Un annuncio matrimoniale pubblicato su un tabloid di Mumbai pochi giorni fa ha proiettato dentro e fuori l’India la battaglia per la legalizzazione dell’omosessualità, che nel paese è ancora tecnicamente reato. Merito di Harish Iyer (e di sua madre), attivista LGBT che ha avuto una trovata assolutamente geniale. Quella di pubblicare un annuncio matrimoniale su una rivista di Mumbai. Prima la storia nuda e cruda, poi un po’ di considerazioni per cercare di apprezzare al meglio il valore del gesto oltre allo "strano ma vero".
Martedì scorso una rivista di Mumbai pubblica questo annuncio (maiuscoli come nell’originale, in inglese): «Cercasi in età tra 25 e 40 anni, ben introdotto, amante degli animali, vegetariano, MARITO per mio FIGLIO (36 anni, un metro e ottanta) che lavora in una Ong. No vincoli di casta (anche se preferibile IYER)».
Si tratta di un messaggio come se ne trovano a milioni in ogni quotidiano o magazine indiano, che offre molto spazio – nella sezione annunci – alle ricerche matrimoniali portate avanti dalle famiglie dei futuri sposi. Come sanno anche i muri, in India il matrimonio combinato è tradizione e per trovare pretendenti compatibili in primis con le esigenze della famiglia (posizione economica e ceto sociale/casta, età e in ultimo valutazioni estetiche), in mancanza di aspiranti trovati nella cerchia delle famiglie conosciute, ancora oggi si ricorre enormemente agli annunci sulla stampa, affiancati sempre più dai siti di incontri.
Stavolta però siamo di fronte al primo annuncio matrimoniale omosessuale della storia indiana, secondo quato riportato dalla stampa nazionale; un unicum che quindi giustificato una diffusione della notizia ormai planetaria. L’uomo che ha messo l’annuncio (o meglio, la cui madre ha messo l’annuncio, come da tradizione) si chiama Harish Iyer e in India è personaggio abbastanza noto al grande pubblico: simbolo delle campagne LGBT nel paese, Iyer ha presenziato a diversi programmi molto seguiti (su tutti Satyamev Jayate di Aamir Khan, una sorta di talk show socialmente impegnato condotto dalla star di Bollywood).
Si tratta di un "volto noto" molto ben inserito nelle dinamiche mediatiche del paese, che conosce le persone giuste e sa come funzionano i media. Non stupisce quindi che lo stratagemma della madre «preoccupata che mi senta solo una volta che lei morirà» che decide di cercare un marito a proprio figlio in un paese dove l’omosessualità è reato abbia funzionato alla perfezione per far riemergere il tema della reintroduzione della legge 377, che prevede pene fino a 10 anni di reclusione per il reato di «attività sessuali contro l’ordine naturale che coinvolgano uomini, donne o animali».
Sfruttando il fattore iniziale di "strano ma vero", Iyer ha avuto l’occasione di parlare su diversi media indiani e internazionali del tema dei matrimoni gay, anche qui spiegandolo in termini di assoluta normalità e soprattutto – vero colpo di genio – in linea con la tradizione e la legalità. Prendete ad esempio questo video pubblicato da Bbc: Iyer spiega che sua madre non ha fatto niente di meno di ciò che ogni madre, nella sua posizione, farebbe in India: cercare un partner al proprio figlio ormai abbondantemente in età da marito.
Il fatto che suo figlio sia incidentalmente gay nelle parole di Iyer non rappresenta un problema: Iyer parla esattamente come un qualsiasi figlio indiano, senza mettere in discussione il diritto dato dalla tradizione alla madre di operare la prima scrematura delle proposte arrivate («una decina»). Il messaggio che vuole arrivi è che il matrimonio gay non è nulla di speciale, tanto che secondo il codice indiano «non è illegale» (altra finezza: il codice non norma sul matrimonio gay, quindi ovvio, non è illegale, ma non si può dire sia legale, e infatti Iyer non lo dice). E sulle possibili controversie che potrebbero sorgere da questa richiesta, l’attivista sembra quasi sfidare chiunque a portare in tribunale lui e sua madre, conscio del fatto che davanti a un giudice della Corte suprema lui avrebbe molte più munizioni da spendere a livello legale, senza contare l’enorme eco mediatica che si creerebbe all’istante.
Vista in quest’ottica la trovata di Iyer è una trappola perfetta tesa ai vari bigotti interreligiosi di cui l’India è piena. Nell’impossibilità di competere a livello di mobilitazione popolare (cioè di guadagnare diritti dal basso, i circoli nazionalisti-religiosi sono fenomenali nel portare gente in strada, meno i gruppi LGBT per ovvie ragioni), l’obiettivo pare essere arrivare a un confronto in tribunale e avvicinare un po’ di più il paese al riconoscimento dei pari diritti per le coppie omosessuali.
Una sentenza favorevole della Corte Suprema (che si è rivelata molto progressista in questi temi, tanto da aver reintrodotto la 377 non per affinità a posizioni omofobiche ma poiché vincolata dalla legge che prevede, in caso di abrogazione della legge, un iter legislativo parlamentare) eserciterebbe enorme pressione su un governo di centrodestra assolutamente disinteressato alla causa LGBT nel paese.
Non resta che attendere che qualche bigottone ci caschi.
[Scritto per East online; foto credit: gaylaxymag.com]