virilità

Alla ricerca della virilità

In Cina, Economia, Politica e Società by Vittoria Mazzieri

I giovani cinesi non vogliono più diventare “eroi di guerra” e sono condizionati da influencer androgini e maestre troppo comprensive. Pechino sembra afflitta da un’“ansia da macho” e corre ai ripari promulgando misure per “coltivare la mascolinità” attraverso lo sport e il culto della forza fisica. Un estratto dall’e-book di China Files su Sport e Politica (per sapere come ottenerlo, clicca qui)

Alto tasso di disoccupazione giovanile e mancanza di prospettive per il futuro? Per Pechino le nuove generazioni soffrono di problemi ben più gravi. Giovani emaciati e pallidi starebbero guidando un’offensiva alle basi della società cinese. E serve correre ai ripari. L’ammonimento è stato già avanzato da Si Zefu, membro del Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese. Nel 2020, durante le due sessioni (le riunioni annuali delle due più grandi istituzioni politiche del paese), Si ha chiamato in causa la necessità di “prevenire la femminilizzazione dei giovani maschi”. Il problema risiede nel fatto che, a causa della cultura pop e di un sistema educativo dominato da figure femminili, nessuno vuole più diventare un “eroe di guerra”.

Secondo l’alto funzionario, un’orda incontrollata di “giovani deboli e fragili” potrebbe intaccare le prospettive di crescita della Repubblica popolare, ma anche la sua reputazione. L’anno successivo il ministero dell’Educazione ha risposto alla chiamata emanando misure che puntano a “coltivare la mascolinità” mediante lo sport. Un aumento delle ore di educazione fisica, preferibilmente insegnate da docenti maschi, servirebbe a enfatizzare lo “spirito dello yang” (uno degli elementi della cosmologia cinese che indica il concetto di “positivo” e di “maschile”).

L’annuncio non conteneva indicazioni precise su modalità e tempistiche, ma ha scatenato il dibattito online. In pochi giorni l’hashtag di riferimento sulla popolare piattaforma di microblogging Weibo ha collezionato 1,5 miliardi di visualizzazioni, veicolando anche riflessioni sulle forti pressioni a cui i giovani sono soggetti durante tutto il ciclo scolastico. Al New York Times un diciottenne di Shenzhen ha raccontato che durante l’educazione fisica i suoi compagni di classe “passano tutto il tempo seduti in disparte a fare i compiti”. Molti commenti si sono limitati a concordare sulla insufficienza di “influenze maschili” a scuola. Secondo alcuni serve una buona dose di virilità per far fronte a un contesto internazionale così teso. Non sia mai che non ci siano forze sufficienti per difendere la Repubblica popolare nel caso di un’“invasione esterna”.

Nel 2018 è divenuta virale la notizia di genitori che si rivolgevano al Real Boys Club, un particolare centro sportivo a ovest della capitale, nato con la missione di “formare i ragazzi a essere uomini”. Lezioni improntate sui successi della Cina, tanta attività fisica e slogan di natura machista servono a cancellare ogni traccia di sensibilità, lascito di anni di idoli pop androgini e maestre comprensive. Secondo il fondatore del club, ex allenatore di calcio, solo in questo modo i ragazzi possono imparare a “superare le sfide e i pericoli” e a diventare uomini. Uno dei genitori ha ammesso che in effetti al figlio “prima piaceva piangere, ma ora ha un carattere più solare”.

Di fatto, da decenni Pechino è impegnata nei tentativi di modernizzare e rinnovare le proprie forze armate e la volontà di restaurare un certo standard maschile è del tutto funzionale agli sforzi per migliorare l’efficienza militare. La mancanza di esercizio fisico è stata riconosciuta da una certa fazione dell’accademia e dai media come uno dei fattori di una presunta “crisi della mascolinità” che starebbe sconvolgendo la società cinese. Tra le altre cause figurano il kpop, i videogiochi e la masturbazione.

[L’articolo continua all’interno dell’e-book “Sport e Politica”]

A cura di Vittoria Mazzieri