Shanghai Xi

In Cina e Asia – Lockdown a Shanghai: a rischio i fedeli Xi?

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Lockdown a Shanghai: a repentaglio la scalata politica dei fedeli Xi?
  • Pacifico: il patto di sicurezza Cina-Isole Salomone preoccupa gli osservatoriLockdown a 
  • La Cina limita i visti per i funzionari americani
  • Mar cinese meridionale, le esercitazioni cinesi in TV
  • Taiwan studia l’Ucraina: tattiche militari contro l’invasione al vaglio del ministero della Difesa
  • Sri Lanka, la crisi si aggrava: niente elettricità e inflazione alle stelle
Lockdown a Shanghai: a repentaglio la scalata politica dei fedeli Xi?

L’improvviso lockdown di Shanghai potrebbe rallentare l’ascesa politica di uno dei fedelissimi del presidente Xi Jinping. Oggi le misure restrittive verranno estese al lato occidentale della città, ma il versante orientale, che sarebbe dovuto contestualmente tornare alla normalità, rimarrà invece in quarantena. La gestione della municipalità sta facendo discutere non poco sui social network. E, secondo diversi analisti, il trasferimento a Zhongnanhai del Segretario del Comitato del Partito Comunista per l’amministrazione di Shanghai, Li Qiang, potrebbe essere messo a repentaglio dalla difficile gestione dell’emergenza Covid in corso. L’amministrazione di Shanghai, nell’ambito della politica cinese, è notoriamente considerata una rampa di lancio per una carriera di successo: Li è quindi uno dei candidati papabili per un seggio all’interno del Comitato permanente del Politburo, il principale organo decisionale del Partito Comunista Cinese.

In preparazione al XX Congresso del Pcc il prossimo autunno, durante il quale con ogni probabilità sarà sancito il terzo mandato di Xi, si presume infatti che il Politburo possa diventare ancora più a immagine e somiglianza del nuovo timoniere, con il rinnovo di mandati apicali e seggi liberi che potrebbero essere destinati ai fedelissimi del presidente. Li fa parte della “fazione dello Zhejiang”, che comprende i fedelissimi di Xi e secondo le previsioni di diversi osservatori il suo trasferimento a Pechino avrebbe dovuto essere imminente. A confermare i sospetti, anche la recente promozione del suo braccio destro, Zhuge Yujie, nominato vicesegretario dell’amministrazione di Shanghai un giorno prima del lockdown. Secondo quanto previsto dagli analisti però, difficilmente Li lascerà la città prima della fine del lockdown (prevista per il 5 aprile). La partita per la sua ascesa politica si giocherà sulla gestione dell’emergenza Covid.

I movimenti ai vertici di Shanghai fanno parte del rimescolamento delle cariche in vista del Congresso, che quest’anno si sta mostrando particolarmente intenso. È stato notato un acceleramento nella riorganizzazione e nella rotazione delle principali cariche a livello provinciale, che è almeno in parte una diretta conseguenza della severa campagna anticorruzione indetta da Xi. Le carriere lampo verso i seggi di Zhongnanhai vedono oggi una media di 1.6 anni di carica per i capi provinciali e di 0.8 anni in carica per governatori e sindaci.

A livello provinciale, Pechino ha di recente annunciato tre nuovi capi amministrativi: il ministro per lo sviluppo immobiliare rurale e urbano Wang Menghui sarà il nuovo segretario di Partito nello Hubei, Xin Changxing sarà il nuovo amministratore a Qinghai mentre Liang Yanshun è stato nominato a capo della regione autonoma del Ningxia.

