Wukan. Dalle rivolte all’autogoverno

In by Simone

Le proteste di Wukan si spostano a Haimen. Un’occasione per ripercorrere tre mesi di proteste e un esperimento di autogoverno che è stato addirittura avvicinato dal Financial Times alla Comune di Parigi. Una situazione incredibile per la Repubblica popolare cinese.

Update 
Mercoledì 21 Dicembre 9.39

Nella mattinata di oggi si sono svolti i primi incontri tra autorità e rappresentanti del villaggio di Wukan. La popolazione aveva specificato di dare un giorno di tempo ai funzionari per rispondere alle loro richieste, salvo la minaccia di tornare a protestare fin da domani. Da poco sembra che una piccola vittoria sia già arrivata: le autorità avrebbero promesso la liberazione degli arrestati in seguito alle proteste. Qui trovate un’agenzia al riguardo.

Dopo Wukan, Haimen.

Neanche il tempo di analizzare la portata storica di quanto sta succedendo nel villaggio di pescatori in protesta da settembre e in grado di dare vita ad una estemporanea forma di auto governo, che la notizia di ieri in Cina è il propagarsi della protesta a soli cento chilometri da Wukan.

Secondo alcuni cittadini che hanno postato foto e brevi commenti su Weibo, il Twitter cinese (notizie poi riprese da agenzie internazionali) ad Haimen si sarebbe svolta una protesta contro una centrale elettrica cui la polizia avrebbe risposto con estrema violenza. Cause differenti ed esito altrettanto diverso rispetto a Wukan, a confermare l’intrigante situazione sociale in Cina.

Molto di più ancora non si sa, ma cerchiamo di capire intanto cosa è successo nel piccolo villaggio di Wukan, nella regione sudorientale del Guangdong.

Qui, infatti, si sta dando vita da una lotta e ad un esperimento sociale in Cina di grande importanza. All’interno delle dinamiche di quanto accade a Wukan si inseriscono la questione delle terre, le requisizioni forzate, il malcontento dei contadini cinesi, un esempio di auto-organizzazione e naturalmente equilibri e sfide politiche interne all’apparente monolitico Partito Comunista cinese.

Oggi Wukan, 20mila abitanti, è circondato dalle forze di polizia. Fino a ieri, giunti a Lufeng, il centro abitato più vicino, giungendo da Shenzhen, la situazione era stabile, anche se si è registrato un aumento delle forze di polizia già a Lufeng.

E’ lì infatti che si può ottenere un contatto con qualche wukanese, disposto a portare i giornalisti nel villaggio, sfidando i posti di blocco e provando ad entrare a Wukan dove è stato anche adibito un centro stampa in case private. Un evento eccezionale in Cina.

Premessa: la terra

La terra in Cina appartiene allo Stato. Viene affittata, per 70 anni ai contadini, ma la proprietà è statale.

A causa di una sempre più ampia difficoltà e fiducia nei rapporti tra governo centrale e governo locale, da tempo Pechino ha chiuso molti rubinetti dei finanziamenti dal centro alla periferia. Le regioni per fare cassa, hanno proceduto a requisire terre e “venderle” a costruttori.

Nel caso in cui questa operazione venga fatta “legalmente” il governo regionale e le singole città devono procedere a devolvere al governo centrale una tassa.

Per questo motivo, in molti casi, funzionari locali procedono alla requisizione illegale delle terre, ovvero con la violenza e le minacce nei confronti degli abitanti, prendendosi mazzette e gestendo poi il business sempre sicuro del mattone.

Evacuazioni forzate, demolizioni, sono all’ordine del giorno in Cina. Si valuta inoltre che il 65 per cento degli “incidenti di massa” in Cina (come vengono chiamate le rivolte e le proteste) avvengano a causa di dispute sulla terra.

I contadini

Un recente sondaggio proposto dalla rivista pechinese Outlook Magazine ha rivelato che il 70 per cento degli agricoltori cinesi sarebbe “scontento”.

Le cause principali sono da rintracciare nelle requisizioni forzate delle terre e nella più generale situazione di rallentamento economico. Ne è riprova il crescente numero di “incidenti di massa”. Il sondaggio è stato condotto dalla facoltà di Economia agraria e sviluppo rurale dell’Università Renmin di Pechino e ha indicato come primo fattore dell’infelicità  “le acquisizioni forzate di terra, che portano a scontri e proteste di lunga durata”.

Se la situazione non verrà affrontata correttamente, avvisano gli esperti, “le proteste potranno diventare scontri diretti contro le autorità”. Il rapporto afferma che il numero di controversie in materia di uso del suolo e di acquisizioni di terra, è in aumento da quando il paese ha iniziato un nuovo ciclo di rapida crescita economica nel 2002.

“Gli eventi legati alla terra hanno raggiunto nuovi picchi massimi, diffondendosi dalle zone della costa orientali anche ad intere regioni interne occidentali”, ha raccontato un professore dell’Università pechinese.

I contadini sarebbero “arrabbiati”, sempre secondo l’Outlook Magazine, perché la terra gli viene spesso confiscata senza che gli vengano accordati compensi sufficienti o per i metodi spesso arbitrari con cui i funzionari procedono alle acquisizioni, senza avvertimenti e tramite minacce.

