SINOLOGIE – Origini dell’ascesa pacifica cinese

In Uncategorized by Simone

La tesi “Zheng He, un eunuco al comando della flotta imperiale: dall’oblio alla riscoperta” analizza un personaggio e un periodo della storia cinese a lungo dimenticati; il più grande navigatore della storia cinese verrà infatti riscoperto solo nel XX secolo, diventando poi il simbolo dell’ascesa pacifica cinese.
Nel 1421 la Cina "scopre" l’America: questa è la coraggiosa teoria presentata dall’ex-ufficiale della marina britannica, Gavin Menzies, in un libro che ha la pretesa di riscrivere la storia mondiale.  Tutto ha inizio con la scoperta di un’antica mappa datata 1424, la quale rappresentava un planisfero molto accurato, in cui vi erano indicate delle isole chiamate Antilia e Santanazes e che Menzies identifica, per somiglianze e posizione, alle isole caraibiche di Guadalupe e Puertorico. Ma se l’America fu scoperta da Colombo nel 1492, com’è possibile che esistesse una mappa di ben 68 anni prima che già indicava l’esistenza del "Nuovo Mondo"? E chi poteva compiere un’impresa come quella agli inizi del XV secolo? Da qui Menzies inizia le sue ricerche, scoprendo che l’unico Paese in grado di compiere un’impresa epica come quella era la Cina.

In effetti, in pochi sanno che nel XV secolo la Cina fu la più grande potenza marittima del mondo; le sue conoscenze nautiche, astronomiche e tecnologiche non avevano rivali in quel periodo. La flotta imperiale, fatta costruire dall’imperatore Yongle della dinastia Ming, rappresentò per decenni la potenza e la magnificenza dell’impero cinese in tutto il sud-est asiatico e oltre; essa contava oltre 300 navi, di cui circa 60 che superavano i 100 metri e che venivano chiamate navi del tesoro (baochuan), anche per la ricchezza del carico che trasportavano (sete preziose, finissime porcellane, argento, oro, ecc…); un equipaggio di circa 30.000 uomini, tra cui soldati, marinai, interpreti, astronomi, medici, religiosi, ecc… La flotta navigò dal 1405 al 1433, visitando oltre 30 paesi, come Champa, Java, Palembang, Calcutta, Hormuz, le isole Maldive, la Mecca, fino a raggiungere le coste orientali dell’Africa; il compito di comandare la flotta imperiale fu affidato ad un ammiraglio molto speciale, Zheng He, un eunuco musulmano che conquistò la fiducia del suo imperatore.

Queste spedizioni avevano l’obiettivo principale di dare all’impero Ming prestigio e onore, attraverso l’instaurazione di rapporti diplomatici ed economici con i paesi visitati dalla flotta, attraverso i quali la Cina garantiva la pace e la stabilità all’interno del suo sistema tributario. Da queste informazioni è facile comprendere le enormi potenzialità che aveva l’impero cinese in quel periodo e la teoria di Menzies avrebbe potuto facilmente avverarsi, se non fosse che la Cina, con la morte dell’imperatore Yongle e del suo grande ammiraglio Zheng He, cadde nelle mani dei letterati confuciani, da sempre contrari alle spedizioni oltremare; esse venivano infatti considerate dispendiose e inutili e rappresentavano, inoltre, la fonte primaria di potere e di reddito per gli eunuchi, da sempre odiati dai letterati; era dunque necessario sospenderle e ogni riferimento ad esse doveva essere eliminato.

