Salman Khan assolto per «insufficienza di prove»

In by Gabriele Battaglia

Alla fine è andata come tutti si aspettavano. Il che non significa «giustizia è fatta», ma si conferma l’impossibilità, in India, di arrivare condannare quasi chiunque appartenga alla categoria degli «intoccabili». Non i dalit, i fuoricasta; gli altri. E di più intoccabile del divo di Bollywood Salman Khan oggi, in India, è difficile trovarne.Prima di urlare alla macchinazione della malagiustizia però, occorre specificare che il caso che vedeva imputato Khan dell’omicidio di Nurullah Shaikh – investito nel 2002 dal Land Rover di Khan mentre dormiva sul marciapiede – è stato gestito interamente, per 13 anni, seguendo l’iter della legge indiana. Che, amministrata da umani come tutti noi e piegata a un’iperburocrazia che al confronto la distopia di Brazil è un inno all’anarchia, si è dilatata in tempi a stento compatibili con la vita umana.

Tanto che il principale teste nel caso, l’ex guardia del corpo Ravindra Patil, l’unico che aveva dichiarato senza alcuna ombra di dubbio che sì lui era in macchina con Salman Khan, sì Salman Khan guidava, sì Salman Khan aveva bevuto prima di mettersi alla guida, in questi tredici anni ha fatto tempo a morire di tubercolosi. E non saprà mai che il 10 dicembre scorso la High Court di Mumbai ha decretato che la sua deposizione, raccolta dalla Sessions Court all’inizio del procedimento, per dei tecnicismi procedurali non poteva essere ammessa in tribunale. E quindi, stralciata definitivamente, le prove prodotte dall’accusa contro Salman Khan non lo inchiodavano a una colpevolezza «oltre ogni lecito dubbio».

La Corte ha quindi deciso di assolvere Salman Khan da ogni accusa per «insufficienza di prove», ribaltando la sentenza in primo grado emessa lo scorso mese di maggio. Un’assoluzione che il giudice Joshi ha voluto emettere in presenza dell’attore che, durante l’udienza, non era presente in tribunale. L’hanno dovuto chiamare e Khan, secondo le ricostruzioni della stampa indiana, «si è affrettato a ragiungere il tribunale» per poi «crollare in lacrime» mentre la giustizia indiana lo assolveva.

Se Khan è innocente, e ora a rigor di giustizia indiana lo è, rimane il problema di capire chi quella notte abbia investito cinque persone che stavano dormendo sul marciapiede a Mumbai, uccidendone una. E quindi non solo «fare giustizia», ma dare inizio all’iter legale di pagamento dei danni – consistenti – che chi aveva guidato l’auto sarebbe tenuto a versare ai sopravvissuti (tra cui uno ha perso entrambi gli arti inferiori, nell’incidente) e ai parenti dei Shaikh.

Questa, come riporta Firstpost, è la principale preoccupazione delle vittime, che da tredici anni attendono che la giustizia faccia il suo corso non per il gusto di vedere dietro le sbarre l’idolo del grande schermo, ma soprattutto per avere accesso a denaro da impiegare per tirare avanti.

Al momento Salman Khan, eseguendo l’ordine dei giudici, ha versato 19 lakh (intorno a 26mila euro) che dovranno essere distribuiti alle famiglie dei cinque investiti.

L’attore, mentre frotte di fan arrivavano da tutto il Maharashtra per festeggiare fuori dalla sua residenza a Mumbai, in un tweet ha commentato: «Accetto la decisione dei giudici con umiltà. Ringrazio la mia famiglia, i miei amici e i miei fan per il sostegno e le preghiere».

Dopo 13 anni nessuno – nemmeno lo stesso Salman Khan, che secondo la propria deposizione era seduto al posto del passeggero – è riuscito a capire chi fosse alla guida della jeep in quella notte del 2002.

[Scritto per East online; foto credit: youtube.com]