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In Cina e Asia – Tornano le tensioni lungo il confine Cina-India

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

I titoli di oggi:

  • Tornano le tensioni lungo il confine Cina-India
  • Covid in Cina, addio alla app di tracciamento
  • Cina, il discorso di Li Qiang al Consiglio di stato
  • Escludere “Glory to Hong Kong” dai risultati di ricerca? Arriva il no di Google
  • Cina-Usa, Pechino promette di “gestire adeguatamente” le tensioni sulla questione Taiwan
  • Kabul, assaltato hotel frequentato da cittadini cinesi
  • Giappone e Paesi Bassi insieme agli Usa contro i chip cinesi
  • Bangladesh, l’opposizione chiede le dimissioni del governo
Tornano le tensioni lungo il confine Cina-India

Si torna a combattere al confine sino-indiano nell’Arunachal Pradesh. La notizia, che fa riferimento a una serie di scontri avvenuti nella giornata di venerdì 9 dicembre, è stata resa pubblica solo qualche giorno dopo dalle autorità indiane. Dalle prime indiscrezioni si parla di almeno sei feriti di parte indiana mentre, al momento, non è ancora noto se Pechino ha commentato la vicenda. “Se l’esercito cinese continua a fare cose del genere in futuro, le relazioni India-Cina ne risentiranno” ha detto il deputato locale della maggioranza Tapir Gao. Dopo una serie di confronti che hanno registrato almeno 24 vittime nel 2020 le tensioni non erano cessate, ma si era raggiunto un equilibrio per permettere il dialogo tra le parti.

Covid in Cina, addio alla app di tracciamento

Prima l’allentamento delle restrizioni, adesso niente più Qr code. È quanto sta accadendo in Cina, dove la “Itinerary Card” non sarà più necessaria per spostarsi o accedere ai luoghi chiusi. La app di tracciamento, alimentata dai segnali telefonici, non è più disponibile dalle 12 di martedì 13 dicembre, mettendo così fine a uno degli strumenti di monitoraggio alla base della strategia Zero Covid.

Nel frattempo, però, aumentano i contagi nel paese e gli ospedali cercano di affrontare la nuova possibile ondata di casi Covid mentre nuove regole stanno entrando in vigore. In alcune strutture sono stati sospesi i trattamenti per i malati di cancro, mentre in altri centri è stato ripristinato l’obbligo di presentare un test Covid negativo per contenere gli ingressi.

Anche a Hong Kong si va verso l’eliminazione del Qr code per entrare nei locali, mentre verrà presto rimossa la quarantena all’arrivo in presenza di test Covid negativo. Lo ha annunciato il capo dell’esecutivo John Lee Ka-chiu nella giornata di martedì 13 dicembre. In questo quadro di rilassamento delle misure di contenimento del virus si inserisce anche un’indiscrezione pubblicata dal Financial Times nella stessa giornata: una delegazione dall’ex colonia britannica si sarebbe recata a Pechino a inizio novembre per fornire consulenze sulla graduale eliminazione delle restrizioni. Ancora prima delle proteste, sottolinea l’articolo, Zhongnanhai avrebbe valutato di rivedere la strategia Zero Covid.

Cina, il discorso di Li Qiang al Consiglio di stato

La carriera all’interno del governo centrale di Li Qiang, nuovo numero due del partito e uno dei fedelissimi del presidente Xi Jinping, inizia a muovere i primi passi. Domenica 11 dicembre il funzionario ha tenuto il suo primo discorso pubblico presso il Consiglio di Stato. Secondo quanto si evince dai media cinesi, Li ha parlato di ampio sostegno da parte del Partito verso il settore privato.

Il giorno successivo, il 63enne ha parlato invece al tredicesimo congresso della Federazione pancinese dell’industria e del commercio. In quest’occasione ha ribadito un altro punto fondamentale dei rapporti tra Stato ed economia privata nell’era di Xi. “Le Federazioni dell’industria e del commercio a tutti i livelli devono aderire alla guida del Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era”, si legge sul Quotidiano del Popolo, “aderire sempre alla leadership del Partito, rafforzare continuamente la sua guida ideologica e politica, approfondire l’educazione agli ideali e alle convinzioni, e guidare il personale economico privato ad essere costruttori qualificati del Socialismo con caratteristiche cinesi […]”.

Escludere “Glory to Hong Kong” dai risultati di ricerca? Arriva il no di Google

Google non modificherà i risultati di ricerca su pressione delle autorità di Hong Kong. Il verdetto è stato annunciato nella giornata di lunedì 12 dicembre dal capo della Sicurezza locale Chris Tang, che si è detto “rammaricato” dal rifiuto della big tech in merito alla possibilità di modificare i risultati per la chiave di ricerca “inno di Hong Kong”. La richiesta era partita una settimana fa a fronte del fatto che la query di ricerca riportasse la canzone dei manifestanti pro-democrazia anziché l’inno della Repubblica popolare cinese.

