Go East – Mike Pompeo suona sempre due volte. C’è chi apre, chi aspetta e chi chiude

In Asia Orientale, Cina, Go East, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

L’uragano Pompeo è passato. Almeno per ora, attendendo il risultato delle elezioni presidenziali americane del prossimo 3 novembre. La temuta visita del segretario di Stato Usa, della cui attesa abbiamo parlato a lungo nella scorsa puntata di Go East, è stata un po’ a due (se non a tre) facce: da una parte sono arrivate rassicurazioni dal governo Conte II, dall’altra si è acuita la già nota frattura tra Washington e Santa Sede, come spiega il South China Morning Post. Io qui ho provato a fare un punto della missione di Pompeo (che prima di ripartire ha rilasciato un’intervista al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari), in particolare della prima delle due giornate trascorse a Roma e di quanto è accaduto nell’immediata vigilia con il porto di Trieste (che pareva destinato ai cinesi) finito ai tedeschi del porto di Amburgo (del tema ne ha scritto anche Giorgio Cuscito nel suo Bollettino Imperiale), che doveva essere il rivale con cui competere e invece diventerà il proprietario del 51% dello scalo giuliano.

Merita di essere evidenziato il modo (raffinato) con cui Zeno D’Agostino, presidente dell’autorità portuale di Trieste (recentemente rimesso al suo posto dal Tar dopo un provvedimento dell’Anac che aveva fatto infuriare i lavoratori) ha spiegato la svolta. Lui che era stato anche al China International Import Expo di Shanghai dello scorso anno con Luigi Di Maio, a pochi mesi di distanza dalla firma del MoU con Pechino sulla Belt and Road. “L’intesa con la tedesca Hhla di Amburgo è un’ottima soluzione per non rinunciare alla Via della Seta. Sottolineo Via della Seta e non Belt and Road: il secondo è un progetto cinese, il primo è un corridoio trasportistico deciso dal mercato e non pianificato da nessuno che propone una soluzione europea. In questa, Amburgo e Trieste non sono soggetti passivi come accade quando si entra nella Belt and Road, ma sono soggetti propositivi che accettano la sfida”. Quindi sì alla Via della Seta, no alla Belt and Road.

I dietrologi (?) sostengono che gli sviluppi di Trieste possano essere materia di scambio con il porto di Taranto, che parrebbe nuovamente destinato a realtà cinesi o comunque legate alla Cina, dopo che se n’era già parlato in passato. Su Formiche due letture molto diverse della vicenda: secondo Stefano Cianciotta, l’Ue può e deve evitare che si verifichi un’altra debacle strategica come la vendita del porto del Pireo. “Ma a Taranto esiste davvero un’emergenza sicurezza per gli investimenti cinesi? Perché lo stesso polverone non si è sollevato per Marsiglia, Bilbao, Rotterdam?” si chiede invece Federico Pirro. Sul tema dei porti, secondo la Verità, la Cina “vuole contare molto di più”.

Ma torniamo a Pompeo, che atterrando a Ciampino ha richiamato su Twitter la sua patria “ancestrale”, e all’agenda della sua visita. Conte e Di Maio avrebbero garantito che sul tema del 5G l’Italia sta con gli Usa. Il ministro degli Esteri ha definito la sicurezza delle reti una “priorità assoluta” dell’Italia, cercando comunque di rientrare sotto un ombrello europeo. Un modo per dare corda agli Usa ma anche per prendere tempo, quello di rifarsi a normative condivise a livello comunitario, e nel frattempo sperare che dopo le elezioni americane si possa arrivare a una bonaccia sulle relazioni bilaterali Usa-Cina, con dunque il ritorno di qualche occhio sonnacchioso sugli affari dei paesi considerati alleati da Washington. Speranza che molto difficilmente si concretizzerà, a prescindere se alla Casa Bianca il prossimo gennaio ci sarà ancora Trump oppure ci entrerà Joe Biden. Secondo Daniele Capezzone, una “recita atlantista”. Ma agli occhi del segretario di stato Usa, “il ministro degli Esteri resta l’artefice della Via della Seta”, scrive Valerio Valentini su Il Foglio.

