«Istigazione al rovesciamento dello stato»: tre anni di condanna per Huang Qi

In by Simone

Tre anni di reclusione per aver cercato la verità sulla morte di migliaia di bambini, uccisi dal crollo degli edifici scolastici nel terribile terremoto del maggio 2008 nella provincia cinese del Sichuan. Huang Qi, noto dissidente e attivista per i diritti umani, torna così in carcere, condannato da Corte del popolo del distretto di Wuhou a Chengdu con l’accusa di «possesso illegale di segreti di stato». Ma i punti neri in questa «vendetta», come la chiama la moglie Hunag, Zeng Li, non sono pochi. Di certo c’è l’impegno di Huang a sostegno delle famiglie che hanno perso i figli nei crolli degli edifici scolastici durante il terremoto del maggio del 2008. Allora, subito dopo il sisma, la Cina aveva mostrato il suo volto migliore e le immagini dei soccorritori che prestavano aiuto alle vittime avevano fatto il giro del mondo, ponendo un freno, seppur momentaneo, alle accuse di quanti protestavano per l’assegnazione dei giochi olimpici a Pechino e chiedevano al governo cinese il rispetto dei diritti umani. Un atto dovuto verso gli oltre 80 mila morti, 5000 dei quali bambini, e verso il lavoro dei volontari impegnati tra le macerie. Ma, dopo un’iniziale promessa per avviare un’inchiesta su eventuali responsabilità,  al momento di cercare la verità sulla causa dei crolli di quelli che venivano definiti gli edifici di «tofu», le autorità si sono rifuggiate nell’impenetrabile segreto di stato. Ed è qui che entra in scena Huang Qi. Prima dell’arresto, avvenuto nel giugno 2008, Huang stava investigando sul crollo di numerose scuole durante il sisma.  A Huang si erano perciò rivolti i genitori di cinque bambini morti sotto le macerie della Scuola media Dongqi ad Hanwang, intenzionati a intentare una causa di risarcimento contro le autorità locali. In molti luoghi infatti le scuole sono stati gli unici edifici a crollare, facendo pensare che fossero state costruite senza tenere conto delle misure di sicurezza e spesso con materiali scadenti.

Accusa sempre negata dal governo cinese, che in questa storia ha negato anche altro. Come la scarcerazione di Huang Qi per motivi di salute. Da mesi il suo avvocato, Mo Shaping, riferisce delle pessime condizioni fisiche di Huang che soffrirebbe di frequenti emicranie e insonnia, senza mai aver ricevuto visite e cure mediche appropriate. «Huang Qi dovrebbe essere considerato un cittadino modello – afferma  Sam Zarif, direttore di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico  – ma oggi è una vittima della vaghezza delle leggi sul segreto di stato». I dubbi rimangono. Alla moglie non è stato consegnata nessuna copia scritta del caso né della sentenza, mentre la prova della colpevolezza di Huang sarebbero per i giudici due documenti, regole per i funzionari su come gestire le petizioni di protesta dei cittadini, compilate  da una non specificata autorità municipale, scovati dalla polizia in casa del dissidente. Non è però ben chiaro perché questi documenti debbano essere catalogati come segreti di stato. «La legislazione sul segreto di stato in Cina dev’essere rivista – continua Sam Zarif – la legge viene spesso usata per penalizzare gli attivisti per la tutela dei diritti umani e limitare la libertà di espressione». Limitazioni che il quarantaseienne Huang Qi conosce bene. Nel 1998 l’uomo ha aperto un sito internet che diffondeva notizie su persone scomparse o sequestrate per traffici umani, spostando poi la sua attenzione sulle ingiustizie e le denunce dei cittadini contro il governo.

Un’attività classificata come  «istigazione al rovesciamento dello stato» dalle autorità e costatagli una condanna a due anni e mezzo carcere. In prigione dal febbraio 2003 al giugno 2005, una volta scarcerato Huang ha però ripreso la sua attività a tutela dei diritti umani fino all’epilogo di ieri. La difesa delle vittime del terremoto è un campo minato per chi vuole giustizia. A marzo è stato arrestato lo scrittore  Tan Zuoren, un «sovversivo» per la polizia, «colpevole» di aver compilato un elenco dei bambini morti sotto il crollo delle scuole. Non è andata meglio ad Ai Weiwei, artista e attivista, interrogato dalla polizia e aggredito per aver lanciato sul suo blog una campagna per raccogliere i nomi di tutti gli studenti morti. E pochi giorni dall’invito pronunciato a Pechino da  Obama  per un maggior rispetto dei diritti umani Huang diventa il secondo dissidente a finire sotto processo. Prima di lui era toccato a  Zhou Yongjun, ex leader del movimento di Tiananmen, ora accusato di non ben precisate frodi economiche.

[Pubblicato su Il Riformista del 24 novembre 2009, foto da Amnesty.uk.org]

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