Thailandia

In Cina e Asia – Elezioni in Thailandia: vince il Move Forward davanti al Pheu Thai

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Elezioni in Thailandia: vince il Move Forward davanti al Pheu Thai
  • L’UE discute la sua strategia sulla Cina e sull’Indo-Pacifico
  • Cittadino americano condannato all’ergastolo per spionaggio
  • Xi spinge sulla strategia Jing-Jin-Ji per la “modernizzazione cinese”
  • Le accuse di un ex dirigente a ByteDance
  • Sempre più lavoratori in Cina cercano un impiego vicino casa

Dalle elezioni in Thailandia è uscito un grande vincitore: il Move Forward. Il partito che promette di riformare il paese, compresa la legge sulla lesa maestà, ha ottenuto a sorpresa il maggior numero di seggi (151), davanti anche al Pheu Thai (141) di Paetongtarn Shinawatra. A Bangkok il Move Forward ha vinto in 32 collegi su 33. Male invece i militari. Il Palang Pracharat (PPRP) e lo United Thai Nation (UTN) dell’attuale primo ministro Prayut Chan-o-cha hanno raccolto rispettivamente 40 e 36 seggi. A fare da ago della bilancia per la formazione o meno di un governo democratico (a cui si aggiungerebbero anche dei partiti minori) sarà probabilmente il Bhumjaithai, formazione di centro guidata dal ministro della Sanità Anutin Charnvirakul, che ha eletto 71 parlamentari. Il risultato a valanga del fronte democratico potrebbe infatti non bastare. I thailandesi hanno votato per eleggere i 500 deputati che comporranno la camera bassa del parlamento, mentre i 250 posti del senato sono a nomina militare, e i senatori possono votare per decidere chi sarà il primo ministro. Di fatto, per formare un esecutivo che non sia legato all’esercito serve una maggioranza di 376 seggi sui 500 della camera. I risultati delle elezioni, per quanto accertati dalla stessa commissione elettorale, non sono ancora ufficiali. La commissione avrà 60 giorni di tempo per pubblicare quelli definitivi. Alla vigilia del voto, in previsione di una grande sconfitta dei militari, si era paventata anche la possibilità di uno scioglimento di Move Forward e Pheu Thai.

Intanto, in conferenza stampa il leader del Move Forward, Pita Limjaroenrat, ha affermato che con il primo posto alle elezioni sarebbe diventato lui il primo ministro. Pita ha inoltre escluso nuovamente l’eventualità di un’alleanza con i militari, paventando una “collaborazione tra gli attuali partiti di opposizione” per “cambiare insieme la Thailandia”. Porte aperte anche al Bhumjaithai. Nelle ultime settimane Pita e i suoi erano dati in rimonta, ma non si pensava che avrebbero potuto impensierire il partito dei Shinawatra. Non si può ancora escludere nessuno scenario, ma nel primo pomeriggio thailandese di lunedì i vertici del Pheu Thai hanno dichiarato in conferenza stampa di aver raggiunto un accordo per formare una coalizione con il Move Forward, al termine di trattative iniziate nella notte. Tra gli altri malissimo il Partito Democratico: dopo aver ottenuto solo 25 seggi, Jurin Laksanawisit (ministro del Commercio) si è dimesso da segretario, secondo il Nikkei Asia. L’affluenza è stata del 75,22%, la più alta di sempre.