Certo, i tempi sono cambiati da quando, in veste di ministro dello Sviluppo economico, Di Maio firmava l’adesione al memorandum sulla Belt and Road, oppure da quando brindava a prosecco con Xi Jinping (con tanto di maglia azzurra) a Shanghai. Qui il titolare della Farnesina ascolta Pompeo dire che “il Partito comunista cinese sta cercando di sfruttare la propria presenza in Italia per i propri scopi strategici, non sono qui per fare partenariati sinceri”. Di Maio garantisce a Pompeo che “l’Italia è saldamente ancorata agli Usa e all’Ue a cui ci uniscono i valori e gli interessi comuni ai paesi Nato”. E descrive i rapporti bilaterali “eccellenti sotto tutti i profili, e lavoriamo per mantenerli tali”. Ricordando anche l’accordo, annunciato nei giorni scorsi, sul progetto Artemis, con l’Italia che si è allontanata da Pechino per quanto riguarda la cooperazione in materia di spazio, riavvicinandosi in maniera forse decisiva a Washington, completando un percorso cominciato già lo scorso anno (sul tema della competizione spaziale ha scritto Lorenzo Bazzanti per Geopolitica.info). Posto poi anche ai ringraziamenti per “l’attenzione” sul caso Chico Forti e sulla Libia.

Il tutto mentre Huawei organizza, quasi in contemporanea con lo sbarco a Ciampino di Pompeo (“una coincidenza”, l’ha definita il presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchis), una conferenza stampa per presentare l’apertura del suo nuovo laboratorio di cybersecurity di Roma, ribadendo che, nonostante le “pressioni violente” degli Usa, non ha nessuna intenzione di lasciare il nostro paese (qui i dettagli).

“Gli americani per l’ennesima volta hanno messo in mora il governo italiano” e continuano a non fidarsi dei suoi rapporti con Pechino, sostiene Francesco Sisci, intervistato dall’AdnKronos“Che cosa è l’Italia per la Cina? Un alleato politico, una quinta colonna nell’alleanza americana, un flirt politico di passaggio? E’ tutta una situazione confusa che certamente non fa piacere neanche alla Cina in ultima istanza. L’Italia con questa incoscienza politica danneggia se stessa e tutti quelli con cui ha a che fare. Siamo una mina vagante”, attacca il sinologo.

 

SANTA SEDE-CINA

Ma nella lista di cose da fare per Pompeo ce n’era un’altra molto importante: incontrare Papa Francesco e provare a convincerlo a non rinnovare l’accordo sulla nomina dei vescovi con Pechino. L’obiettivo è fallito ancora prima del suo atterraggio. Bergoglio aveva fatto sapere nei giorni precedenti che non lo avrebbe ricevuto, adducendo motivi formali. L’imminenza delle elezioni americane avrebbe infatti sconsigliato al pontefice di ricevere uno degli uomini di Trump, per non rischiare di finire dentro la campagna elettorale. Non solo. La Santa Sede aveva già fatto sapere che il dialogo con Pechino sul rinnovo dell’accordo (qui una scheda di Vatican News sul tema) sarebbe andato avanti, anche dopo un articolo firmato da Pompeo nel quale veniva avvertita del rischio di “perdere” la propria “autorità morale”.

Nonostante questo, non era facile prevedere il livello dello scontro che si è poi consumato tra il rappresentante Usa e il Vaticano, una volta dopo il suo arrivo a Roma. Pompeo ha preso parte a un simposio organizzato dall’ambasciata presso la Santa Sede intitolato: “Fare avanzare e difendere la libertà religiosa internazionale attraverso la diplomazia”. E da quel palco non ha usato mezzi termini: “In nessun luogo oggi la libertà religiosa è sotto attacco più che in Cina”, ha detto Pompeo, che ha citato la questione degli uiguri, aggiungendo che i cinesi “non risparmiano certo i cattolici” e ha parlato di chiese “dissacrate e distrutte”, laici e religiosi arrestati. “Gli stati fanno compromessi, la chiesa segue la verità eterna”, ha detto ancora Pompeo. Non è mancata anche una punzecchiatura diretta a Bergoglio, quando il segretario di Stato Usa ha chiesto di prendere a esempio Giovanni Paolo II, il quale “seppe assumersi il rischio di difendere la libertà”.

Come prevedibile, i rappresentanti di Pechino hanno reagito. L’ambasciata cinese a Roma ha rilasciato una nota di biasimo per lo “show” di Pompeo in cui si parla di “diffamazione” e “calunnie”.

