Alla scoperta dei troubadour dell’India. Poeti, musicisti e praticanti di un culto esoterico. Che ha le sue radici nel tantrismo medievale e sostiene l’identità fra microcosmo e macrocosmo. Cantando l’illusoria separazione tra classi e sesso e l’uguaglianza tra hindu e musulmani.
All’estremo orientale dell’India, le campagne del Bengala Occidentale sono dipinte da sentieri di terra rossa, boschi di eucalipto e una vivacissima tradizione di musica folk. Regione povera, sovrappopolata e generalmente snobbata dagli itinerari turistici, il cuore del Bengala è la meta tanto inusuale quanto ideale per gli appassionati di tradizioni orali, strumenti folklorici e menestrelli ambulanti.
Nella pianura che si estende dal distretto di Bankura a quello di Murshidabad, passando per il Birbhum e Bardhaman, il paesaggio è un placido susseguirsi di tetti di paglia, casupole di fango colorate di azzurro sgargiante, aratri trainati da massicce coppie di buoi e distese infinite di campi di riso. Non è raro incontrare, tra mercati di villaggio e sconclusionati treni locali, cantori e musicisti Baul che improvvisano canzoni tantriche di amore ed estasi in cambio di qualche gentile offerta.
Meglio conosciuti come i “troubadour dell’India”, i Baul rappresentano un gruppo di performer itineranti, praticanti di un culto esoterico nato dall’unione sincretica di tantrismo, sufismo e devozionalismo vaishnava. Detentori di un ricco repertorio di canti trasmessi oralmente da Guru a discepolo, i Baul cantano l’uguaglianza fra hindu e musulmani, rifiutano l’illusoria separazione fra classi, caste e sessi, prediligono il rapporto personale ed estatico con il divino, denigrando il pedante ritualismo, gli strenuanti pellegrinaggi e le aride Scritture.
Sostenitori dell’identità fra microcosmo e macrocosmo, le canzoni dei Baul rappresentano un’enciclopedia di tecniche yogiche ed erotiche di controllo del respiro e manipolazione dei quattro elementi della natura da ricondurre alle componenti interne al corpo umano. Vestiti di lunghe tuniche arancioni e buffi gilet colorati, i Baul accompagnano i loro canti a danze vorticose, ereditate dai dervisci, sfoggiando strumenti a corde intagliati nel legno di mango o ricavati da una zucca rielaborata a moè di cassa armonica (vedi link in basso per una piattaforma online di video e registrazioni di canti dal vivo).
L’esplorazione alla ricerca della musica folk del Bengala si snoda da un capo all’altro della regione, offrendo un’ottima scusa per fare tappa nei luoghi più ameni e interessanti della storia e dell’arte indigena. Partendo dagli auditorium più equipaggiati della capitale Calcutta, non è raro inciampare in un concerto di musica di Dervish, Baul e Fakir nell’auditorium del centro culturale Rabindra Sadan (vedi link in basso per I concerti organizzati da Sahajiya Foundation). Per una sessione musicale più informale, intima e lontana dai riflettori dello show-business urbano, ci si può sedere attorno a un fuoco davanti al mausoleo sufi di Patharcapuri, dove ogni giovedì sera si radunano Baul e Fakir (il giovedì, o ‘gurubar’, è il giorno della settimana in cui I mistici dell’Islam recano omaggio al Guru, o Murshid, il maestro della via per il perfezionamento fisico e spirituale).
Pathercapuri ospita anche una delle moschee più sfarzose del Bengala: la sala di preghiera, dove, in maniera assai inconvenzionale, possono meditare sia donne che uomini, che ospita le reliquie del santo-sciamano Data Baba, fra cui il serpente che trasformò in legno con il potere del suo sguardo.
E’ possibile fare base nella tranquilla cittadina di Shantiniketan e partire da lì per spedzioni giornaliere all’inseguimento delle tradizioni musicali del folklore bengalese. Fulcro della produzione artistica di Rabindranath Tagore, epicentro della poesia e della pittura locale, santuario del mecenatismo a vantaggio dell’artigianato e della cultura tribale, Shantiniketan è un placido villaggione alla portata di curiosi e viaggiatori, a circa tre ora da Calcutta.
Il sabato, nell’adiacente bosco di Sonajhuri, si tiene un mercatino decisamente etno-chic in cui si riuniscono piccoli artigiani locali e numerosi gruppi di cantori e musicisti Baul: non vi sarà difficile in quest’occasione, fra una sbriciatina alla bancarella delle sete e le dimostrazioni del venditore di sgabelli di bambù, impugnare cimbali e tamburello e sedervi insieme ai Baul per un pomeriggio musicale.
Un’ottima tappa per una gita in giornata all’insegna dei canti folklorici è senza dubbio la piccola Jaydev, cittadina sulla riva del fiume Ajay che, leggenda vuole, ha dato i natali al poeta Jaydev, mentore degli antichi canti d’amore in sanscrito dedicati alla coppia divina per eccellenza, Radha e Krishna, riverito in qualità di Guru ancestrale dalla comunità Baul. Rinfrescatevi alle pendici del gigantesco albero di baniano che si staglia, vasto e ombroso, dal centro della città e lasciatevi allietare dal primo menestrello di passaggio.
Segni di riconoscimento: una smodata quantità di collane colorate di quarzo e semi di rudraksha, e un dotara a tracolla – il tipico mandolino dal manico solitamente scolpito a testa di pavone. E’ raccomandabile approfittare della tappa per dare un’occhiata al tempio medievale dedicato, per l’appunto, a Jaydev e interamente rivestito di pannelli di terracotta riccamente decorati a bassorilievo.
Dormire e mangiare. Shantiniketan abbonda di opzioni per tutte le tasche. Il quartiere di Shyambati, alle spalle del parco dei cervi, pullula di piccole Guest House a 5 euro per una doppia (la Manorama ha anche un ottimo ristorante). Più elegante e dotato di fresco giardino e camere con vista sul parco dei cervi, il Park Guest House ha ampie doppie per 20 euro a notte (vedi link in basso). Sulla terrazza, il ristorante Lal Kila di recente apertura ha un ricco menu di pietanze sia indiane che semi-europee (una cena con tanto di birra fresca costa intorno ai 4 euro). Il lussuoso Camelia Hotel organizza concerti nella hall principale e offre sistemazioni in doppia a 25-30 euro (vedi link in basso).
Arrivare. Voli giornalieri per Calcutta collegano la ‘Città della Gioia’ ai maggiori aeroporti italiani (un comodo volo andata e ritorno della Emirates costa 600-700 euro a seconda della stagione). Una volta a Calcutta, spostatevi con i treni locali che dalla stazione coloniale di Howrah collegano la capitale alla stazione di Shantiniketan (Howrah-Bolpur biglietto in prima classe con aria condizionata circa 5 euro). Da Shantiniketan, se siete insofferenti verso gli sgangherati autobus locali che partono dalla stazione di jambuni, potete noleggiare una macchina con autista per 300 rupie (5 euro) al giorno più 12 rupie (circa 20 centesimi di euro) ogni chilometro percorso.
Per informazioni: Baul Archive – Sahajiya Foundation – Park Guest House – Camelia Hotel
[Scritto per Oggiviaggi.it]