Oggi in Cina – Riforme, ma senza proclami

In by Gabriele Battaglia

Le riforme sono state annunciate l’indomani del terzo plenum, ma per gli investitori è tutto ancora troppo vago. Per questo, entro la prossima settimana è prevista l’uscita di un nuovo documento. La progressiva liberalizzazione di Shanghai e l’introduzione di nuove tasse: una, di sicuro, sull’inquinamento. Riforme in progress, ma non strillate

Dopo lo stringente comunicato con cui martedì scorso si è chiuso il terzo plenum, gli indici delle borse della Cina continentale e di Hong Kong sono calati. Troppo poca chiarezza sulle riforme, troppe attese disattese dicono i commentatori, ma in realtà sarebbe in arrivo una versione più estesa e dettagliata del comunicato stesso, “nel giro di una settimana”, secondo autorevoli fonti.

Nella nuova versione, si parlerà “dell’accelerazione della riforma del tasso di cambio” e anche della “controversa tassa sulla proprietà”, dice Zhang Zhuoyuan, un economista dell’Accademia delle Scienze Sociali che ha collaborato alla stesura del documento.
Diversi osservatori ritengono che sia nell’interesse di Pechino spingere sulle riforme piuttosto che contenerle e il documento – che si prevede sarà diffuso martedì prossimo – dovrebbe chiarire molti punti.

Pechino ha già sostanzialmente liberalizzato i tassi sui prestiti, permettendo invece a quelli sui depositi di crescere del 10 per cento rispetto alle figure di riferimento, stabilite “politicamente”.
Secondo Guo Tianyong, professore all’Università Centrale di Economia e Finanza, i tassi di deposito saranno gradualmente liberalizzati nel giro di tre anni. Nel frattempo – aggiunge – sarà lanciata una assicurazione sui depositi per proteggere i risparmiatori.

Lo yuan è invece già convertibile in conto corrente – che comprende le transazioni di valuta che riguardano i servizi, i dividendi e il commercio – ma non totalmente in conto capitale, cioè per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri .
Il tasso di cambio del renminbi può oscillare dell’uno per cento in alto o in basso rispetto a una valutazione giornaliera fissato dalla banca centrale e Yi Gang, vice governatore della banca centrale, ha promesso all’inizio di quest’anno che la banda di oscillazione giornaliera sarebbe stata ulteriormente ampliata.

Quello che bolle in pentola non è poco e l’impressione è che le riforme procederanno spedite. Anche senza i grandi annunci che i media corporate occidentali si aspettano.

Shanghai Free Trade Zone – Così è (se vi pare)

Han Zheng, capo del Partito comunista a Shanghai, ha spiegato all’autorevole rivista economica Caixin in che cosa consisterà la Shanghai Pilot Free Trade Zone, l’area di libero scambio in costruzione nella metropoli sullo Huangpu.
Sarà una costruzione graduale. All’interno della zona di 28 chilometri quadrati sono al momento in fase di sperimentazione “procedure finanziarie e amministrative”, dice Han.

Da subito ci si concentrerà sulle due riforme chiave di cui tutti parlano da tempo: la progressiva liberalizzazione del conto capitale e quella del tasso di interesse.

È invece già nota da tempo la lista nera delle attività che non potranno trovare dimora nella Ftz, tra cui internet café, lotterie, testate giornalistiche e centri di ricerca sociale. Qualsiasi altra attività potrà operare nell’area senza previa approvazione del governo. Patti chiari, amicizia lunga, da subito. Lo scopo è quello di bilanciare l’innovazione con la gestione del rischio, spiega Han, in una messa a punto che durerà almeno tre anni.

Ci tiene comunque a sottolineare che il metodo “per lista negativa” è in realtà la chiave per facilitare gli investimenti. In pratica, stabilendo da subito le attività lecite, si eliminano tutti i successivi passaggi e controlli burocratici: “In passato, le aziende non sapevano cosa potevano e non potevano fare perché le cose erano sempre in evoluzione. Presentavano una domanda, poi arrivava il riesame e quindi una revisione dei benefici economici. Perché il governo dovrebbe regolamentare questo?”, spiega il capo del Partito di Shanghai.

Più semplificazione che liberalizzazione. E questo dovrebbe aumentare le possibilità di investimento per le aziende private, sia cinesi sia straniere.

Tasse: inquinamento sì, proprietà "nì"

Secondo le ultime indiscrezioni, la Cina aumenterà le tasse sulle materie prime inquinanti, come il carbone e alcuni metalli. Alla radice, l’ormai insostenibile situazione ambientale. In futuro, le tasse dovrebbero essere allargate anche a sostanze “non minerali”, per giungere infine a un inquadramento complessivo in una “tassa sull’ambiente”.

Non sono chiari i tempi di realizzazione del nuovo sistema, ma questo sembra essere il trend. In parallelo, con il gettito fiscale Pechino cercherà di finanziare le infrastrutture regionali appoggiandosi meno sulle risorse dei governi locali, cronicamente in deficit. Anche qui l’intento è chiaro. Rendere meno necessario alle autorità sul territorio il ricorso all’espropriazione di terre rurali, per destinarle poi alla speculazione edilizia, per riempire i forzieri.
Non è invece chiaro il destino della tassa sulla proprietà, in vigore per ora a Shanghai e Chongqing, che colpisce le seconde case (e quelle successive). Il problema sembra essere la difficoltà di estendere un unico modello a tutta la complessità del territorio cinese.

Liu Shangxi, vice-direttore dell’Istituto Ministeriale di Scienze Fiscali, ha detto che l’espansione della tassa di proprietà deve essere considerata nel contesto di tutte le imposte locali, come per esempio le tasse legate alla terra. E qui si entra in un vespaio.
Il prossimo passo del governo potrebbe essere quella di imporre in alcune città tasse per l’acquisto o il possesso di due o più proprietà, in particolare le case di lusso, dice ancora Liu. L’imposta sarebbe poi estesa a livello nazionale solo quando il reddito pro capite salirà notevolmente e sarà più bilanciato da zona a zona. 

[Foto credits: asiasociety.tumblr.com]