Cina, India e Asia sudorientale. Un rapporto complesso.

In by Simone

La strategia di espansione geopolitica della Cina dipende anche dal rapporto con i paesi dell’Asia sudorientale. Questi ultimi godono degli investimenti cinesi e degli accordi di libero scambio, ma temono un’espansione troppo aggressiva. L’intervista al professor Kondapalli, esperto indiano di politica estera cinese.
Qual è l’atteggiamento della Cina nei confronti dell’Asia sud-orientale? Ne abbiamo parlato con il professor Srikanth Kondapalli* esperto di questioni cinesi del Center for East Asian Studies, School of International Studies, Jawaharlal Nehru University, New Delhi.

Come descriverebbe la strategia della diplomazia multilaterale cinese in Asia Sud Orientale?

Inizialmente, la Cina era più incline a stabilire relazioni bilaterali con la regione del Sudest asiatico, soprattutto quando il premier era Li Peng. In passato le dispute territoriali erano infatti strettamente connesse alla riluttanza cinese ad impegnarsi a livello multilaterale con la regione.

Tuttavia, con l’ascesa economica, la Cina aveva mostrato entusiasmo rispetto ad un probabile coinvolgimento nella regione. La Cina ha dimostrato di avere molto  fiuto nell’Arf (Asean Regional Forum), Asean +1, l’Asean +3 mentre era inizialmente riluttante nella East Asian Summit (Eas). Per inciso, l’attuale carta bianca per la difesa nazionale stabilita nel marzo 2011 menziona l’Asean+3 e da nessuna parte l’Eas.

Quale ruolo ricopre la Cina nelle organizzazioni multilaterali asiatiche?

Oggi, la Cina è attiva in seno alle istituzioni multilaterali in Asia, tra cui la Shanghai  Cooperation Organization, il Forum per l’Asia Bo Ao, l’Arf, l’Eas, eccetera,  e le istituzioni sub-regionali attraverso la partecipazione a diverse iniziative quali quella per il fiume Tumen, per il Kunming, al gruppo del Mekong, etcetera. È da notare che anche il ruolo della Cina nella Banca per lo Sviluppo Asiatico è recente. La Cina ha creato un’area di libero scambio con i Paesi membri dell’Asean, con il Pakistan e intende crearne una anche con il Consiglio di coordinamento del Golfo.

Fin da principio, la posizione della Cina in queste istituzioni era quello di tutelare i propri interessi di sicurezza minimalista  nazionale. Come sulla lotta contro il "tre mali": la lotta al terrorismo, la risoluzione delle controversie di confine, la sicurezza energetica.

Complessivamente, in termini di membership e di agenda politica di queste istituzioni, la Cina era stata selettiva nel suo approccio e molto spesso esclusivista nell’orientamento (come dimostra la sua riluttanza ad ammettere l’Ue o gli Stati Uniti in queste istituzioni).

Alcuni esperti sostengono che il rafforzamento del dialogo e della cooperazione tra la Cina e l’Asean, a livello multilaterale, accresca l’interdipendenza e riduca la possibilità di un conflitto regionale. Quale è il suo pensiero riguardo all’opportunità di questa interdipendenza?

La tesi di politica estera che afferma che l’interdipendenza limiti e riduca le tensioni è propria dei pensatori neo-liberali. Ma se questa è stata la tendenza dominante, perché la Cina nel 1995-1996 ha lanciato missili su un’area molto vicina a Taiwan  o ha definito “core interest” il Mar Cinese Meridionale costruendo impianti militari? Da questo punto di vista la teoria non è chiara.

La Cina è un grande investitore nei Paesi del Sud-Est asiatico. Quali sono gli effetti di questa cooperazione economica con la Cina sugli equilibri regionali?

Il Giappone è il maggiore investitore nella regione del Sudest asiatico, mentre Singapore e i Cinesi d’oltremare sono i maggiori investitori in Cina. Le relazioni economiche tra la Cina ed il Sudest asiatico sono reciprocamente vantaggiose.

Tuttavia, vari paesi della regione guardano con sospetto l’ascesa della Cina. La Cina ha sopravvalutato la propria storica centralità nell’influenzare culturalmente le sue relazioni con la penisola coreana, il Giappone e il Sudest asiatico.

Per i paesi del Sudest asiatico, al momento, l’idea di dover dipendere dalla sola Cina è un incubo. Ad esempio, a Singapore in molti pensano che la Cina dovrebbe essere bilanciata con l’India.

La Cina ridefinisce il suo ruolo nei sistemi internazionali e regionali. Quali sono le implicazioni sulle relazioni sino-indiane?

A causa dello scontro di confine perdurato dal 1962 fino al 2005, la Cina contava appena sull’India nei sistemi internazionali e regionali. Tuttavia, in seguito alla constatazione della crescita economica indiana (in base al Pil, al soft ware, al soft power, e così via) ed in virtù delle relazioni  tra India e Stati Uniti, la Cina ha dimostrato un crescente interesse nelle relazioni con l’India.

Nel 2005, durante la visita del premier Wen a Delhi, entrambe hanno sottoscritto un partenariato strategico e cooperativo. Durante la visita del Presidente Hu Jintao a Nuova Delhi nel 2006, i due governi hanno convenuto di lavorare in Asia, ma hanno fatto ben poco di concreto. Durante la visita del premier Wen a Delhi nel dicembre 2010, i Paesi hanno deciso di lavorare insieme per la ricostruzione dell’Afghanistan e di unirsi contro la pirateria nell’Oceano Indiano.

La Cina ha incoraggiato l’India a stabilire una relazione di tipo win-win (come con altri paesi), ma in realtà alimenta scenari di gioco a somma zero. Questo è un riflesso della mentalità “da guerra fredda” all’interno della leadership cinese e dei suoi burocrati.

*Il prof. Srikanth Kondapalli è docente di Studi Cinesi all’Università “Jawaharlal Nehru” di Nuova Delhi e ricercato associato nel Centro di Studi Cinesi dell’Università di Stellenbosch, in Sud Africa. È specializzato in storia della Cina contemporanea e studi internazionali, il nucleo sostanziale dei suoi studi si concentra nell’analisi della politica estera cinese, della sicurezza regionale nell’Asia orientale e delle relazioni tra la Cina e l’India, il Pakistan, il Myanmar, il Bangladesh, le Maldive, il Nepal e lo Sri Lanka. Ha pubblicato “China’s Military: The PLA in Transition” (New Delhi: Knowledge World, 1999), “China’s Naval Power” (New Delhi: Knowledge World, 2001), “People’s Liberation Army: Evolving Dynamics” (New Delhi: Institute for Defence Studies & Analysis 1996) e “A Great Leap Forward Modernisation: Chinese Armed Forces in 2003” (Taipei: Center for China Studies, National Chengchi University, 2005).

[Questo articolo è apparso sul Caffè geopolitico, associazione culturale e rivista online di politica internazionale]
[Foto credit: mjoshi.blogspot.com]