La Cina rientrò così nella retorica confuciana e si chiuse in sé stessa; le epiche spedizioni oltremare guidate da Zheng He furono riassunte in sole 700 parole all’interno dei 330 capitoli del Taizong Shilu, facendo sì che svanissero dalla memoria storica non solo della Cina, ma del mondo intero.
Molti studiosi concordano sul fatto che la Cina,se avesse voluto, avrebbe potuto dominare non solo il sud-est asiatico, ma il mondo intero; se la Cina avesse avuto le motivazioni, oggi si parlerebbe senz’altro di una storia del mondo diversa. La Cina però si dimostrò poco avida, non era infatti interessata al guadagno e ad espandersi, ma solo al prestigio e all’onore, motivi che la portarono poi a rimanere indietro sia economicamente che scientificamente rispetto all’Occidente, che approfittò del ritiro della Cina dalla scena marittima per espandere il suo impero coloniale.

La riscoperta di Zheng He avvenne solo nel XX secolo e la sua leggenda si diffuse soprattutto in occidente, grazie all’interesse di diversi studiosi e dal successo del libro di Menzies "1421, la Cina scopre l’America", che, nonostante le dure critiche ricevute dal mondo accademico, ha ridato a Zheng He e alle sue spedizioni l’importanza che meritavano. Sulla scia del successo di Menzies, il governo cinese decise di utilizzare Zheng He come simbolo dell’ascesa pacifica della Cina e nel 2005, in occasione del 600° anniversario del primo viaggio dell’ammiraglio eunuco, dichiarò che l’intento della Cina è quello di raggiungere i propri obiettivi attraverso una diplomazia di pace, senza danneggiare gli altri Paesi, come fece Zheng He nell’arco dei 33 anni in cui fu al comando della flotta imperiale ming.

Le sette spedizioni marittime guidate dall’ammiraglio eunuco Zheng He rappresentarono un evento unico nella storia cinese e dipesero da una situazione politica favorevole; nei tre capitoli che compongono la tesi vengono descritti: il contesto storico che portò Yongle a ordinare queste spedizioni, le sette spedizioni nel dettaglio, i motivi che portarono alla loro sospensione e, infine, la riscoperta di Zheng He e la promozione del soft power cinese. Il primo capitolo si concentra sul contesto storico, partendo con la fondazione della dinastia Ming da parte di Zhu Yuanzhang. Diventato imperatore, scelse il nome di Hongwu e cercò di risolvere alcune questioni, tra cui il numero eccessivo di eunuchi; improntò la sua politica estera sul rispetto del paesi vicini e sulla coesistenza pacifica, sul divieto marittimo e sull’espansione del sistema tributario cinese.

Il figlio, l’imperatore Yongle, seguì le orme del padre; salito al trono dopo una battaglia civile con l’erede legittimo, l’imperatore Jiawen, Yongle andò in cerca del riconoscimento da parte dei paesi vicini, ordinando al suo fidato eunuco Zheng He, la costruzione della flotta più potente del mondo e di guidare le spedizioni marittime con cui venne riconosciuta dai paesi oltremare la superiorità dell’impero Ming. In questo capitolo si affronta anche il tema degli eunuchi, descrivendo in breve il loro ruolo all’interno dell’apparato governativo e la loro crescente influenza; in particolare si affronta la particolare rivalità tra eunuchi e letterati confuciani, in quanto proprio questo contrasto fu alla base della sospensione dei viaggi marittimi.

Nel secondo capitolo si introduce il personaggio Zheng He e la sua carriera al servizio dell’imperatore Yongle; intelligente, fidato e coraggioso, Zheng He conquistò la fiducia di Yongle, che gli affidò l’importante compito di annunciare al mondo la sua ascesa e la superiorità civile e culturale del suo impero, senza però sottomettere nessun popolo, offrendo anzi in cambio doni preziosi e protezione militare. I resoconti dei viaggi arrivati fino a noi sono quelli di Ma Huan e Fei Xin, compagni di viaggio di Zheng He, i quali descrivono accuratamente i luoghi e le popolazioni incontrate e i loro usi e costumi; le sette spedizioni si svolsero tra il 1405 e il 1433, l’ultima delle quali ordinata dall’imperatore Xuande, e portarono all’impero cinese un prestigio indiscusso.