L’UE discute la sua strategia sulla Cina e sull’Indo-Pacifico

Nel weekend, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea si sono incontrati a Stoccolma, in Svezia, per discutere della strategia europea sulla Cina in una riunione a porte chiuse. Prima dell’incontro l’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Sicurezza, Josep Borrell, ha dichiarato di aspettarsi che Pechino “utilizzi il suo ruolo e la sua responsabilità” per fare qualcosa riguardo la guerra in Ucraina. “In caso contrario, il nostro rapporto non sarà così buono”, ha detto il funzionario europeo. Borrell ha poi definito “un passo in avanti” la scelta della Cina di mandare un inviato speciale nelle capitali del Vecchio continente per “fermare la guerra”. Si tratta di Li Hui, ex ambasciatore cinese in Russia che oggi (lunedì) ha iniziato il suo viaggio partendo Kiev. Come riportato dal South China Morning Post, Borrell ha detto che la riunione ha confermato il consenso di tutti i membri su un documento che chiede “impegno continuo” con la Repubblica popolare, definita però sempre più “nazionalista e ideologica”. La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha sottolineato che “la rivalità sistemica” della Cina è aumentata sensibilmente, e il suo omologo lituano Gabrielus Lansbergis che bisogna “prepararsi alla possibilità” del disaccoppiamento.

Sempre a Stoccolma si è tenuto il secondo secondo Forum ministeriale sull’Indo-Pacifico dell’Unione Europea. Hanno partecipato circa 60 ministri degli Esteri (ma solo 14 su 27 dell’Unione, riporta il South China Morning Post), compresi quelli di diversi paesi asiatici e del Pacifico, oltre all’ucraino Dmytro Kuleba. “La sicurezza dell’Europa e dell’Indo-Pacifico non possono essere più discusse separatamente”, ha dichiarato il ministro giapponese Yoshimasa Hayashi, aggiungendo che “la Cina sta continuando e intensificando i suoi tentativi di cambiare lo status quo con la forza nel Mar cinese meridionale e orientale”.

Intanto Derek Chollett, consigliere al Dipartimento di Stato americano, ha dichiarato al South China Morning Post che il segretario di Stato statunitense Antony Blinken vorrebbe visitare la Repubblica popolare “nel prossimo futuro”. Le parti hanno discusso di questo viaggio durante il colloquio tra il capo della diplomazia cinese Wang Yi e il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. Chollett ha anche aggiunto però che la Cina è “riluttante” ai faccia a faccia. Blinken avrebbe dovuto visitare la Cina a febbraio, ma il viaggio è stato annullato a seguito dello scontro diplomatico riguardante il presunto pallone-spia cinese che ha sorvolato gli Stati Uniti.

Cittadino americano condannato all’ergastolo per spionaggio

Che il ritorno alla normalità tra le due superpotenze sia lontano lo dimostra la crescente attenzione di Pechino per la sicurezza nazionale. Di stamattina la notizia della condanna all’ergastolo per spionaggio comminata a un cittadino americano: John Shing-wan Leung, 78 anni e residente a Hong Kong, era stato arrestato ad aprile 2021. I dettagli del caso non sono noti, ma la sentenza segue di pochi giorni l’annuncio di un potenziamento della legge antispionaggio che dal 1 luglio riguarderà anche il semplice possesso di documenti concernenti la sicurezza nazionale. Ancora prima di entrare in vigore, l’emendamento ha già innescato diverse indagini a carico di aziende di due diligence attive in settori sensibili. Secondo quanto stabilito dal tribunale di Suzhou, che ha gestito il caso, Leung dovrà pagare anche una multa di 500.000 yuan (71.808 dollari).

Xi Jinping spinge sulla strategia Jing-Jin-Ji per la “modernizzazione cinese”

Jing-Jin-Ji. È il nome di una strategia avviata dalla Cina nel 2014 per spostare le attività non essenziali da Pechino e stabilirle nelle città vicino alla capitale, riducendo il sovraffollamento e i problemi a esso legati come ingorghi e inquinamento. Si chiama così perché Jing sta per Pechino (Beijing 北京), Jin per la metropoli di Tianjin (天津) e Ji (冀) è un altro modo con cui ci si può riferire alla provincia dello Hebei. Proprio a Tianjin e nello Hebei, dove si trova anche la smart city di Xiong’an visitata dal presidente Xi Jinping la scorsa settimana, il governo centrale sta concentrando da nove anni una serie di investimenti volti in particolare allo sviluppo tecnologico delle industrie high tech. Un esempio è la China Electronics Technology Group Corporation, istituto statale di ricerca nel settore dei chip con una filiale a Shijiazhuang. Secondo l’emittente statale CGTN, durante la sua visita nello Hebei alla fine della scorsa settimana Xi ha dichiarato che “la strategia Jing-Jin-Ji coincide con la necessità di sviluppo di alta qualità della Cina nella nuova era”, e che rappresenta uno dei percorsi finalizzati alla “costruzione della modernizzazione cinese”. L’obiettivo è rendere Xiong’an – e non solo – un hub di attrazione dei migliori talenti dell’industria tecnologica, con uno sguardo anche alla “trasformazione verde”.

