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In Cina e Asia – Biden: “Gli Usa pronti a proteggere militarmente Taiwan”

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

I titoli di oggi:

  • Biden: “Gli Usa pronti a proteggere militarmente Taiwan”
  • Covid: Shanghai riapre alcune linee della metro
  • Per la prima volta dal ’76, la crescita americana potrebbe sorpassare quella cinese
  • Dopo le isole Salomone, Pechino si avvicina a Kiribati

 

“L’alleanza USA-Giappone è stata a lungo la pietra angolare della pace e della prosperità nell’Indo-Pacifico e gli Stati Uniti rimangono pienamente impegnati nella difesa del Giappone”. Con queste parole Joe Biden ha riaffermato la centralità del Sol Levante nella strategia regionale di Washington. L’inquilino della Casa Bianca è arrivato ieri a Tokyo, seconda tappa del tour asiatico che lo ha visto negli scorsi giorni in Corea del Sud. Secondo il comunicato della Casa Bianca, Biden ha approvato il piano del Giappone di rafforzare le sue capacità difensive attraverso un aumento della spesa militare e un ruolo più assertivo delle forze di autodifesa. Nonostante le aspettative per un maggior impegno economico, al momento la sicurezza continua a rappresentare la parola chiave della trasferta asiatica. Su tutto prevale la preoccupazione che la politica estera muscolare di Pechino trascini i paesi vicini in guerra. Soprattutto in caso di un’invasione di Taiwan. Interpellato in merito a un possibile ruolo americano al fianco di Taipei, Biden ha affermato che “si, questo è l’impegno che ci siamo presi”. E’ almeno la seconda volta in pochi mesi che il presidente statunitense mette in dubbio la storica “ambiguità strategica“. 

La Cina non è l’unica minaccia nello scacchiere indo-pacifico. Mentre era a Seul, il presidente americano si è detto “pronto a tutto” per contrastare ogni eventuale minaccia proveniente da Pyongyang. Se Trump si era dimostrato amichevole e aperto al dialogo, Biden ha deciso di visitare Osan, dove le truppe statunitensi e sudcoreane collaborano nel mantenere la sicurezza nella penisola coreana. Scommette sull’allineamento Seul-Washington anche il leader sudcoreano Yoon Suk-Yeol, che ha dichiarato di voler spostare le relazioni tra i due paesi “oltre i problemi di sicurezza” con la Corea del Nord.

Per approfondire le relazioni con Seul, Biden non si è fatto mancare un mega accordo con Hyundai. L’azienda coreana spenderà altri 5 miliardi di dollari in intelligenza artificiale per veicoli autonomi e altre tecnologie negli Stati Uniti. Biden vede la cooperazione economica come una priorità per le relazioni con la Corea del Sud, con l’obiettivo di rafforzare le catene di approvvigionamento, proteggendole dagli shock per dare alle due economie un vantaggio competitivo. La pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina a febbraio hanno infatti costretto gli USA a ripensare la sicurezza nazionale e le alleanze economiche, necessarie per assicurare l’approvvigionamento di chip per computer, automobili e altri beni strategici.

L’incontro di Biden con il CEO di Hyundai arriva infatti dopo una sosta in un impianto di chip per computer gestito da Samsung, il colosso coreano dell’elettronica. Mentre la fabbrica di Hyundai in Georgia dovrebbe impiegare 8.100 lavoratori e produrre fino a 300.000 veicoli all’anno a partire dal 2025, Samsung prevede di costruire un impianto di produzione da 17 miliardi di dollari in Texas.

Covid: Shanghai riapre alcune linee della metro

Dopo quasi due mesi di chiusura, ieri a Shanghai hanno riaperto 4 delle 20 linee di metropolitana e 273 linee di autobus. Alcune arterie avevano chiuso a fine marzo, altre più tardi, ma il servizio era rimasto sporadico e limitato ad un numero esiguo di fermate. La città di 25 milioni di abitanti prevede di revocare il lockdown in tutta la città e di tornare a una vita più normale dal 1 giugno, ma fino ad allora la maggior parte delle restrizioni ai movimenti rimarranno in vigore.

A tutti i passeggeri è ora richiesto di indossare mascherine di protezione, evitare assembramenti sui mezzi e lasciare spazio tra un sedile e l’altro. I pendolari devono inoltre scansionare la loro temperatura corporea all’ingresso e mostrare un risultato negativo al test PCR effettuato entro 48 ore. Si parla anche di un uso più massiccio dell’app sanitaria per poter accedere ai servizi pubblici.

