Sinologie – La Belt and Road Initiative. Prospettive storiche e geopolitiche

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La Belt and Road Initiative (nota con l’acronimo BRI) è caratterizzata da due distinte iniziative, tra loro complementari, note come Silk Road Economic Belt e Maritime Silk Road Initiative of the 21st Century, unificate sotto la denominazione “Belt and Road Initiative”. Esse si configurano come una strategia di sviluppo nazionale pietra miliare anche in ambito diplomatico e finanziario nel futuro a medio-lungo termine della Repubblica Popolare.

Spesso paragonata all’antica Via della Seta, sorta oltre 2000 anni fa e rimasta fulcro degli scambi intercontinentali fra Europa ed Asia sino alla caduta dell’impero mongolo, in verità l’odierna BRI ha poco da spartire con essa.

Questa tesi intende mostrare le differenze che intercorrono fra queste due realtà, partendo nel primo capitolo con una disamina storica degli attori politici che hanno edificato e solcato i difficili percorsi della Via della Seta tra il V secolo a.C. ed il XIV secolo d.C; il secondo capitolo è dedicato all’esposizione della Silk Road Economic Belt, della Maritime Silk Road Initiative ed alla loro complementarietà; il terzo capitolo verte sull’infrastuttura finanziaria della Belt and Road Initiative, in special modo sul ruolo della Asian Infrastructure Investment Bank; il quarto capitolo fornisce alcuni spunti di riflessione su possibili scenari futuri che concernono la BRI, come la “via artica” e la “trappola del debito”; nel quinto ed ultimo capitolo vengono esposte alcune riflessioni conclusive.

La Via della Seta e le sue peculiarità

Le rotte terrestri della Via della Seta storica avevano due ideali nodi iniziali: Xi’an e Roma, capitali dei più importanti imperi nelle rispettive aree geografiche; oggi queste distanze si sono ulteriormente ampliate, e i capisaldi possono essere rintracciati in Shanghai e Rotterdam.

Nei quasi 9000 chilometri che in linea d’aria separano queste città si stanno gettando le basi per creare un ponte infrastrutturale capace di connettere l’Oceano Pacifico con il Mar Baltico senza soluzione di continuità: come delineato dal “Documento Bianco” del 2015, il governo cinese ha specificatamente enunciato che la SREB “ha il compito di unire Cina, Asia Centrale, Russia ed Europa”. Per riuscire in una tale impresa, ancor prima di studiare i percorsi (ferroviari, autostradali od energetici) più idonei è stato necessario raccogliere un notevole consenso intorno al progetto cinese.

Proprio con questa finalità sono stati stipulati nel corso degli anni accordi formali fra la Cina e i possibili co-partecipanti alla SREB: è del dicembre 2014 l’intesa con il Kazakistan, mentre del 2015 sono i memorandum strategici con Russia ed Uzbekistan e del 2016 con l’Egitto; numerosi sono anche i Free Trade Agreements (FTAs) come quello con la Svizzera del 2014. La tendenza è comunque quella ad un coinvolgimento diplomatico sempre più marcato, come dimostrato dell’adesione cinese al Piano Junker nel corso del 2015: tale partecipazione è sintomatica della volontà di Pechino di creare nuovi legami diplomatico-commerciali che permettano una penetrazione più incisiva delle merci e delle idee provenienti da oriente in un mercato di assoluto rilievo per le ambizioni di crescita del gigante asiatico, con l’aspirazione finale a livello geopolitico di indebolire il sodalizio transatlantico, non più stabile e ferreo come un tempo, che lega l’Unione Europea agli Stati Uniti.

Per quanto riguarda gli aspetti prettamente strutturali della SREB, un buon punto di partenza per un’attenta analisi è quello di considerare il ruolo strategico che l’area centro-asiatica gioca, da un lato, nel mettere in collegamento Cina ed Europa e, dall’altro, nel garantire un sempre più necessario e cospicuo approvvigionamento energetico al gigante asiatico.

In quanto naturale ponte geografico situato al centro dell’enorme massa eurasiatica, l’Asia Centrale (ed in particolare realtà come Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan ed Uzbekistan) ha visto crescere al proprio interno gli investimenti da parte cinese nel settore infrastrutturale, con specifico riguardo per quanto concerne il trasporto su rotaia, tanto che alla fine del 2015 ben 815 convogli svolgevano operazioni transcontinentali (un incremento del 165% rispetto all’anno precedente) mentre dal 2017 sono attivi otto collegamenti regolari fra Cina ed Europa: la sola città di Manzhouli è punto di partenza per due tratte ferroviarie, mentre le restanti sei hanno luogo dalla provincia autonoma dello Xinjiang per poi seguire un percorso attraverso Kazakistan e Russia; ulteriori fondi sono stati destinati alla realizzazione della ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan, direttrice decisamente importante in quanto farà da trait d’union fra le province orientali cinesi e la zona del Mar Caspio.