Ma anche i rappresentanti della Santa Sede non hanno ascoltato in silenzio. Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, è stato il più duro, rispondendo in maniera affermativa a una domanda su una possibile strumentalizzazione del Papa. “Sì, e questa è proprio una delle ragioni per cui il Papa non incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo”, aggiungendo una critica a chi ha organizzato il simposio, vale a dire l’ambasciata Usa: “Posso dire questo: normalmente quando si preparano le visite a così alti livelli di ufficialità si negozia l’agenda in privato e confidenzialmente. E’ una delle regole della diplomazia dando la possibilità a entrambi di definire il simposio non dando le cose per fatte”.

Pietro Parolin (grande fautore dell’accordo sui vescovi con la Cina), ha commentato così i suoi sentimenti di fronte alle parole di Pompeo: “”Irritazione non direi, sorpresa sì per questa uscita che non ci aspettavamo anche se conosciamo bene da molto tempo la posizione di Trump e del segretario Pompeo in particolare”. Elaborando: “Sorpresa  perché era già in previsione una visita a Roma in cui Pompeo avrebbe incontrato dei vertici della Santa Sede, e ci sembrava quella la sede più opportuna e più adatta per parlare di queste cose”.

Il giorno successivo è andato un secondo round più pacifico alla Comunità di Sant’Egidio, nel quale si sarebbe parlato di “libertà religiosa ma non di Cina”. I rapporti appaiono comunque ai minimi termini, con diversi media come Il Foglio e il Corriere della Sera che parlano di “guerra fredda” tra Santa Sede e Pechino.

E il rinnovo dell’accordo sulla nomina dei vescovi, come ampiamente preannunciato, andrà avanti. L’ultima conferma arriva ancora una volta da Parolin, che lo ha definito “solo un punto di partenza”, che ha portato alcuni risultati: perché “il dialogo possa dare frutti più consistenti è necessario continuarlo”, ha detto il cardinale al convegno organizzato a Milano dal Centro missionario PIME sul tema “Un’altra Cina. Tempo di crisi, tempo di cambiamento”. Parolin ha ribadito quanto già scritto dal cardinale Giovanni Battista Re, e cioè che Benedetto XVI aveva approvato il progetto di accordo sulla nomina dei vescovi che soltanto nel 2018 è stato possibile firmare.

Avvenire ribadisce il carattere pastorale dell’intesa. Lawrence Chris Reardon, professore all’Università del New Hampshire, spiega che l’accordo “serve a entrambi”.

Nel frattempo, il cardinale Zen ha fatto ritorno a Hong Kong dopo non essere riuscito a incontrare Bergoglio. Nei giorni precedenti aveva chiesto di far prevalere la fede sulla politica. Zen è il capofila di quel porporato che, scrive la Verità, “resiste al Dragone” ma viene “snobbato”.

Tutta la vicenda, tra Santa Sede e dissidenti, è stata riepilogata da Matteo Matzuzzi nella sua newsletter Newman.

 

ALTRE COSE “POLITICHE”

Come ovvio, l’opposizione di centrodestra ha elogiato Mike Pompeo e ha criticato il governo italiano. Ecco una rapida carrellata tra Massimiliano Capitanio (Lega), Marco Dreosto (sempre Lega).  Anna Maria Bernini di Forza Italia se la prende con le “ambiguità” del governo, mentre Maurizio Gasparri definisce l’esecutivo “un deprecabile cameriere di Pechino”. Antonio Tajani sostiene che non si possano cedere i “nostri dati alla Cina”.

David Sassoli, presidente del Parlamento Ue, rivolgendosi ai capi di Stato e di governo durante il Consiglio europeo straordinario ha dichiarato: “Comprendiamo l aspirazione della Cina a diventare un leader globale, ma questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso il rispetto dell ordine basato sulle regole e l adesione ai valori e ai principi democratici”.

Il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, parla del “processo messo in campo da Salvini per denunciare i danni creati dal governo Salvini”, tra cui cita anche l’adesione alla Belt and Road.

Secondo la Verità, un’eventuale amministrazione Biden nominerebbe Matteo Renzi segretario della Nato.

A proposito di 5G, Raffaele Barberio scrive su key4biz che la guerra tech Usa-Cina danneggia tutti e che l’Europa dovrebbe provare a sfilarsi, mentre secondo la Verità il nuovo rischio sarebbero i dazi europei sulle tlc del Dragone. Sempre secondo il quotidiano di Maurizio Belpietro, ci sarebbe la Cina “dietro” la banda larga statale.