L’accordo con le isole Salomone preoccupa la Micronesia 

È ufficiale: l’accordo per la sicurezza tra Pechino e Honiara si farà. Mancano solo le firme dei ministri degli Esteri. Ma sono tanti i paesi che criticano la mossa del premier Manasseh Sogavare. Dopo i primi commenti di Australia, Nuova Zelanda e Usa, ora anche la Micronesia dà voce alla propria preoccupazione. Secondo quanto dichiarato dal presidente della federazione, David Panuelo, il patto rischia di trasformare la regione nel nuovo “epicentro di un futuro confronto tra le grandi potenze”. La Micronesia ha siglato i suoi accordi di sicurezza con gli Usa, ma ha importanti legami economici con la Cina.

Martedì 29 marzo Sogavare aveva risposto ad alcuni commenti simili definendoli “estremamente offensivi”: sarebbe espressione di un giudizio sulla capacità del suo governo di gestire affari interni e politica estera. Venerdì 1 aprile, poi, il presidente ha chiarito che la Cina non costruirà una base militare, poiché non previsto dal patto. Secondo la bozza trapelata qualche giorno prima e confermata solo nella giornata di giovedì 31 marzo, l’accordo prevede che la Cina possa “secondo le proprie esigenze e con il consenso delle Isole Salomone, approdare sul suo territorio, effettuare rifornimenti, fare scalo e attraversare lo spazio delle Isole Salomone”.

La polizia armata cinese potrebbe, inoltre, venir chiamata a intervenire su richiesta del Governo delle Salomone per “mantenere l’ordine sociale”. La polizia armata cinese si è già occupata, in altre occasioni, di formare e organizzare esercitazioni per le forze di sicurezza delle Salomone. Le Isole Salomone hanno chiuso le relazioni diplomatiche con Taiwan solo nel 2019, riconoscendo la Repubblica Popolare come “unica Cina”: questa sarebbe stata anche la causa delle proteste dello scorso dicembre, che hanno visto la forte opposizione di Malaita a questa decisione.

Queste promesse, che comprendono anche la segretezza sulle operazioni militari (eccetto che con il consenso scritto di entrambe le parti), arrivano in un momento propizio per la presenza cinese fuori dai confini della Repubblica Popolare. È sempre di giovedì, infatti, l’annuncio di un nuovo memorandum d’intesa tra le forze armate di Cambogia e Cina. L’accordo è stato firmato dal generale dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) Liu Zhenli e dal generale Hun Manet, primogenito del leader Hun Sen e futuro governatore del paese. Da qualche anno Phnom Penh si è allontanata dagli Usa sul tema della Difesa: agli americani è stato vietato l’accesso alla base di Ream, mentre da Washington i sospetti di penetrazione cinese negli affari cambogiani ha portato a una serie di sanzioni contro individui e società.

La Cina limita i visti per i funzionari americani

Pechino ha annunciato limitazioni al rilascio di visti per i funzionari americani per avere diffuso “vili menzogne” sulla situazione in Xinjiang. La misura segue un provvedimento speculare da parte di Washington, che ha in precedenza negato il rilascio di visti ad alcuni funzionari cinesi in relazione alle accuse mosse contro Pechino di violazione dei diritti umani ai danni della minoranza uigura di religione musulmana nella regione autonoma dello Xinjiang.

Il 21 marzo il Segretario di Stato americano Antony Blinken aveva infatti accusato alcuni funzionari cinesi per il loro coinvolgimento in “atti di repressione” contro diverse minoranze etniche, senza però specificare i nomi dei funzionari colpiti dalla misura. Già nel 2019 l’amministrazione Trump aveva imposto restrizioni simili dopo avere utilizzato il termine “genocidio” in riferimento alla repressione degli Uiguri in Xinjiang. Termine poi ripreso anche dall’amministrazione Biden.  Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha denunciato la mossa statunitense, dichiarando “necessaria” la risposta cinese.

“Gli Stati Uniti hanno costruito ad arte vili menzogne con il pretesto dei cosiddetti diritti umani, usandolo come scusa per interferire negli affari interni della Repubblica Popolare Cinese, danneggiare l’immagine della Cina e opprimere i funzionari cinesi”, ha dichiarato Wang”. Nel mirino del governo cinese secondo le parole di Wang chiunque abbia “diffuso menzogne sui temi dei diritti umani in Cina e promosso sanzioni contro la Cina danneggiandone gli interessi”.