Nonostante Shanghai abbia gradualmente riaperto le attività commerciali e abolito in gran parte i permessi di spostamento, alcune parti della città hanno comunque recentemente inasprito i cordoni sanitari, segno di una persistente difficoltà a riprendere la vita normale sotto la politica zero-COVID. Jingan, un distretto commerciale chiave, ha dichiarato sabato che richiederà la chiusura di tutti i negozi e che i residenti resteranno a casa almeno fino a martedì, mentre le autorità distrettuali eseguono test di massa. Azioni simili sono state annunciate venerdì nel distretto di Hongkou e sabato dalla città di Zhaoxiang del distretto di Qingpu. Shanghai ha riportato meno di 700 casi giornalieri domenica e nessuno di questi era al di fuori delle aree in quarantena.

Intanto cresce la tensione a Pechino, dove nelle ultime 24 ore sono stati registrati 99 casi rispetto ai 61 di sabato. Sei sono i distretti in cui è stato richiesto di lavorare in smart working. L’obiettivo è sempre quello di evitare una chiusura totale. Dopo la crisi di Shanghai, la leadership cinese comincia a realizzare i pesanti danni economici del lockdown. Secondo fonti del SCMP, nonostante i timori per una diffusione del virus il governo pare sia intenzionato a ridurre a 7 i giorni di quarantena obbligatoria in hotel per chi viene dall’estero per ragioni di business. Altri sette giorni di osservazione medica a casa.

Per la prima volta dal ’76, la crescita americana potrebbe sorpassare quella cinese

Secondo un rapporto di Bloomberg Economics, l’economia cinese quest’anno crescerà solo del 2%, complici i ripetuti lockdown voluti dalla rigidissima politica Zero Covid, che ha diminuito l’impatto delle misure di stimolo fiscale messe in atto da Pechino. Se lo studio ci vedesse giusto, la crescita americana nel 2022 sorpasserà quella cinese per la prima volta dal 1976, quando la Cina stava uscendo dal tumultuoso decennio della Rivoluzione Culturale. Si stima infatti che gli USA cresceranno del 2,8% e Biden sta già cogliendo la palla al balzo: al Congresso si sta già discutendo un pacchetto di leggi volte a rafforzare la competitività degli Stati Uniti contro la Cina.

La posta in gioco è ancora più alta per Xi, che punta a ottenere un terzo mandato al Congresso del prossimo autunno: un tasso di crescita del 2% sarebbe molto al di sotto dell’obiettivo di crescita ufficiale del governo di circa il 5,5% quest’anno. Un’espansione del 2% sarebbe inferiore anche al 2020, quando la pandemia ha portato la crescita del PIL al 2,2%. Nel 1990, all’indomani della repressione di piazza Tienanmen, un’economia cinese molto più piccola era comunque cresciuta del 3,9%.

Nonostante le prospettive di crescita non siano tra le più rosee, Xi avrebbe comunque garantito il sorpasso degli Stati Uniti quest’anno, secondo quanto ha riportato il Wall Street Journal il mese scorso. I responsabili politici cinesi hanno già ripetutamente lanciato promesse di misure più favorevoli alla crescita: il vicepremier Liu He ha recentemente lasciato intendere che Pechino potrebbe essere pronta a rinunciare alla repressione delle aziende tecnologiche, ma oltre a ciò nessun pacchetto fiscale specifico e su larga scala è stato finora annunciato.

Dopo le isole Salomone, Pechino si avvicina a Kiribati

In seguito all’alleanza con le isole Salomone, la Cina sarebbe pronta a sottoscrivere accordi di sicurezza con altre isole nel Pacifico. Secondo quanto rivelato dall’intelligence americana al Financial Times, i colloqui di Pechino con Kiribati, una nazione insulare del Pacifico a 3.000 km dalle Hawaii, dove ha sede il Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, sono quelli in fase più avanzata. Ci sono serie preoccupazioni che il patto con Kiribati sia simile a quello concordato con le isole Salomone, il che consentirebbe alla Cina di inviare polizia e persino forze militari sulle isole.

Pechino ha accordi di sicurezza con altri paesi della regione, tra cui Fiji e Papua Nuova Guinea. Ma diplomatici e funzionari della sicurezza hanno affermato che il patto con le isole Salomone è molto più ampio e potrebbe anticipare ambizioni ancora più grandi di Pechino riguardo a Kiribati. La Cina ha gestito una stazione di localizzazione spaziale a Kiribati fino al 2003, anno in cui lo stato insulare ha interrotto le relazioni con Pechino in favore di Taipei. Ma da quando Kiribati ha riallacciato rapporti ufficiali con Pechino nel 2019, i diplomatici si sono mossi per rimettere in moto anche la cooperazione militare. Il grande miglioramento delle capacità militari cinesi negli ultimi due decenni e l’allineamento strategico di Pechino con le isole del Pacifico renderebbero Kiribati un punto d’appoggio oggi ancora più significativo per l’aviazione e la marina cinese.

 

A cura di Sharon De Cet; ha collaborato Alessandra Colarizi