La morte di Xuande equivalse alla morte dell’ego marittimo cinese, che fu spento dai letterati confuciani, che, oltre a considerarli inutili e dispendiosi, li consideravano un segno di debolezza della Cina, la quale, secondo la tradizione confuciana, non aveva bisogno di nient’altro al di fuori di sé; essi erano anche il simbolo dell’influenza e del potere degli eunuchi. L’astio dei letterati non portò solo alla sospensione dei viaggi, ma ad una loro cancellazione dalla memoria storica cinese; tutti i documenti ufficiali delle spedizioni di Zheng He furono bruciati; ma la sua leggenda sopravvisse grazie ai resoconti di coloro che viaggiarono con lui.

Nell’ultimo capitolo si parla della sua riscoperta; a lungo dimenticato, Zheng He torna alla ribalta dopo le sconfitte subite proprio in mare dalla Cina durante il "secolo dell’umiliazione", che la portarono ad una condizione di semi-colonialismo a seguito della firma dei "trattati ineguali" per porre fine, nel 1842, alle ostilità con la Gran Bretagna. Queste sconfitte, insieme a quelle causate dai giapponesi, portarono l’intellettuale Liang Qichao a scrivere un articolo intitolato "Zheng He: un grande navigatore della nostra Patria", in cui auspica una reazione della Cina, ricordandole la grande potenza che fu durante la dinastia Ming.

Nel XXI secolo, la Cina si dichiara pronta a confrontarsi con l’Occidente e a mostrare la sua propensione verso delle relazioni politiche ed economiche basate sul rispetto e sulla non-aggressività; per incrementare la sua immagine positiva, ha speso, e continua a spendere, milioni di dollari, come nel caso delle Olimpiadi di Pechino del 2008 e dell’Expò di Shanghai del 2010, eventi che hanno messo la Cina sotto i riflettori mondiali e che hanno incrementato l’interesse dell’Occidente verso di essa. Molti paesi, però, sono preoccupati dall’enorme crescita economica della Cina, così, il governo cinese decide di scegliere Zheng He come simbolo, non solo della rinascita marittima cinese, ma anche della sua ascesa economica nel panorama mondiale; il paragone con Zheng He serve infatti a dare fiducia alla Cina come nuova potenza mondiale, che basa la sua politica estera, non su un piano militare e aggressivo, ma su un soft-power, volto a conquistare l’Occidente, non solo attraverso il suo mercato competitivo, ma soprattutto con la sua cultura, le sue tradizioni e la sua lingua. I Kongzi Xueyuan (Istituti Confucio) sono un esempio del soft-power cinese, utili a spiegare la Cina in tutte le sue sfumature, permettendo una maggiore comprensione di essa.

Nonostante i grandi sforzi fatti dal governo cinese per tranquillizzare il resto del mondo, però, la Cina si trova ancora al centro di forti critiche da parte dell’Occidente; i suoi problemi interni, quali  i diritti umani e civili, la censura, il Tibet, ecc…, fanno sì che si guardi ad essa ancora con scetticismo.
Così, l’uso di Zheng He come simbolo dell’ascesa pacifica cinese, non basta a rassicurare la comunità internazionale, se poi le politiche interne differiscono dall’immagine che la Cina vuole dare di sé; il governo cinese dovrebbe quindi concentrare i suoi sforzi, non solo sull’opinione pubblica estera, ma anche sull’opinione interna, come una sorta di yin-yang, volto a costruire un’immagine armoniosa sia all’interno che all’esterno di sé.

*Ramona Melis, melis.ramona83[@]yahoo.it, nata a San Gavino (CA) il 13/12/1983, si laurea in Lingue e Comunicazione Internazionale presso l’Università Roma Tre.

**Questa tesi è stata discussa presso l’Università Roma Tre di Roma. Relatore: prof. Mauro Crocenzi

[La foto di coperetina è di Federica Festagallo]