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In Cina e Asia – Incidente di un “autobus Covid” nel Guizhou, è rabbia sui social

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Incidente di un “autobus Covid” nel Guizhou, è rabbia sui social
  • Biden: “Interverremo in caso di attacco contro Taiwan”
  • Primo caso di vaiolo delle scimmie in Cina: epidemiologo avverte di stare alla larga dagli stranieri
  • Zhengzhou è la prima grande città ad abolire l’hukou
  • Regno Unito: stretta sugli Istituti Confucio, accordo con Taiwan per l’insegnamento del cinese
  • Weibo e Douban? Meglio Mastodon
  • Indonesia: Un’università contro il fondamentalismo islamico
Incidente di un “autobus Covid” nel Guizhou, è rabbia sui social

Domenica mattina, nella provincia cinese del Guizhou, un autobus si è ribaltato sull’autostrada che collega la capitale Guiyang con la contea di Libo: 27 i morti e 20 i feriti. Caixin ha riferito che si tratta di un veicolo sanitario ufficiale e che le vittime trasportate erano in quarantena per via del COVID-19, citando fonti dell’Ufficio per la gestione delle emergenze della contea di Sandu.

Negli ultimi giorni, la città di Guiyang e l’intera provincia di Guizhou hanno dovuto fronteggiare un aumento dei contagi, in un clima di altissima pressione in vista del XX Congresso del PCC che prenderà avvio il 16 ottobre. I nuovi casi confermati nella giornata di sabato sono stati 712, pari a circa il 70% di tutti i nuovi contagi registrati sul territorio nazionale, secondo i dati della Commissione sanitaria nazionale cinese.

Nella stessa giornata, le autorità locali hanno avvertito della limitata capacità delle strutture designate ad accogliere le persone in quarantena a Guiyang e della necessità di trasferire alcuni individui in altre città o prefetture per una “gestione standardizzata dell’isolamento”. Secondo le dichiarazioni di sabato di Wang Jie, vice segretario generale del governo di Guiyang, più di 7.300 persone erano già state ricollocate in strutture di quarantena al di fuori della città, mentre 2.900 persone erano in viaggio per raggiungerle.

La notizia, corredata di foto, è circolata sui social media cinesi nel pomeriggio di domenica, diventando rapidamente il primo trend di tendenza su Weibo e scatenando un’ondata di rabbia per la mancanza di trasparenza da parte delle autorità e per la rigidità della politica “zero Covid”. “Tutti noi siamo su questo autobus” è stato uno dei commenti più popolari su WeChat, prima di essere rimosso.

Biden: “Interverremo in caso di attacco contro Taiwan”

“Sì, gli Stati uniti interverranno nel caso di un attacco senza precedenti”. Lo ha ripetuto per la quarta volta Biden e in questo caso senza lasciare alcun spazio a possibili fraintendimenti. Dando un’ultima picconata alla politica dell’ “ambiguità strategica”, in un’intervista a 60 Minutes il presidente americano ha specificato che mentre gli Stati uniti non si sono schierati militarmente con l’Ucraina, lo faranno nell’eventualità di un’invasione cinese di Taiwan. L’inquilino della Casa Bianca è andato oltre. Ha anche affermato che, sebbene Washington rispetti la politica di “una sola Cina” e “non incoraggi l’ indipendenza” di Taiwan, spetta ai cittadini dell’isola di prendere una decisione a riguardo. Come avvenuto le precedenti volte, la Casa Bianca è intervenuta prontamente per ribadire che la politica americana sulle “due Cine” non è cambiata. Una posizione ormai però sempre meno credibile.

Biden si è poi espresso su un possibile supporto di Pechino alla Russia. “Se pensi che gli americani e gli altri continueranno a investire in Cina sulla base delle tue violazioni delle sanzioni imposte alla Russia, penso che stai facendo un errore gigantesco, ma questa è una tua decisione da prendere'”. Il presidente americano ha specificato che finora non ci sono segni di infrazioni. 

Primo caso di vaiolo delle scimmie in Cina: epidemiologo avverte di stare alla larga dagli stranieri

Wu Zunyou, epidemiologo in capo al Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha pubblicato su Weibo cinque raccomandazioni per il pubblico per proteggersi dal vaiolo delle scimmie, tra cui quella di evitare contatti pelle a pelle con gli stranieri.  Secondo l’alto funzionario della sanità cinese, le restrizioni e i severi controlli alle frontiere messi in atto dalle autorità cinesi sono stati efficaci nell’impedire la diffusione della malattia nel paese, almeno fino a quando un caso non è “sfuggito alla rete”.