Le accuse di un ex dirigente a ByteDance

ByteDance, la società cinese proprietaria dell’app Douyin e della sua versione internazionale TikTok, avrebbe perpetrato una “cultura dell’illegalità”. È l’accusa mossa da Yu Yintao, che da agosto 2017 a fine 2018 è stato responsabile di ingegneria per le operazioni statunitensi di ByteDance. Lo scorso venerdì l’ex dirigente ha depositato presso la Corte superiore di San Francisco una denuncia nei confronti dell’operato in quegli anni del colosso cinese. L’uomo ha accusato la società di averlo licenziato “illegittimamente” per le critiche mosse a uno “schema” messo a punto per rubare e trarre profitto dalla proprietà intellettuale di aziende rivali, come Snapchat e Instagram. Secondo Yu il colosso cinese avrebbe creato un esercito di bot per aumentare il coinvolgimento nelle app, e avrebbe anche declassato contenuti pro-Hong Kong o viceversa promosso quello che diffondevano messaggi anti-giapponesi. L’uomo ha anche parlato della presenza del “Comitato”, un’unità speciale di membri del Partito incaricata di “monitorare” le app e far rispettare l’applicazione “dei valori comunisti fondamentali”. Nella denuncia si legge che “il Comitato ha mantenuto un accesso supremo a tutti i dati dell’azienda, anche a quelli archiviati negli Stati Uniti”. ByteDance si è affrettata a rispondere descrivendo le denunce di Yu come “affermazioni e accuse infondate”. Le dichiarazioni giungono in un momento in cui TikTok sta tentando di convincere le autorità statunitensi che il governo cinese non ha alcuna influenza sull’app.

Sempre più lavoratori in Cina cercano un impiego vicino casa

Secondo il rapporto annuale dell’Ufficio nazionale di statistica (NBS),  sempre meno lavoratori cinesi sono disposti a spostarsi per trovare un impiego. Lo scorso anno i cinesi che hanno lasciato le loro province d’origine per lavoro sono stati oltre 70 milioni, in calo dell’1% rispetto a 2021. Il numero di quelli che hanno scelto di restare o ritornare nelle loro province di origine è cresciuto dello 0,9% e ha raggiunto i 101,3 milioni. Numeri che accrescono le preoccupazioni per la carenza di manodopera nel settore manifatturiero. Secondo un approfondimento dello scorso dicembre di International Finance, tale fenomeno è più rilevante nelle regioni costiere: nelle città di Guangzhou e Shanghai si stima l’esistenza di un divario tra il 30 e il 70% tra il numero di lavoratori richiesti e quelli disponibili. In questo scenario paesi come il Vietnam stanno emergendo come hub tecnologici che possano accogliere multinazionali come Apple, Google e Samsung, in cerca di mercati alternativi alla Repubblica popolare.

Secondo i dati statistici, inoltre, il divario tra i salari del settore pubblico e quelli del settore privato è cresciuto al 75%. Nel 2022 lo stipendio medio di un lavoratore urbano di aziende pubbliche è stato di 114.029 yuan (poco meno di 15 mila euro), contro i 65.237 yuan di un dipendente del settore privato. Il comparto più remunerativo resta quello della tecnologia dell’informazione (IT). 

A cura di Vittoria Mazzieri e Francesco Mattogno; ha collaborato Alessandra Colarizi