Thailandia – Bangkok affonda

In by Gabriele Battaglia

Tra 15 anni le immagini delle alluvioni e delle inondazioni di Bangkok del 2011 potrebbero essere la normalità. Entro il 2030 la capitale thailandese potrebbe infatti sprofondare ed essere sommersa dall’acqua. Se non tutta la città, almeno parti di essa e della regione circostante. Le evidenze sul destino della metropoli emergono da uno studio commissionato dal governo e presentato nelle scorse settimane da un comitato del Consiglio nazionale per le riforme.

Bangkok, è la conclusione cui è giunto il team di esperti governativi, sta di fatto sprofondando sotto il suo stesso peso. Le alte costruzioni che spuntano con sempre maggiore frequenza e le linee ferroviarie elettriche stanno contribuendo a questo fenomeno.

"Ci sono almeno 700 edifici con più di 20 piani e oltre 4 mila tra gli otto e i 20. Questa è una delle ragioni che potrebbero portare la città a essere sommersa in un futuro prossimo", ha spiegato Witthaya Kulsomboon, a capo del comitato di esperti, citato dal Bangkok Post.

L’analisi va oltre le ragioni di mero sviluppo urbanistico. La metropoli e le province vicine sono poco sopra il livello del mare, si parla di un’altitudine compresa tra 0,5 e 2 metri. Lo sfruttamento delle falde acquifere sottostanti sta contribuendo a deprimere ulteriormente il terreno.

Quando l’acqua è pompata a ritmi troppo serrati senza che sia dato il tempo necessario affinché quella utilizzata sia sostituita, la terra sovrastante tende a calare.

Già nei giorni delle alluvioni del 2011 furono lanciati allarmi sui rischi che corre la capitale thailandese. Le inondazioni furono il primo banco di prova per l’allora appena eletta Yingluck Shinawatra, deposta dal governo un anno fa, pochi giorni prima del golpe militare guidato dall’attuale primo ministro Prayuth Chan-ocha.

Tra le ragioni del possibile inabissamento ci sono anche quelle demografiche. Oltre 10 milioni di persone vivono nella metropoli o nei sobborghi. E mentre i grattacieli svettano verso l’alto, il suolo cede di centimetro in centimetro. Di contro si alza il livello delle acque del Golfo della Thailandia.

Un recente editoriale del quotidiano The Nation tira in ballo anche le responsabilità della politica. Le condizioni della periferia orientale della città, di poco sollevata rispetto al livello del mare e soggetta a inondazioni, avrebbero infatti sconsigliato di costruire nell’area.

Speculazione e corruzione hanno tuttavia contribuito al danno. Prima costruendo abitazioni e fabbriche e poi regolarizzando il tutto con sanatorie. A questi fattori si aggiungono le turbolenze politiche che hanno caratterizzato la Thailandia nell’ultimo decennio.

Almeno dal 2006 il Paese è stato polarizzato, spaccato tra i sostenitori della monarchia e delle vecchie élite da una parte e dall’altra le classi emergenti e delle zone rurali, sostenitori della famiglia Shinawatra, prima con Thaksin poi con la sorella Yingluck, entrambi deposti da un colpo di Stato.

Le tensioni e le proteste continue hanno rallentato i lavori di messa in sicurezza della città e il rafforzamento delle protezioni contro l’avanzare delle acque.

Secondo il calcolo di un componente delle commissione, citato dalla stampa locale, per le fortificazioni urgenti servirebbero almeno 500 miliardi di baht, pari a circa 14 miliardi di dollari. Gli esperti hanno esortato il governo del generale Prayuth ad agire velocemente. Tra le soluzioni non si esclude neppure di spostare altrove la capitale, o quanto meno di ricollocare da qualche altra parte business, politica e cittadini.

"Una soluzione potrebbe essere spostare la capitale a un’altezza maggiore, lasciando che Bangkok sia inghiottita", scrive sempre The Nation. "Per quanto possa sembrare allarmante è uno scenario che ci si può prospettare. La combinazione di riscaldamento globale, deforestazione, graduale inabissamento delle città e carenze nella prevenzione delle inondazioni stanno segnando il nostro destino. Finché non si farà nulla, potrà andare soltanto peggio".

Il quotidiano lancia però anche una soluzione a lungo termine: riprendere le fila del cosiddetto progetto Chao Phraya 2. Vale a dire far correre un canale parallelo al fiume Chao Phraya, che scarichi l’acqua in mare senza passare per la città. Anche le acque in eccesso nella metropoli potrebbero essere incanalate nelle stesso progetto, di fatto deviandole altrove. 

[Scritto per Lettera43; foto credit: theatlantic.com]