Nella giornata di venerdì, la municipalità sudoccidentale di Chongqing ha riportato il primo caso di infezione da virus del vaiolo delle scimmie nel paese. Si tratta di un individuo arrivato dall’estero, anche se non è stato specificato se si tratti di un cittadino cinese o straniero. La commissione sanitaria municipale sostiene che il rischio di trasmissione sia basso in quanto la persona si trovava in quarantena obbligatoria per l’ingresso in Cina nel momento in cui è stato confermato il contagio e che tutti i suoi contatti stretti sono stati messi in isolamento e sotto osservazione medica.

I consigli di Wu Zunyou hanno provocato reazioni contrastanti sui social. Alcuni utenti si sono detti sollevati per il fatto di non conoscere molti stranieri. “È bene aprire le porte del Paese, ma non possiamo far entrare tutto”, ha scritto un utente su Weibo. Altre persone hanno invece ridicolizzato i suggerimenti di Wu, definendoli “razzisti e discriminatori”, nonchè inappropriati poichè contribuiscono ad accrescere il panico generale. Non sono mancati i paralleli con l’ondata di xenofobia e violenza subita dai cinesi all’estero agli inizi della pandemia. Altri hanno sottolineato la presenza di lavoratori stranieri residenti stabilmente in Cina, i quali non hanno più probabilità di essere contagiati rispetto ai cittadini cinesi.

Zhengzhou è la prima grande città ad abolire l’hukou

La città di Zhengzhou, capoluogo della provincia dello Henan, è la prima grande città della Repubblica popolare cinese ad abolire le restrizioni imposte dall’hukou, il sistema di registrazione famigliare che classifica l’individuo sulla base di una serie di parametri ancorandone l’accesso ai servizi essenziali al luogo d’origine. Entrato in vigore nel 1958 per ostacolare la migrazione degli abitanti dalle campagne al fine di mantenere un approvvigionamento alimentare stabile, negli anni successivi ha subito una serie di misure che permettessero alla “popolazione fluttuante”, gli abitanti delle aree rurali, di riversarsi nelle città e rifornire di manodopera il settore manifatturiero: il National New Urbanization Plan varato nel 2014 ha incluso ulteriori rilassamenti al sistema di registrazione famigliare e le linee guida emesse nel 2019 dal Consiglio di Stato ne hanno consentito l’abolizione per le città con meno di 3 milioni di abitanti. Come avevamo riportato in una rassegna dello scorso anno, la provincia orientale cinese dello Jiangxi è stata la prima ad aver approvato una misura che consentirà alle famiglie che si trasferiscono in città di poter cambiare il proprio hukou, senza dover aspettare di soddisfare i requisiti necessari o essere sottoposti a restrizioni.

Lo scopo alla base delle nuove misure della città di Zhengzhou sarebbe duplice: attrarre talenti da ogni parte del paese, per far fronte a chi migra verso le aree ad alta industrializzazione del Delta del Fiume Yangtze e del Delta del Fiume delle Perle, ma soprattutto attirare nuovi acquirenti per stabilizzare il mercato immobiliare. Come altrove, anche a Zhengzhou lo sviluppo incondizionato degli ultimi decenni ha generato una offerta eccessiva di immobili. Come riporta Sixth Tone, poche settimane fa il governo locale ha chiesto ai costruttori di concludere i progetti incompiuti, dopo che in diverse città i cittadini hanno boicottato il pagamento del mutuo a causa dei ritardi delle imprese edili.

Regno Unito: stretta sugli Istituti Confucio, accordo con Taiwan per l’insegnamento del cinese

Nel Regno Unito, un gruppo di parlamentari di diversa estrazione partitica ha avviato un dialogo con Taiwan per richiedere supporto nell’insegnamento del mandarino nel paese. La nuova proposta prevede un reindirizzamento dei fondi tradizionalmente destinati alle sedi degli Istituti Confucio verso programmi alternativi e la sostituzione dei docenti affiliati al governo cinese con insegnanti provenienti da Taiwan. Secondo l’Observer, il nuovo governo di Liz Truss mirerebbe a eliminare definitivamente le 30 sedi dell’istituto Confucio, anche alla luce delle crescente deterioramento delle relazioni Londra-Pechino.

