Oggi in Asia – Diplomazia del disastro

In by Gabriele Battaglia

Nelle Filippine è in corso una vera e propria competizione geopolitica sugli aiuti dopo il passaggio del tifone Haiyan. Il Giappone si attira le critiche di Cina e Ue al vertice Onu sul clima a Varsavia, per un’inversione sugli obiettivi di taglio alle emissioni entro il 2020. Il governo birmano libera altri prigionieri politici. FILIPPINE – Haiyan e la ‘diplomazia del disastro’

Il numero delle vittime del devastante tifone Haiyan sarebbe poco più di 3600. è quanto dichiarano oggi le autorità di Manila, mentre le Nazioni unite e organizzazioni non governative locali continuano a fornire numeri contrastanti.

Secondo l’Onu, infatti, il numero delle vittime sarebbe in realtà di 4,460 persone oltre mille in più rispetto alle cifre ufficiali. A distanza di una settimana dalla tempesta, rifornimenti alimentari e beni di prima necessità stanno affluendo verso le Filippine centrali. Anche grazie ai consistenti aiuti della comunità internazionale.

È quella che il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post chiama la "diplomazia del disastro" che vede protagonisti su tutti Stati Uniti e Cina. Se Washington ha risposto con estrema velocità alle richieste di aiuto filippine, mobilitando militari e risorse monetarie (300 marine e 20 milioni di dollari, più supporto logistico e di mezzi), Pechino è stata meno generosa, stanziando appena 100mila dollari.
Quasi nulla in confronto allo sforzo di un’altra potenza rivale: il Giappone. Tokyo ha messo a disposizione aiuti per 50 milioni di dollari, soprattutto in tende e coperte, un migliaio di militari e un team di medici.

Gli esperti sottolineano che la scarsa generosità di Pechino è conseguenza della disputa con Manila per la sovranità su alcune isole nel Mar cinese meridionale. Alcuni osservatori fanno notare d’altra parte che la Cina avrebbe perso un’"occasione d’oro" per rafforzare la propria influenza nella regione dell’Asia Pacifico a spese degli Stati uniti.

GIAPPONE – Inversione sulle emissioni inquinanti

Il governo giapponese ha radicalmente modificato le previsioni di taglio alle emissioni inquinanti da qui al 2020. Da un taglio del 25 per cento rispetto ai livelli del 1990, il governo è passato a uno del 3,8 per cento rispetto ai livelli del 2005, equivalente al 3 per cento di emissioni in più rispetto al 1990.

Una decisione, quella comunicata oggi dal portavoce del governo di Tokyo Yoshihide Suga durante il vertice sul clima delle Nazioni unite a Varsavia, invitabile dopo il disastro di Fukushima, che ha spinto il Giappone ha rinunciare al nucleare per il suo approvvigionamento energetico e ad adottare una strategia mista.

Prima del 2011 il nucleare forniva oltre un quarto dell’energia al paese, ma ad oggi tutti e 50 gli impianti sono fermi per controlli di sicurezza. Inoltre negli ultimi giorni l’opposizione a un ritorno al nucleare – anche all’interno dello stesso partito di governo – è aumentata radicalmente. Tokyo deve gioco forza rivedere l’impegno preso dal governo del Partito democratico, oggi all’opposizione, durante il summit del 2009 a Bangkok.

Se l’allora premier Yukio Hatoyama aveva acceso gli animi degli ambientalisti, oggi, a Varsavia, a quattro anni da Bangkok, la decisione del Giappone è stata accolta dalle critiche di Cina ed Europa. 

MYANMAR – Liberati 69 prigionieri politici

Entro l’anno tutti fuori. Almeno questo è quanto il presidente del Myanmar Thein Sein ha promesso sui prigionieri di coscienza ancora chiusi nelle carceri del paese. Oggi un altro passo importante: la scarcerazione di 69 prigionieri politici rinchiusi nelle carceri birmane ai tempi della giunta militare.

Da quando è diventato primo ministro di un governo semi-civile, Thein ha lanciato una serie di iniziative La decisione arriva in tempi non sospetti, nel corso di una visita da parte di alti funzionari dell’Unione europea. Tra i prigionieri rilasciati oggi diversi attivisti e, fa sapere una ong thailandese Assistance Association for Political Prisoners citata da The Irrawaddy, ci sono anche i nipoti del generale Ne Win, ritenuti colpevoli di aver organizzato un colpo di stato.

Ne Win è stato leader del paese per 26 anni, dal 1962 al 1988. è morto nel 2002 mentre era agli arresti domiciliari.