“Le storie di sgomberi forzati – è scritto nel rapporto – e le sanguinose proteste nelle aree rurali sono ormai comuni negli ultimi anni, a causa della conversione di aree rurali convertite in zone per la costruzione di parchi industriali, abitazioni, strade e ferrovie”.

Wukan

A settembre di quest’anno i contadini hanno manifestato di fronte gli uffici della sezione del Partito comunista di Wukan per protestare contro la vendita delle terre alle aziende private. Nel corso della giornata i manifestanti sono aumentati di numero e la protesta si è spostata ed è diventata più violenta.

Strade bloccate ed edifici governativi danneggiati. Il bilancio ufficiale della situazione parlava di qualche centinaio di rivoltosi, più di una dozzina di agenti feriti e sei macchine della polizia rivoltate. Il South China Mournig Post aveva riportato la versione degli abitanti del villaggio di Wukan.

Secondo la loro testimonianza migliaia di persone avrebbero preso parte agli scontri, molti sarebbero i feriti e alcune persone sarebbero state arrestate.

La protesta sarebbe nata dal sospetto che alcuni quadri di partito, tra cui il segretario Xue Chang, avessero venduto alcuni ettari di terra a una società di costruzioni, la Country Garden, per il valore di più di un miliardo di yuan.

La (falsa?) notizia di un bambino ucciso dalla polizia avrebbe poi infiammato le masse. Il fatto che i quadri di partito si accordino con i palazzinari sulla vendita delle terre è storia vecchia in Cina. Ci sono leggi che garantiscono ai contadini una giusta compensazione per la perdita, ma spesso sono ignorate a livello locale.

Fuga dei funzionari e auto-organizzazione: precisazioni

Per la prima volta il Partito Comunista è sembrato nel panico: dopo le prime proteste i funzionari sono scappati e da allora, tra manifestazioni e proteste, il villaggio di Wukan ha proceduto ad una straordinaria forma di autogestione, tanto da fare paragonare il villaggio alla Comune di Parigi (secondo il Financial Times).

Dai report di giornalisti sul posto emerge inoltre una caratteristica importante: la rabbia degli abitanti è contro i funzionari locali e al contrario di quanto in alcuni casi è stato riportato, non è in atto una rivoluzione contro il Partito Comunista, bensì un tentativo di opporsi all’arbitrarietà dei funzionari locali.

E’ un errore tutto occidentale quello di leggere qualsiasi evento in Cina in funzione anti partito. Come ho avuto occasione di ascoltare da interviste con dissidenti o semplici discorsi con amici cinesi, nessun cinese ha intenzione di affidare il proprio paese al luan, il caos, memori della rivoluzione culturale e dei fatti del 1989. Quello ce viene chiesto è trasparenza, possibilità di valutare meccanismi di società civile, con il Pcc a costituire un valido strumento di equilibrio e controllo.

La morte del leader e gli ultimi eventi

Quando è giunta la notizia della morte di Xue Jinbo uno dei leader della protesta in carcere, è aumentata la tensione. “La causa della morte è stata un’insufficienza cardiaca, altre cause sono state preliminarmente escluse”, hanno fatto sapere le autorità del paese.

Ma la tensione è nuovamente cresciuta perché la popolazione non crede alla versione ufficiale fornita dalla polizia.

Molti abitanti del villaggio sospettano che le autorità non siano state sincere, soprattutto perché alcuni dei parenti di Xue avrebbero visto il suo corpo in una camera ardente a Shanwei.

Secondo la loro testimonianza il corpo del morto sarebbe stato contraddistinto da molti lividi. “C’erano lividi scuri sia sulla schiena sia sul petto. Uno dei suoi pollici era fratturato e c’erano segni di strangolamento attorno al collo”, ha detto uno dei dodici rappresentanti del villaggio di una commissione formata per negoziare con i funzionari della città.

Abbiamo il sospetto – hanno aggiunto – che l’uomo sia stato torturato per estorcergli una confessione. Vogliamo che ci consegnino il corpo di Xue per procedere ad un’autopsia indipendente”.

La commissione temporanea del villaggio è stata creata su invito del governo locale per aprire una trattativa, ma presto “il governo è tornato indietro e ci ha dichiarato illegali: Xue era il nostro rappresentante più attivo e capace”.

Le richieste degli abitanti del villaggio sono state espresse attraverso petizioni in cui venivano chieste indietro le terre sequestrate e l’arresto dei funzionari corrotti.

Ad oggi le richieste degi abitanti di Wukan non transigono su questo aspetto: negoziazioni possibili, ma prima la verità sulla morte di Xue.

La sfida politica

Naturalmente in Cina c’è sempre il sospetto che non tutto accada per caso.

Alcuni ad esempio ritengono che i disordini possano essere stati causati per mettere in difficoltà  Wang Yang, boss del Pcc del Guangdong dato in forte ascesa per il suo modello “liberale”.

Altri ancora ritengono che invece sia proprio Wang Yang a “rimestare nel torbido”, utilizzando la rivolta per dimostrare le proprie doti da mediatore nell’ambito dei disordini sociali.

E’ questa secondo ipotesi una possibile spiegazione alla domanda che tutti si stanno facendo in Cina: perché la polizia non è ancora intervenuta nei modi consueti, o almeno nei modi in cui di solito agisce in Cina.

L’esperimento continua, in attesa di nuove sorprese dal coraggioso villaggio di pescatori di Wukan.

[Foto credit: telegraph.co.uk]