Il tema dell’insegnamento della lingua cinese ha catalizzato crescente attenzione nel quadro della strategia post-Brexit “Gran Bretagna globale”. Il mese scorso è stato rivelato che annualmente solo 14 funzionari dell’ Ufficio Esteri, Commonwealth e Sviluppo ricevono una formazione adeguata a poter utilizzare fluentemente la lingua cinese. Il dato ha sollevato preoccupazioni sulla preparazione dei diplomatici britannici.

Recentemente, l’operato degli Istituti Confucio è stato messo sotto scrutinio in diversi paesi. Gli Stati Uniti ospitano attualmente diverse scuole che offrono programmi di apprendimento di lingua cinese alternativi a quelli gestiti dagli Istituti Confucio, inaugurate lo scorso anno dall’Overseas Community Affairs Council di Taipei. Già a dicembre 2020, era stato firmato un memorandum d’intesa con Taiwan per espandere l’insegnamento del mandarino.

Secondo Andrew Methven, CEO della società di consulenza britannica Hampton Group, esperto di Cina e creatore di Slow Chinese, una newsletter per l’insegnamento del mandarino, in ogni caso l’esternalizzazione dell’insegnamento della lingua non è una soluzione. L’esperto sostiene un cambiamento più profondo del sistema educativo che preveda una maggiore attenzione nei programmi scolastici alla storia asiatica e al ruolo della Cina in eventi storici come la seconda guerra mondiale.

Weibo e Douban? Meglio Mastodon

Mastodon è un software di micro-blogging open source nato nel 2017 per mano dello sviluppatore tedesco Eugen Rochko come versione decentralizzata di Twitter. E in Cina si sta diffondendo a macchia d’olio. Il 2022 ha registrato una crescita del 50% degli utenti cinesi: 50 mila persone in più che sembrano voler fuggire dall’inasprirsi dei controlli governativi sull’ecosistema dei social network nazionali. Il picco di quest’anno si è registrato a fine aprile, quando le piattaforme hanno iniziato ad applicare una nuova regola che prevede la visualizzazione della posizione degli utenti accanto a post e profili. Si era già registrata una crescita simile nel 2019, dopo l’inasprirsi della censura su Douban.

Secondo uno studente cinese di informatica che al South China Morning Post ha chiesto l’anonimato, i cinesi utilizzano Mastodon con l’intenzione di condividere momenti di vita quotidiana, ma anche di sfogare la propria insoddisfazione politica. Tra i temi più discussi, quelli legati alla violenza di genere, ad esempio quanto successo quest’anno a Tangshan. Ma anche e soprattutto la politica Zero Covid: tra chi critica a man bassa le restrizioni ancora in vigore e chi si limita a utilizzare la piattaforma come valvola di sfogo per raccontare le esperienze tra test Covid infiniti e quarantene. Ma molti utenti temono che la celere diffusione di Mastodon lo renda troppo esposto, come successo con Clubhouse: “Dopo due settimane di libertà e utopia”, come ha commentato un altro utente al SCMP, Clubhouse è stato censurato e nessuno lo ricorda più.

Indonesia: un’università contro il fondamentalismo islamico

Educare musulmani che siano moderati. È la direzione intrapresa dalla Indonesian International Islamic University (IIIU), un campus situato nella città di Depok, nella periferia di Jakarta. A Nikkei Asia il rettore della IIIU Komaruddin Hidayat ha detto che l’università mira a diventare un “polo internazionale” per l’educazione islamica. Ma anche a “rispettare la diversità, senza segregazione di razza o religione”. Le lezioni sono tenute in inglese o in arabo, e i corsi non sono strettamente legati alla Sharia o ad argomenti islamici.

Un programma anti-radicali che non potrebbe far più felice il presidente indonesiano Joko “Jokowi” Widodo, la cui amministrazione mira a reprimere il fondamentalismo islamico dopo la serie di attacchi terroristici vissuti dal paese. Come quello del 2002 a Bali a opera di membri della Jemaah Islamiyah, un gruppo con sede in Indonesia, che ha causato la morte di più di 200 persone. O quello del 2017, quando attentatori suicidi affiliati allo Stato Islamico hanno attaccato una chiesa cattolica e una stazione di polizia a Surabaya, nell’isola di Giava, uccidendo 13 persone.

A cura di Vittoria Mazzieri e Michelle Cabula; ha collaborato Alessandra Colarizi