Mar cinese meridionale, le esercitazioni cinesi in TV

La Cina si esercita contro la presenza statunitense nel Pacifico. È questo il messaggio lanciato dalla televisione di stato cinese, la Cctv, mentre dedica alcuni approfondimenti ai movimenti delle truppe cinesi nel Mar cinese meridionale. Negli ultimi mesi sono aumentate le esercitazioni dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) nell’area: dall’utilizzo di mezzi anfibi alla difesa subacquea, dalle manovre aeree ai sempre più frequenti addestramenti notturni. Solo pochi giorni fa un ammiraglio Usa aveva affermato che la Cina avrebbe già militarizzato tre isolotti nel Mar cinese meridionale. Il tutto con l’intento di creare dei punti di appoggio per le manovre militari nel Pacifico.

Taiwan studia l’Ucraina: tattiche militari contro l’invasione al vaglio del ministero della Difesa

Il ministero della Difesa di Taiwan ha annunciato l’avvio di un gruppo di lavoro sulle tattiche militari impiegate da forze armate e cittadini ucraini contro l’esercito russo. È quanto ha dichiarato giovedì 31 marzo il ministro Chiu Kuo-cheng, che ha precisato di aver aperto un dialogo con alcuni paesi sul tema della resistenza ucraina e dei punti deboli della strategia russa. Il gruppo comprende alcuni accademici della National Defense University e prevede di “ottenere risultati utili su armamenti e preparazione a una guerra”. Secondo quanto riportato dal comunicato, l’invasione dell’Ucraina ha alzato il livello di allerta di Taipei nei confronti della Cina. Ciononostante, affermano dalle fila della dirigenza taiwanese, esistono differenze sostanziali in termini di capacità militari e “barriere naturali” che ostacolerebbero una situazione analoga. Su China Files stiamo dedicando spazio ad approfondire la questione nella rubrica Taiwan Files.

Nella giornata di venerdì 1 aprile la rappresentante per il Commercio statunitense, Katherine Tai, ha rifiutato di commentare un possibile ingresso di Taiwan nel piano economico per l’Indopacifico dell’amministrazione Biden. Taipei ha espresso il desiderio di entrare nell’Indo-Pacific Economic Framework (Ipef), ma per ora – ha detto Tai – “la [sua] partecipazione è ancora in fase di studio e, per quanto ne so, non è stata presa alcuna decisione”,

Sri Lanka, la crisi si aggrava: niente elettricità e inflazione alle stelle

La crisi economica dello Sri Lanka sta toccando i livelli più alti mai registrati nella storia dell’isola. I blackout durano anche 13 ore consecutive, l’inflazione ha raggiunto il 18,7% e tocca il 30,2% sui beni alimentari. Mancano carburante e acqua, complici la crisi post-pandemica e l’emergenza climatica (la siccità ha quasi prosciugato le diche). Colombo non è in grado di sostenere le spese per le importazioni di beni essenziali come medicinali e carburante anche perché le riserve di valuta estera sono pressoché esaurite. Secondo quanto dichiarato dal ministro per l’Energia, i tagli alla corrente elettrica potrebbero durare fino a maggio. Nel frattempo, il Fondo monetario internazionale sta valutando la possibilità di sbloccare dei prestiti per sostenere la ripresa.

La crisi sta spingendo i cittadini a manifestare contro il governo. Nella giornata di giovedì 31 marzo, centinaia di persone hanno circondato l’abitazione dell’ex presidente ed attuale primo ministro Mahinda Rajapaksa. La polizia ha disperso la folla con i gas lacrimogeni, e non sono mancati momenti di tensione tra forze dell’ordine e cittadini.

A cura di Sabrina Moles e Lucrezia Goldin