Angela Merkel, intanto, starebbe pensando a un graduale ban per Huawei. E Keith Krach, numero due di Pompeo (ancora lui), chiede all’Italia di seguire l’esempio di Tim.

In materia di 5G, consiglio però di leggersi soprattutto Francesca Ghiretti. 

Nel frattempo, è uscito il report del Pew Research Center sulle opinioni globali sulla Cina post pandemia. Come recita il titolo, in molti paesi si è raggiunto l’apice della considerazione negativa nei confronti di Pechino, spinti anche dal clima di contrapposizione degli ultimi mesi. Come Giulia Pompili sottolinea su Twitter “l’Italia è l’unico paese dove tutto sommato l’idea che abbiamo sulla Cina si è spostata poco”. Per il 57 per cento degli italiani la Cina è l’economia più influente del mondo. Per il 51 per cento, invece, la Cina ha fatto tutto sommato un buon lavoro nel gestire il coronavirus.

 

IL DIBATTITO? Sì, GRAZIE. MEDIA, ACCADEMIA, SINOITALIANI

Nelle scorse due puntate di Go East abbiamo parlato molto di come i sinologi italiani si stiano interrogando sul contributo possibile per alimentare un dibattito pubblico più consapevole sulla Cina in Italia. A questo proposito va letto il fondamentale intervento di Marco Fumian su Sinosfere, che abbiamo riproposto anche su China Files.

Sui media italiani torna intanto la teoria del complotto con la virologa cinese Li-Meng Yan, che in un’intervista a la Verità ribadisce che il virus sarebbe stato “manipolato in Cina per colpire il mondo”. A tal proposito, rimando al fact checking di Valigia Blu.

La corrispondente Rai da Pechino, Giovanna Botteri, ha raccontato i giorni del lockdown e ha espresso la volontà di riavvicinarsi “a casa”.

Dopo il DataRoom della scorsa settimana, Milena Gabanelli ha concesso il bis, occupandosi sempre della Cina in un modo molto criticato da chi si occupa costantemente dell’argomento. Un approccio un po’ da bianco e nero che non sembra andare nella direzione di un innalzamento del livello del dibattito pubblico tale magari anche da garantire strumenti migliori atti a formare una visione strategica dei rapporti con Pechino.

Di quel dibattito dovrebbero fare maggiormente parte anche gli esponenti della comunità sinoitaliana. Cinesi che vivono in Italia e italiani con origini cinesi. Su China Files stiamo dando spazio (con grande soddisfazione) ad alcune di queste voci. Dopo il primo contributo di Angelo Ou sul suo libro “L’altra metà del cielo”, è stata la volta di Jada Bai, coordinatrice dei corsi di lingua cinese e organizzatrice di eventi culturali presso la Scuola di Formazione Permanente della Fondazione Italia Cina, che ha raccontato il significato della figura di Mulan (al di là del film della Disney) agli occhi della comunità sinoitaliana. Abbiamo poi pubblicato due estratti del volume “Noi restiamo qui” di Cina in Italia, che raccoglie 22 testimonianze di cinesi e sinoitaliani: il primo a cura di Hu Lanbo, scrittrice e direttore di Cina in Italia, il secondo di Shi Yangshi, noto interprete e attore. Nei prossimi giorni, ci sarà spazio anche per altre voci.

Intanto, è nato European Guanxi, un progetto ideato da 14 giovani da tutta Europa che vogliono impegnarsi nell’implementare e a contribuire al dialogo tra l’Unione Europea e la Cina. Del progetto fanno parte anche dei giovani italiani, Alessia Paolillo e Ilaria Tassari.

 

RELAZIONI ECONOMICHE

Il rapporto sull’economia cinese curato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo rivede al rialzo le previsioni di crescita del PIL, da 1% a/a a 2,1% a/a nel 2020, mantenendo invariata la riaccelerazione a 7,6% a/a nel 2021.

In questa speciale contingenza, la sensazione è che l’accordo sugli investimenti lo voglia più la Cina che non l’Unione europea. Sensazione acuita dalle mosse di Pechino in direzione di un’apertura del mercato per attrarre attori del Vecchio Continente.

Huawei ha sfilato alla Milano Fashion Week, in occasione di un evento nella centralissima Brera, con le modelle di Francesca Liberatore.