Questi sono solo alcuni dei progetti “continentali” che Pechino ha deciso di finanziare; come ha ottimamente evidenziato Jonathan Holslag, incrementare il potenziale della rete infrastrutturale con i paesi limitrofi è un obiettivo per la Cina sin dagli anni Novanta del secolo scorso, e per questo motivo è possibile evidenziare come vi siano numerose altre opere in cantiere, anche volgendo lo sguardo verso sud: meritano una menzione il Corridoio del Karakorum, con obiettivo il Pakistan, e due connessioni ferroviarie verso Vietnam e Laos, entrambe incluse nel più grande “corridoio nord-sud del sud-est asiatico”. In aggiunta a ciò, molteplici sono i treni a lunga percorrenza che vedono un collegamento diretto fra hub commerciali cinesi e grandi città europee: parliamo ad esempio delle linee che mettono in comunicazione Chongqing, Harbin e Zhengzhou con Amburgo, Suzhou con Varsavia ed Yiwu con Madrid; è recente inoltre la notizia di un primo convoglio che lega direttamente l’Italia alla Cina: ogni settimana due coppie di treni viaggeranno sui 10800 chilometri che separano Mortara, in provincia di Pavia, da Chengdu, capoluogo della provincia di Sichuan.
Come rileva Yuan Li, uno dei più fulgidi esempi di cooperazione sino-europea lungo le vie terrestri della SREB è però Duisburg, in Germania: importante centro minerario della regione della Ruhr, nel 2010 vede il completamento della Ferrovia Yuxinou, che garantisce un rapporto diretto fra la realtà tedesca e quella cinese di Chongqing, megalopoli ormai prossima ai 30 milioni di abitanti; la rilevanza e la visibilità internazionale di questo collegamento, capace di portare il tempo medio di trasporto delle merci da 90 a 15 giorni, si può intuire dal fatto che il presidente Xi Jinping in persona ha visitato ufficialmente Duisburg nel marzo 2014. I mutui benefici si estendono non solo allo scambio commerciale puro, bensì hanno notevoli ricadute in diversi altri settori, come ad esempio nell’occupazione locale (20000 nuovi posti di lavoro dati dall’apertura di aziende orientate alla logistica nell’area del porto di Duisburg), nell’approfondimento di partnership istituzionali e nell’agevolazione di scambi interculturali.

La SREB vede nell’approvvigionamento energetico cinese uno dei principali motori per lo sviluppo di nuovi impianti e connessioni a lungo raggio, tanto che può essere considerato uno dei tre obiettivi principali dell’imponente iniziativa; per illustrare questa affermazione basti ricordare come, già alla fine del 2013, PetroChina (una delle compagnie petrolifere più grandi del paese) avesse attivi oltre 30 progetti che si sviluppavano lungo la dorsale della “Nuova Via della Seta”, tra cui l’oleodotto sino-kazako, il programma estrattivo di gas naturale sulla riva destra del fiume Amu Darya in Turkmenistan, i progetti petroliferi nelle città irachene di Ahdab, Rumaila e Halfaya, il gasdotto dell’Asia Centrale in cooperazione con Turkmenistan ed Uzbekistan e l’oleodotto Cina-Russia.

Come si può ben immaginare, tutte queste grandi opere prevedono un flusso di energia in direzione est, opposto in verso a quello compiuto dalle merci cinesi pronte ad essere spedite verso i mercati europei: questo “corridoio energetico Ovest-Est” sta assumendo una sempre maggior importanza strategica, dato il crescente fabbisogno di combustibili fossili da parte cinese, assolutamente necessari in questo periodo storico per sostenere l’industria domestica (nonostante gli sforzi ed i proclami per una transizione verso le energie rinnovabili); ecco raffigurato il quadro entro cui inserire altre iniziative di ragguardevole spessore, come la pioggia di miliardi che ha benevolmente investito il Kazakistan in questi ultimi anni (già partner in un accordo sulla cooperazione energetica del 2005) e l’investimento da 4 miliardi di dollari nello sviluppo dei giacimenti di gas a Bagtyyarlyk e Galkynysh in Turkmenistan.
Un ultimo aspetto della SREB sul quale ritengo sia necessario soffermarsi è quello delle reti informative: la connettività internet ad alta velocità e lo sviluppo di processi tecnologicamente avanzati quali la robotica, l’IoT, la zootecnia avanzata e la domotica, sempre più interconnessi a livello globale, necessitano di un potenziamento dei network esistenti. Con tale scopo viene firmato un Memorandum d’Intesa fra Commissione Europea e governo cinese per aumentare le sinergie fra i rispettivi progetti EFSI e BRI, che ha portato al lancio della “EU–China Connectivity Platform” e della “Trans-European Transport Network policy”; queste iniziative puntano a facilitare le strategie cooperative al fine di migliorare la visibilità degli investimenti lungo la nuova Via della Seta, sostenendo al contempo la creazione di standard tecnici e di progetti tecnologici condivisi.

 

* Luca Spinosa, laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Pavia. Frequenta il master Europe and Asia in Global Affairs a Parigi e trascorrerà il prossimo anno accademico presso la Fudan University di Shanghai.

** Tesi discussa presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
 dell’Università degli Studi di Pavia, Corso di Laurea in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali. Relatore:
Prof.ssa Enrica Chiappero.