposta ai test missilistici messi a segno ieri da Pyongyang. In una nota il Comando dell’Indo-Pacifico ha spiegato che “L’alleanza ROK-USA rimane impegnata per la pace e la prosperità nella penisola coreana e in tutto l’Indo-Pacifico. L’impegno degli Stati Uniti nella difesa della ROK rimane ferreo”. L’esercitazione segue la raffica di missili a corto raggio sparata dal Nord nella mattinata di domenica. Secondo le autorità sudcoreane si sarebbe trattato di otto vettori a corta gittata sparati tra tre zone diverse verso est. Il tempismo non è stato casuale. Solo il giorno prima, la marina sudcoreana e quella americana avevano completato un’operazione congiunta di tre giorni nelle acque internazionali, al largo dell’isola giapponese di Okinawa, nel Mar Cinese orientale. Per la prima volta dal 2017 ha partecipato anche una portaerei a stelle e strisce: la Ronald Reagan.

Il Myanmar verso la prima esecuzione dal ’76

La giunta militare del Myanmar ha approvato l’esecuzione degli attivisti per la democrazia Ko Phyo Zeya Thaw e Ko Jimmy. I due potrebbero così diventare le prime persone giustiziate nel paese dal 1976. Lo riporta il sito web “The Irrawaddy”, citando fonti vicine alla giunta, che ha preso il potere nel Paese a seguito del colpo di Stato militare del febbraio 2021. Sarà il dipartimento delle Carceri a decidere quando le sentenze di condanna a morte verranno eseguite. Entrambi sono stati arrestati lo scorso anno e condannati a morte nel gennaio di quest’anno per aver “coordinato le operazioni di resistenza armata” a Yangon, principale città del Myanmar. L’ultima esecuzione in Myanmar risale al 1976, quando nel famigerato carcere di Insein, a Yangon, il leader degli studenti di etnia chin Salai Tin Maung Oo venne impiccato dal regime del generale Ne Win.

Il Sudest asiatico al centro di una “nuova guerra fredda”?

Mutatis mutandis, ai tempi della cosiddetta “nuova guerra fredda”, il Sudest asiatico è tornato al centro delle rivalità tra potenze. Durante il recente vertice, Biden ha definito l’ASEAN “il vero cuore della strategia dell’amministrazione” in carica. “La storia del nostro mondo nei prossimi 50 anni sarà scritta in gran parte” dalle relazioni USA-ASEAN. Non tutti concordano sulla longevità dell’impegno statunitense nell’area. Il Nikkei Asia Review mette in evidenza alcune incognite all’orizzonte. Maggiore chiarezza verrà fatta a novembre, quando il Sudest asiatico ospiterà diversi summit, a cui gli States non possono mancare.

Il quotidiano segnala inoltre la rapida perdita di terreno del Giappone nella regione storicamente interessata da una forte influenza nipponica, soprattutto nel settore degli investimenti. Il Covid e le restrizioni sanitarie annesse – secondo il Nikkei – hanno agevolato la penetrazione dei capitali cinesi. Complice la diplomazia dei vaccini. Nonostante il generale trend in rallentamento, nel 2020 il Sudest asiatico è diventato la prima destinazione degli investimenti cinesi sotto il marchio Belt and Road, soprattutto nel settore sanitario e digitale.

Nondimeno, la penetrazione del gigante asiatico nella regione continua ad essere malvista dalla popolazione locale. E’ quanto emerge dallo studio “Assessing the Belt and Road Initiative in Southeast Asia amid the Covid-19 Pandemic” realizzato dall’  ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore. Secondo gli autori, i fattori a incidere sulla percezione negativa spaziano dall’arrivo in massa di manodopera cinese ai trasferimenti forzati per far posto ai progetti cinesi fino alle dispute sulle compensazioni economiche. Il report prende in esame nello specifico i casi dell’Indonesia e del Laos, dove la Repubblica popolare ha investito massicciamente.

A cura di Alessandra Colarizi