CULTI Milano S.p.A., società quotata sul mercato AIM di Borsa Italiana e specializzata nella produzione e distribuzione di profumi e personal care, è sbarcata su TMall.

 

NON SOLO CINA

Giappone

Molti spunti interessanti sulle prospettive del Giappone di Suga Yoshihide durante il breakfast briefing organizzato da ISPI, che ha pubblicato anche un corposo dossier sul paese del Sol Levante. Sotto la guida di Axel Berkofsky, sono intervenuti Corrado Molteni (Università degli Studi di Milano e senior advisor dell’osservatorio Asia ISPI) e Marco Chirullo (vice capo negoziatore dell’accordo Ue/Giappone). Il primo ha raccontato le modalità della nomina di Suga e le possibili innovazioni che potrà portare il nuovo primo ministro, per esempio su digitalizzazione e burocrazia, e ha analizzato i possibili flashpoint nel rapporto con la Cina, in primis Taiwan e le isole Senkaku/Diaoyu. Il secondo ha invece evidenziato le nuove opportunità commerciali createsi dopo l’accordo di libero scambio tra Bruxelles e Tokyo.

FIMER, società di Vimercate che, dopo aver acquisito la divisione solare di ABB è diventato quarto produttore al mondo nel fotovoltaico, ha aperto una nuova sede in Giappone. L’ufficio è situato a Shinagawa, quartiere d’affari di Tokyo.

Antonio Marras, direttore creativo dell’etichetta Kenzo dal 2003 al 2011, ha ricordato Takada Kenzo. Marras ha definito il grande designer, morto nei giorni scorsi a Parigi, un “giapponese napoletano”.

Il sindaco di Pianopoli (Calabria) ha ricevuto nel palazzo comunale lo chef Simone Cantafio che dirige, da cinque anni, a Toya nell’isola di Hokkaido, il ristorante dei maestri francesi Michel e Sébastien Bras e, sempre in Giappone, a Karuizawa sta per aprire un nuovo locale disegnato dall’archistar Kengo Kuma che avrà l’insegna Bras-Cantafio. 

Cristina D’Avena, voce storica di tante sigle di cartoni animati nipponici, ha raccontato in un’intervista il suo rapporto con il Giappone e la sua collaborazione con l’Ente Nazionale del Turismo Giapponese.

Taiwan

L’ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee, rappresentante di Taipei in Italia, è stato in visita a Perugia, dove ha incontrato gli assessori al Turismo e sviluppo economico Gabriele Giottoli e al commercio Clara Pastorelli. L’incontro è stato promosso dall’associazione I Lov’Italy, che comprende piccole e medie realtà produttive, unite dalla volontà di realizzare una promozione condivisa delle eccellenze enogastronomiche del made in Italy. Lo stesso Lee ha rilasciato un’intervista al portale Difesa Online.

L’ufficio italiano di promozione economica, commerciale e culturale a Taipei ha pubblicato il libro “Italia-Taiwan 1950-2020”, a cura di Stefano Pelaggi, sulla storia delle relazioni bilaterali diplomatiche e commerciali.

Avanti! ha intervistato Giacomo Spinelli, direttore di Flowers of Taiwan, lo spin-off di Asiatica Film Festival interamente dedicato al cinema taiwanese.

Coree

Un rapporto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu chiama in causa la Juventus, nello specifico Han Kwang Song. Il trasferimento dell’attaccante nordcoreano dai bianconeri alla squadra qatariota Al Duhail nel gennaio 2020 viene citato come esempio di trasferimento di un lavoratore professionista da un paese all’altro che doveva essere annullato perché non consentito: secondo quanto stabilito dalle sanzioni nei confronti di Pyongyang, infatti, gli Stati membri avrebbero dovuto rimpatriare i lavoratori nordcoreani entro dicembre 2019.

Secondo un deputato del paramento sudcoreano, l’ex ambasciatore nordcoreano ad interim in Italia scomparso con la moglie nel 2018, sarebbe sano e salvo a Seul. Da circa un anno Jo Song Gil si troverebbe sotto la protezione del governo sudcoreano, versione che collima con quanto sostenuto da fonti dell’agenzia Yonhap. Se la defezione fosse confermata, il diplomatico sarebbe il funzionario di rango più elevato ad essere fuggito al Sud dalla diserzione di  Hwang Jang-yop, ex segretario del Partito dei Lavoratori scappato nel 1997 a Seul attraverso l’ambasciata sudcoreana di Pechino.

