Furto di propaganda: «confessione» in lacrime per il detenuto Usa in Corea del Nord

In by Gabriele Battaglia

Otto Warmbier, lo studente americano arrestato all’inizio dell’anno in Corea del Nord, ha confessato di aver tentato di rubare un poster di propaganda dal suo albergo. Questo il grave crimine di cui il ragazzo è accusato dal regime dei Kim, mentre si avvicina l’imposizione di nuove sanzioni. Il grave crimine contro lo stato e il popolo nordcoreano di cui si sarebbe macchiato lo studente statunitense Otto Warmbier è di aver tentato di rubare uno striscione di propaganda. Ho provato a prendere uno slogan politico dall’area riservata allo staff dello Yanggakdo International Hotel, ha confessato in conferenza stampa il 21enne, che dall’inizio di gennaio è agli arresti in Corea del Nord. 

«Ho fatto il più grave errore della mia vita, per favore salvatemi», ha poi implorato il ragazzo del quale per la prima volta dal fermo sono state mostrate le immagini. Al momento sono tre i cittadini stranieri in mano al regime. 

La confessione di Warmbier, non troppo spontanea, è stata trasmessa mentre il regime di Pyongyang deve fare i conti con la nuove sanzioni in fase di approvazione in sede di Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite in risposta al test atomico e al lancio di un satellite, in spregio alle risoluzioni Onu, del 6 gennaio e del 7 febbraio scorsi.

Kim Jong Un e suoi generali si preparano. Il quotidiano ufficiale Rodong Sinmun ha esortato il paese a rafforzare l’auto-sufficienza, base dell’ideologia del «juche», che la dinastia dei Kim a posto a fondamento dello stato. D’altra parte le ulteriori limitazioni che la comunità internazionale si appresta a imporre contro il regime prevedono la perquisizione di tutte le navi battenti bandiera nordcoreana, così da ostacolare l’importazione e l’esportazione di prodotti proibiti.

Una delle opinioni in circolazione è pertanto che il prigioniero statunitense possa diventare strumentale al dialogo tra sordi che vede nordcoreani da una parte e Stati Uniti e alleati dall’altra, con in mezzo la Cina a prendere le distanze dallo scomodo partner. Il ragazzo rientrerebbe quindi in una strategia per tentare di riaprire un negoziato bilaterale con Washington.

Per il portavoce del dipartimento di stato americano John Kirby, «non ci sono dubbi sull’uso a fini di propaganda che la Corea del Nord fa dei detenuti». Ciò non toglie comunque che Washington si sia gà attivata tramite l’ambasciata svedese, che gestisce le attività consolari per conto degli statunitensi, per arrivare alla scarcerazione del ragazzo che, ricorda il Guardian, come accaduto in passato potrebbe essere utilizzato dal regime per spingere figure di primo piano dell’amministrazione Usa, quali gli ex presidente Jimmy Carter e Bill Clinton, a trattare e andare in visita a Pyongyang .

Come in altre occasioni (spesso gli occidentali detenuti in Corea del Nord sono accusati di possedere copie della Bibbia o altro materiale per fare proselitsimo), anche nel caso Warmbier sono state tirate in ballo motivazioni religiose e si ripropone l’intervento di comunità cristiane. La bravata considerata un grave crimine sarebbe infatti stata commissionata. O almeno questa è la versione ufficiale.

Una diaconessa della Friendship United Methodist Church, secondo quanto riporta l’agenzia giornalistica di regime Kcna, avrebbe offerto 10mila dollari a Warmbier per il «trofeo» e promesso 200mila dollari alla madre nel caso il figlio, come poi avvenuto, fosse stato arrestato. 

Compare inoltre una società filantropica interna all’Università della Virginia, la Z Society, che avrebbe incoraggiato il ragazzo allettandolo con l’ipotesi di poter diventare un membro. Tutto ancora da chiarire, mentre l’intera vicenda sta spingendo gli Stati Uniti a ripensare la possibilità per i propri cittadini di partire in viaggio verso il regime dei Kim.