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Influencer virtuali: in Cina vince il Metaverso senza umani

In Innovazione e Business by Sabrina Moles

Conoscete il mondo degli influencer virtuali? In Cina è ormai un’istituzione, con tanti brand (anche stranieri) che si affidano al mondo online per parlare ai consumatori. Scopri le tendenze e i vantaggi nel nostro ultimo articolo in collaborazione con Itwill

Gli influencer virtuali conquistano la Cina. Dai grandi marchi alle realtà emergenti, l’esperimento di sostituire i Key opinion leaders (KOL) con degli avatar sta avendo sempre più successo nella Repubblica Popolare. Il trend è esploso negli ultimi anni con il boom del live streaming e del referral marketing (zhongcao) sulle piattaforme social.

In pratica, un brand costruisce la sua presenza online grazie al lavoro costante dell’intelligenza artificiale: il “volto” delle campagne non si limiterà a offrire della merce, ma interagirà con gli utenti, “umanizzando” l’esperienza di acquisto. Ma senza esseri umani dall’altro lato dello schermo. L’industria degli influencer virtuali in Cina è aumentata del 70% dal 2017 e ha raggiunto un valore di 960 milioni di dollari nel 2021. 

Cosa sono gli influencer virtuali?

Gli influencer virtuali sono degli avatar. Un intero team lavora poi sui contenuti di ogni video e di ogni post. A occuparsene sono spesso delle agenzie specializzate: in questo caso l’offerta non solo prevede la tecnologia per sfruttare tutto il potenziale degli influencer virtuali, ma offre anche dei servizi di supporto tipici delle reti multicanale (multi-channel network, o MCN).  Uno dei nomi più noti del settore, nato sotto l’ombrello di Ranmai Technology, è Ayayi. Influencer iperrealistica, è comparsa la prima volta sulla piattaforma Xiaohongshu, dove ha battuto ogni aspettativa dalle prime ore dal lancio: oltre 3 milioni di visualizzazioni in un giorno, e 40 mila follower in una notte. Ayayi ha lavorato con marchi come Louis Vuitton, The Middlehouse Hotel e ha posato per un servizio fotografico con l’influencer di moda cinese Grace Chow.

Altre aziende preferiscono lavorare in-house, per poter controllare ogni passo del processo creativo e delle interazioni con il pubblico. È il caso, per esempio, di Estée Lauder. O di Alibaba, che ha creato Dong Dong in occasione dei Giochi Olimpici invernali di Pechino 2022. Anche grandi nomi del settore food & beverage si sono affidati agli influencer virtuali per parlare al mercato cinese, come Kentucky Fried Chicken (KFC).

Perché i brand scelgono gli influencer virtuali

Innovazione

Gli influencer virtuali spesso rappresentano una novità che attira facilmente curiosi e potenziali consumatori. Ma non solo. Gli influencer in carne e ossa spesso non vengono apprezzati dai propri follower quando sfruttano il proprio profilo per fare marketing, o se sponsorizzano troppo spesso a scapito dei contenuti originali che li rappresentano. Al contrario, un influencer virtuale viene interpretato come un segnale che i brand cercano di rimanere aggiornati e desiderano avvicinarsi al pubblico con qualcosa in cui riconoscersi e interagire. 

Strategia comunicativa e interazione

Lavorare attraverso un avatar e decidere ogni sua azione abbatte il rischio di una cattiva comunicazione, o di una comunicazione incoerente. Proprio perché l’output finale è il risultato del lavoro di un team di professionalità competenti, aumentano le opportunità di emergere appoggiandosi a una strategia chiara e monitorata nel tempo.

Ma c’è di più. Oggi è possibile arricchire l’esperienza dell’utente attraverso l’interazione basata sull’intelligenza artificiale senza dare l’impressione di superficialità. Secondo uno studio di HypeAuditor del 2019, infatti, il tasso di interazione tra utenti e influencer virtuali è due volte maggiore rispetto a quello che avviene sui profili degli influencer reali.

Sicurezza

Alcuni recenti casi di evasione fiscale hanno minato l’immagine degli influencer sul mercato cinese. Il governo centrale ha, inoltre, avviato una campagna di controlli e sanzioni nel mondo dell’intrattenimento. Figure come quella del KOL e del live streamer cadono spesso tra le zone grigie delle normative sul lavoro, pur guadagnando cifre importanti. Il problema nasce a monte, poiché la stessa burocrazia cinese fatica ad adattarsi al rapido sviluppo di questo mercato. Ma non è piaciuto ai cittadini cinesi il fatto che molti influencer abbiano ammassato enormi ricchezze approfittando di questi vuoti normativi.

Gli influencer virtuali sfuggono invece a queste logiche, perché sono l’emanazione di una campagna di comunicazione e branding di un’impresa. Per questa ragione, utilizzare un influencer virtuale non è diverso dall’investire in una campagna di comunicazione tradizionale. 

Transmedialità

La transmedialità è la capacità di raccontare una storia attraverso l’uso di più canali. Quale soggetto è più adatto di un avatar per passare da un mondo virtuale all’altro? Ecco, quindi, che un’azienda può decidere di sperimentare e giocare con le opportunità del Metaverso attraverso l’utilizzo degli influencer virtuali. Alcuni brand hanno sfruttato il mondo del gaming, come l’arrivo di Guggimon (emanazione di Superplastic) nel mondo di Fortnite.

Di Sabrina Moles

[Pubblicato su Itwill]