Asean

Riccardo Barbin ha studiato il valore delle relazioni tra l’Italia e i dieci paesi dell’Asean, l’associazione delle nazioni del Sud-est asiatico. “Secondo i dati del Segretariato generale dell’ASEAN, dal 2009 al 2019 le esportazioni italiane verso i paesi ASEAN sono passate da 7,14 a 13,29 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono passate da 5,27 a 9,65 miliardi di dollari. Se l’Italia esporta soprattutto macchinari e prodotti chimici, i paesi ASEAN esportano in Italia principalmente computer, prodotti elettronici e alimentari. Nonostante la crescita, il volume degli scambi tra Italia e ASEAN resta però ancora basso, soprattutto se lo si paragona ad altri paesi europei. Il blocco ASEAN è infatti il 14° partner commerciale dell’Italia in termini di export, import e investimenti diretti esteri, mentre l’Italia è oltre il 20° posto tra i partner dell’ASEAN”.

Di spazio per migliorare, dunque, ce n’è tanto. Ed è proprio l’obiettivo di Associazione Italia-ASEAN, che nasce appunto con l’obiettivo di rafforzare il dialogo, la conoscenza e gli scambi tra il nostro Paese e quelli dell’Asean.

Ricordo che China Files ospita ogni settimana una rubrica, Mondo Asean (qui l’ultima puntata), a cura dell’Associazione presieduta da Enrico Letta. Io, invece, ho parlato con il suo direttore Valerio Bordonaro in un pezzo sui rapporti tra Giappone e Sud-est.

In Thailandia, dal 16 al 25 ottobre è in programma a Bangkok una retrospettiva dei film di Federico Fellini, nel centenario della nascita del grande regista.

 

SPAZIO KATANE

Gli appassionati di Asia conosceranno già Katane, la newsletter di Giulia Pompili che da molto tempo ci informa sulle notizie da Asia e Pacifico (chi non è ancora iscritto può porre rimedio qui). Dalla puntata dello scorso venerdì andiamo a vedere come è stata accolta in Cina la notizia della positività di Donald Trump al coronavirus e l’avvicinamento (anticinese) alle elezioni americane del 3 novembre.

La notizia di Trump e Melania positivi al Covid ha infiammato ovviamente sui social i nazionalisti cinesi. Non sappiamo ancora se la macchina della propaganda cinese userà questa notizia, ma la mia personalissima idea è che: no. Per un punto: l’immagine che il presidente Xi Jinping vuole dare di sé è quella del leader responsabile che ha gestito bene la pandemia (e insomma, non si è nemmeno infettato, ecco). Online magari si troveranno quelli, come Hu Xijin, che ne fanno una questione politica, ma ai piani alti non succederà.  

Dal lato americano qualcuno si sta già muovendo. La repubblicana di ferro DeAnna Lorraine, che è un po’ il termometro dei complottari di terz’ordine anticinesi, dice su twitter che la Cina deve pagare per quel che ha fatto al presidente. 

Nel frattempo c’è stato il primo dibattito tra candidati alla presidenza americana, e di Cina si è parlato pochissimo. O meglio, Trump e Biden sembrano aver giocato a chi è più anticinese. Trump ha usato il palco per accusare ancora una volta la Cina di essere la causa della pandemia, e poi ha fatto riferimento agli “affari” del figlio di Biden, Hunter, con Pechino (Hunter Biden è accusato di essere stato “favorito” dalla posizione di vicepresidente del padre, accuse mai dimostrate). Non è stato un bello spettacolo, considerato poi che il candidato democratico non si è difeso granché bene sul tema Cina. Per quanto riguarda la politica estera di Biden avremmo bisogno dei prossimi dibattiti (sempre che si facciano) per capire cosa pensa davvero delle relazioni con Pechino. Questa confusione la racconta bene Kimberly Dozier sul Time. Josh Rogin sul Washington Post dice che il dibattito è la dimostrazione di quanto sia sgrammaticata la nostra narrazione sulla Cina (e se lo è quello americano, figuriamoci il nostro). Il caos del primo dibattito presidenziale è stata un’occasione, per i falchi cinesi, di accusare il sistema americano. 

