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Più collaborazione militare sul menu di Biden e Yoon

In Asia Orientale, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

Continua la visita asiatica di Biden per il Quad: martedì chiederà conto all’India della sua posizione neutrale con la Russia

Kimchi, bibimbap e tè freddo alla prugna. La tradizione, durante la visita di Joe Biden a Seul, è stata rispettata. Quantomeno a tavola, con la cena di stato offerta da Yoon Suk-yeol presso il Museo nazionale. Se il menù del pasto ha avuto il classico cavolo fermentato come piatto forte, quello del bilaterale tra i due presidenti di Stati uniti e Corea del Sud ha avuto come portata principale il rafforzamento della cooperazione militare. I due leader hanno annunciato l’estensione delle esercitazioni congiunte e Biden si è impegnato a difendere «in modo tempestivo» Seul. Se necessario, con armi nucleari.

È STATA CHIESTA la «denuclearizzazione completa della penisola coreana», definendo i ripetuti recenti test di Pyongyang una «grave minaccia». Allo stesso tempo, Biden si è detto disponibile a incontrare Kim Jong-un, ma «dipenderà dalla sua sincerità e serietà». Lo stesso Yoon, smussando gli angoli di una campagna elettorale giocata nel ruolo di falco, ha garantito che incoraggerà «il dialogo e la cooperazione». Citando un piano di aiuti umanitari per sostenere i vicini alle prese con una grave ondata di Covid-19. I segnali non sono però dei migliori. Biden sostiene di aver offerto dei vaccini a Pyongyang, senza aver ricevuto risposta. Il Dipartimento di Stato americano ha ammesso che il rischio di un test balistico (o persino atomico) in concomitanza col tour asiatico di Biden sia reale.
Fonti statunitensi hanno spiegato che l’obiettivo (dato per raggiunto) di Biden era soprattutto quello di stabilire una «forte relazione personale» con Yoon. Lontani i tempi delle frizioni tra Donald Trump e il democratico Moon Jae-in, col primo che chiedeva un aumento delle spese militari fino al 400% (perché «la Corea del Sud è un paese ricco e può spendere») e il secondo che ha cercato fino all’ultimo giorno di mandato a riavviare il dialogo con Pyongyang facendo leva anche sui positivi rapporti con la Cina.

FINO A QUALCHE tempo fa, Seul era considerata l’anello debole della strategia asiatica di Washington. Con l’arrivo del conservatore Yoon molto pare cambiato. I toni delle dichiarazioni pubbliche e del comunicato congiunto non hanno comunque archiviato la tradizionale cautela di Seul, soprattutto sui rapporti con Pechino. Nel documento finale si leggono le formule utilizzate durante la visita di Moon alla Casa bianca nella primavera del 2021, a partire dall’impegno per un Indo-Pacifico «libero e aperto». Ribadita anche l’importanza «di preservare pace e stabilità nello stretto di Taiwan». Ma è ciò che sta fra le righe a inquietare Pechino, che leggendo dell’estensione della cooperazione e delle esercitazioni militari congiunte s’immagina il raddoppio delle batterie Thaad, il sistema antimissile americano al centro di una grave crisi diplomatica nel 2017.

Alla tappa coreana Biden ha dato anche un’impronta commerciale. Dopo l’incontro con Yoon alla fabbrica di semiconduttori Samsung ha parlato col presidente della Hyundai Motor Group, il colosso automobilistico che di recente ha investito in Georgia sui veicoli elettrici. D’altronde, proprio ieri Biden ha potuto citare la proiezione di Bloomberg secondo la quale alla fine del 2022 la crescita media del pil degli Usa sarà maggiore rispetto a quella della Cina per la prima volta dal 1976. Il tasto commerciale è quello che i partner asiatici chiedono a Biden di premere con maggiore convinzione.

Dopo gli incontri col premier giapponese Fumio Kishida e l’imperatore Naruhito, il presidente americano lancerà ufficialmente l’Indo-Pacific Economic Framework. Piano sul quale non è ancora chiara l’intenzione o meno di partecipare dell’India. Martedì, al summit del Quad, Biden chiederà conto a Narendra Modi della linea sull’invasione russa dell’Ucraina. Nuova Delhi ha mantenuto una classica posizione neutrale, motivata anche dal forte e storico import di armi da Mosca. E, anzi, ha proseguito nell’acquisto di petrolio lavorando alla costruzione di un meccanismo di scambio rupie-rubli. Ma il Pentagono continua a ritenere l’India la chiave della sua strategia di bilanciamento della Cina in Asia. Tra i due giganti regionali continuano a esserci tensioni commerciali, come dimostra il sequestro di beni a Xiaomi in India, e militare, con 6 divisioni dell’esercito indiano spostate dal confine col Pakistan a quello (conteso) con Pechino. Nuova Delhi spinge per l’implementazione dell’agenda commerciale, tecnologica e sanitaria del Quad, che la Cina ormai percepisce irrimediabilmente (insieme ad Aukus) come un tentativo di Nato asiatica. Qualche incognita sull’ultimo componente della piattaforma quadrilaterale, l’Australia. Dopo le elezioni di ieri, a Tokyo non si presenterà Scott Morrison, ma il nuovo premier in pectore Anthony Albanese. Un nuovo attore per una sceneggiatura ancora da scrivere.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il manifesto