Kabul, assaltato hotel frequentato da cittadini cinesi

Almeno 18 feriti e 3 morti: questo sarebbe il bilancio della sparatoria avvenuta al Longan Hotel di Kabul, dove almeno tre uomini sono stati identificati come responsabili dell’attacco e uccisi dalle forze dell’ordine locali. Nessuna delle vittime sarebbe di origini straniere, anche se i media internazionali sottolineano la presenza di funzionari e uomini d’affari cinesi come una delle motivazioni dietro l’attacco. L’ipotesi è stata successivamente confermata dall’Isis, che ha rivendicato l’attacco citando apertamente il nesso tra l’hotel e il personale cinese presente nell’area.

Cina-Usa, Pechino promette di “gestire adeguatamente” le tensioni sulla questione Taiwan

Tutto pronto (o quasi) per la visita ufficiale del Segretario di stato Usa Anthony Blinken in Cina. Dopo l’incontro tra Xi Jinping e Joe Biden al G20 di Bali è ripartito il dialogo tra le due sponde del Pacifico, con una squadra di delegati statunitensi che ha appena concluso la propria missione in Cina per aprire la strada ai prossimi colloqui.

L’assistente Segretario di stato per l’Asia orientale Daniel Kritenbrink e dal direttrice senior del Consiglio di sicurezza nazionale per la Cina Laura Rosenberger si sono confrontati con le controparti cinese su diversi temi centrali nella relazione tra Washington e Pechino. Tra questi, come evidenzia il comunicato del ministero degli Esteri cinese, Pechino si impegnerà a “gestire adeguatamente questioni importanti e delicate nelle relazioni bilaterali, come nel caso di Taiwan“. Nel frattempo, altri funzionari della Repubblica popolare hanno ripreso le comunicazioni ufficiali con gli Stati Uniti, tra cui il ministro del Commercio cinese Wang Wentao e la Rappresentante per il commercio Usa Katherine Tai, che si sono incontrati a margine del summit Apec.

Chip war: Pechino trascina gli Usa davanti alla WTO

La chip war è iniziata con alcuni divieti alle importazioni di chip cinesi negli Stati Uniti e le restrizioni intorno alle collaborazioni tra aziende cinesi e americane. Oggi, anche Giappone e Paesi Bassi sembrano intenzionati a mettere freno all’espansione cinese sul mercato dei semicoduttori insieme a Washington. Lo racconta Bloomberg in un articolo dove si preannuncia che i due paesi lanceranno una serie di misure congiunte per limitare la vendita alla Cina di apparecchiature  per la produzione di chip. “L’alleanza dei tre paesi”, si legge nell’approfondimento, “rappresenterebbe un blocco quasi totale della capacità della Cina di acquistare le attrezzature necessarie per produrre chip all’avanguardia”.

Pechino, comunque, si sta attrezzando per rispondere. Lunedì 12 dicembre la Repubblica popolare ha denunciato all’Organizzazione mondiale del commercio le restrizioni Usa nel campo dei semiconduttori definendolo “un modo necessario per affrontare le nostre preoccupazioni e difendere i nostri interessi legittimi”. Pochi giorni fa l’Omc si era espressa in merito a un’altra denuncia contro Washington relativa ai dazi su alcuni metalli importati dalla Cina, accusando gli Usa di violare le norme dell’Organizzazione. La Casa Bianca ha, però, respinto la sentenza.

Bangladesh, l’opposizione chiede le dimissioni del governo

Sabato 10 dicembre una grande manifestazione in Bangladesh si è conclusa con la richiesta di dimissioni del governo da parte dell’attuale opposizione. Il Bangladesh Nationalist Party (Bnp) ha inserito la proposta in un documento di dieci punti dove si chiede, tra le altre, cose, l’istituzione di un esecutivo di transizione per portare il paese verso nuove elezioni. Il partito oggi al potere, la Awami League, è accusata di aver “distrutto l’economia, saccheggiato denaro dalle banche e distrutto il sistema giudiziario”, come afferma il membro del comitato permanente Mosharraf Hossain. Le accuse fanno riferimento al giro di vite intorno ai politici del Bnp, molti dei quali si trovano ora in carcere nel quadro di alcune leggi controverse (di cui viene chiesta l’abrogazione) quali il Digital Security Act del 2018 e l’Anti-Terrorism Act del 2009.

A cura di Sabrina Moles