In Cina e Asia – Borse, due giorni di chiusura e pathos

In by Gabriele Battaglia

Le borse chiudono in leggero calo e vanno in vacanza per due giorni. Vigilia della parata del 3 settembre a Pechino, per l’anniversario della vittoria contro l’aggressore giapponese. Continua il giro di vite antispeculazione in Cina dopo i crolli delle borse nazionali. Xi Jinping critica la Lega dei giovani comunisti accusati di classismo. Niente possibilità di candidature, o quasi, per i musulmani in Birmania. L’avversaria di Shinzo Abe per le elezioni del presidente dell’Ldp in Giappone potrebbe essere una donna, Seiko Noda. Riforma dell’esercito cinese in vista. CINA – Borse: due giorni di stop e preoccupazioni

Ultima sessione delle borse cinesi prima della chiusura per la festa nazionale di giovedì e venerdì. Shanghai ha aperto con un meno 4.39 a inizio giornata, per poi andare in positivo all’ora di pranzo e chiudere con un meno 0.20 per cento. Gli analisti ritengono che perdite più pesanti sono state contenute dal sostegno del governo ai mercati in vista della parata del 3 settembre per celebrare la vittoria nella seconda guerra mondiale, occorrenza in cui nessuna volatilità di mercato deve turbare la celebrazione dell’orgoglio nazionale.
La Cina rappresenta ormai oltre il 13 per cento del PIL mondiale e gli ultimi dati negativi sugli acquisti nel manifatturiero gettano un’ulteriore ombra sulla "locomotiva" asiatica. Del resto, il mercato finanziario non è così legato all’economia reale, dato che è condizionato dall’azione speculativa di milioni di piccoli azionisti; ma la volatilità degli ultimi due mesi e mezzo fa però pensare che le autorità cinesi non abbiano la capacità di gestire la situazione, il che preoccupa ulteriormente

CINA – Arriva la parata

Tutto pronto per la parata che celebrerà il 70esimo anniversario della vittoria nella seconda guerra mondiale e che si terrà domani a Pechino. La Cina anticipa l’inizio della guerra al 1937 quando cominciò l’aggressione giapponese. Il presidente Xi Jinping e l’ex presidente del Kuomintang taiwanese, Lien Chan, hanno affermato ieri che gli otto anni di guerra di resistenza furono lo sforzo congiunto di Kuomintang e Partito comunista, ma i dettagli divergono, con i taiwanesi che enfatizzano il ruolo di Chiang Kai-shek e i continentali che mettono in risalto Mao e il Partito comunista: sfumature che hanno sollevato molte polemiche a Taipei. Resta il nemico comune, il Giappone, che avvicina le due “Cine” anche alla Corea, mentre l’Occidente sembra generalmente snobbare l’evento e Tokyo protesta per la presenza di Ban Ki-moon alle celebrazioni.

CINA – Giro di vite antispeculatori (update) 

Nel giro di vite in corso contro gli speculatori finanziari – che ha già colpito il giornalista Wang Xiaolu e il funzionario dell’authority dei mercati Liu Shufan – si inserirebbe la storia di Li Yifei, la leader della sezione cinese del gruppo Man, il più grande hedge fund quotato in borsa al mondo. Li sarebbe a “colloquio” con le autorità finanziarie da lunedì, “in un sobborgo di Pechino”, afferma il marito. La donna è famosa in quanto esperta di kung fu che un tempo lavorava come controfigura nei film di arti marziali, e perché ha in precedenza ricoperto ruoli di alto livello in Cina per MTV e Viacom. Il business di Man in Cina sarebbe però ridotto e non giustificherebbe misure drastiche da parte delle autorità, più facile che Li sia scelta come simbolo proprio per la sua notorietà.

CINA – Xi Jinping ridimensiona Li Keqiang?

Il presidente Xi Jinping ha pubblicamente criticato i membri della Lega dei Giovani Comunisti invitandoli a essere meno “aristocratici” e più “alla mano”. La Lega è una delle due grandi fucine che creano la leadership cinese, al pari della cerchia dei “principini” (i figli della “nobiltà rossa”), e dalle sue fila proveniva il predecessore di Xi, Hu Jintao. L’attuale presidente è invece un principino e la sua critica potrebbe essere considerata sia un messaggio trasversale al premier Li Keqiang – il numero due – sia un giudizio storico verso i predecessori e addirittura una possibile opzione sul futuro, nelle eterne lotte di potere che si svolgono dietro le quinte del Partito.

MYANMAR – Alle elezioni porte chiuse per i candidati musulmani


Foto credit: ucanews.com

Niente possibilità di candidature, o quasi, per i musulmani che aspirano a entrare nel parlamento birmano in vista delle elezioni di metà novembre. La Commissione elettorale ha respinto le candidature di 17 aspiranti candidati musulmani nelle liste del Partito per la democrazia e i diritti umani. Soltanto uno ha avuto l’ok della commissione. E non va meglio tra le file della Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi. Secondo quanto denuncia un avvocato e militante del partito, la Lnd avrebbe rifutato la candidatura di musulmani cedendo alle pressioni delle frange buddhiste fondamentaliste. I contrasti tra buddhisti e musulmani, sfociati negli anni in veri e propri pogrom contro i secondi, sono uno dei fattori che mettono a rischio la transizione del Paese, stretto tra tensioni intrareligiose, conflitti etnici non ancora sanati e il prominente ruolo dell’esercito.

GIAPPONE – Seiko Noda, una rivale pacifista per Abe

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe si prepara alle prossime elezioni per il presidente del presidente del Partito liberaldemocratico, il partito di maggioranza nel paese arcipelago. La sua dovrebbe essere una vittoria facile a meno di un colpo di mano dei maggiorenti del partito. L’alternativa — l’unica al momento – si chiama Seiko Noda, donna, 54 anni, che ha da poco confermato la propria disponibilità a correre contro il primo ministro. Punto di forza: l’opposizione alle proposte di leggi di sicurezza del governo che potrebbero portare i militari giapponesi in guerra a 70 anni di distanza dalla fine della Seconda guerra mondiale.

CINA – Riforma dell’esercito

E mentre viene fatto sfilare in pompa magna in piazza Tian’anmen, l’Esercito Popolare di Liberazione sta per essere rivoltato come un guanto, per renderlo sempre più efficiente e simile al modello Usa di esercito guidato da un comando unico per truppe di terra, marina, aviazione. È questo il senso di una riforma voluta dalla leadership che ridurrà anche le attuali sette zone militari a quattro e potenzierà la marina per ridurre invece gli effettivi della polizia militare, segno del passaggio della Cina da Paese concentrato su se stesso a potenza globale. Difficile che la riforma piaccia a tutti, dato che smantellerà posizioni di rendita all’interno dell’esercito più grande del mondo.