Nel frattempo, il profilo twitter dell’ambasciata americana in Cina – quindi il dipartimento di stato, quindi Mike Pompeo – è diventato un’accusa continua per ogni male del mondo contro Pechino.  E’ una strategia chiara quella di Washington, dare voce ai falchi anticinesi, ma funzionerà questa polarizzazione a un mese dalle elezioni? 

 

AGENDA E LETTURE

L’8 ottobre Assolombarda organizza un  webinar in collaborazione con l’Associazione Italia Asean per presentare le opportunità offerte dal mercato vietnamita anche alla luce dell’Accordo di Libero Scambio con l’UE (EVFTA), in vigore dal 1 agosto 2020.

In occasione della 15° edizione del Milano Photofestival, AD-Gallery presenta la mostra “Nadeshiko – il sottile fascino delle donne giapponesi” di Flavio Gallozzi. Inaugurazione, alla presenza dell’artista, giovedì 8 ottobre alle 18.

“Festival Seta: Dialoghi sulla Cina contemporanea” è in programma il 9 e il 10 ottobre negli spazi del Museo del Tessuto e di Officina Giovani di Prato. L’iniziativa è patrocinata dal Comune, curata dall’Associazione Orientiamoci in Cina e vede come promotore la Cassa di Risparmio di Prato.

Sabato 10 ottobre a Bologna doppio appuntamento nel ciclo di incontri “Pianeta Cina“, organizzato dalla fondazione Claudio Sabattini e dall’Associazione Il Manifesto in Rete. Dalle 10,30 alle 13 si parlerà di imprese, mercati, lavoro e politica con Gianni Rinaldini, Vincenzo Comito, Simone Pieranni (autore di “Red Mirror“, che ha rilasciato una bella intervista a Fondazione Leonardo) e Alberto Gabriele. Dalle 14,30 alle 17,30 si diiscute invece della Cina di Angela Pascucci e del Manifesto. Con Loris Campetti, Gaia Perini, Federico Picerni, Sabrina Ardizzoni e, nuovamente, Simone Pieranni.

Segnaliamo due workshop di Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili: il 10 ottobre Xilografia giapponese su tessuto Mokuhanga Lab, a cura di Asako Hishiki, finalizzato ad apprendere i principi della xilografica giapponese mokuhanga. Sabato 17 ottobre, invece, verranno proposte alcune pratiche di sperimentazione artistica sulla cenere insieme a Federica De Luca.

Fino all’11 ottobre è visitabile a Palazzo Reale di Milano la mostra “Out of the Blue” sulla calligrafia cinese. In Out of the Blue sei affermati artisti cinesi – Qin Feng, Qu Lei Lei, Sun Xun, Mao Lizi, Zhang Chun Hong, Wang Huangsheng – combinando la millenaria tradizione del loro passato con le tecnologie più moderne, si sono lasciati ispirare dalla specificità di un unico medium e hanno approfondito Alcantara® (materiale per arte e desisgn) in ogni sua declinazione e potenzialità attraverso opere che offrono una trasversalità di letture spaziando dalla classicità al contemporaneo.

A partire dal mese di ottobre si terrà un ciclo di incontri organizzati dall’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano, in occasione del cinquantenario delle relazioni diplomatiche Italia-Cina. Il primo si terrà online martedì 13 ottobre alle 17 sul canale YouTube dell’Istituto: “La Cina e Il Ponte – sessantacinque anni dopo”. 

Il 15 ottobre scadono le iscrizioni al programma Issues on China: innovation, society and culture della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa.

Il 16 e 17 ottobre in programma il Crash Course “La potenza del dragone” del Centro Studi Geopolitica.info. Tra i docenti Simone Dossi di Twai, Andrea Gilli del NATO Defense College, Lorenzo Termine e Stefano Pelaggi.

Ad agosto è uscito in formato cartaceo e digitale “Semi di tè”, un libro di Lala Hu in cui si raccontano le esperienze dei sinoitaliani nell’affrontare l’emergenza pandemica. China Files ne ha pubblicato un estratto.

Il numero settembre/ottobre della rivista “Il Ponte” ripercorre, con una selezione di testi, storici e attuali, i 65 anni di rapporti diplomatici tra Italia e Cina. Qui un pezzo di presentazione su Il Manifesto.

Di Lorenzo Lamperti*

**Giornalista responsabile della sezione “Esteri” del quotidiano online Affaritaliani.it. Si occupa di politica internazionale, con particolare attenzione per le dinamiche geopolitiche di Cina e Asia orientale, anche in relazione all’Italia