In Cina e Asia – Xi al telefono con Biden

In Uncategorized by Redazione

 Il Covid-19, il Clima e i rapporti economici tra Cina e Stati uniti. Sono alcuni dei dossier affrontati stamani da Xi Jinping e Joe Biden durante la loro seconda conversazione telefonica dall’insediamento della nuova amministrazione americana. La prima da febbraio. Secondo il comunicato rilasciato dalla Casa Bianca, “il presidente Biden ha sottolineato l’interesse duraturo degli Stati Uniti per la pace, la stabilità e la prosperità nell’Indo-Pacifico e nel mondo e i due leader hanno discusso della responsabilità di entrambe le nazioni per garantire che la concorrenza non si trasformi in conflitto”. Xi ha invece espresso disappunto riguardo alla politica americana nei confronti della Cina. Secondo il presidente cinese, la postura di Washington ha causato “serie difficoltà” alle relazioni. “La Cina e gli Stati Uniti dovrebbero … mostrare coraggio strategico, intuizione e audacia politica per riportare le relazioni sino-americane sulla strada giusta di uno sviluppo stabile il prima possibile”, ha dichiarato Xi sottolineando come è necessario che le due parti mantengano contatti frequenti. Stando alla stampa cinese, Biden avrebbe riaffermato il rispetto del principio “una sola Cina”, sebbene il termine negli Stati uniti abbia un’accezione diversa rispetto a come lo intende Pechino. Un funzionario statunitense ha spiegato alla stampa come la reticenza del governo cinese a sostanziare gli impegni presi nel corso dei vari bilaterali stia generando impazienza a Washington. La telefonata – durata 90 minuti – è avvenuta su richiesta di Biden mentre le due superpotenze sono ai ferri corti su più fronti. L’assenza dell’Afghanistan dai rispettivi comunicati sembra confermare come la crisi innescata dalla vittoria talebana stia diventando un punto di frizione anziché un’occasione di dialogo tra i due paesi. Pechino ha pubblicamente attribuito a Washington tutte le colpe della situazione attuale. Tanto più che il ritiro americano è stato giustificato da Washington con la necessità di concentrare gli sforzi e le risorse americane nell’Indo-Pacifico proprio per contenere la Cina.  [fonte Reuters, FT]

BRICS: Xi promette altri 100 milioni di vaccini

Si è tenuto giovedì il 13° vertice dei BRICS, l’alleanza tra le economie emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Al summit erano presenti il presidente russo Vladimir Putin, il primo ministro indiano Narendra Modi, il presidente cinese Xi Jinping, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e il presidente brasiliano Jair Bolsonaro. I rappresentanti delle nazioni BRICS hanno affrontato le priorità più incalzanti dell’agenda politica globale. Il presidente Xi ha tenuto un discorso via video in cui sintetizza i temi principali dell’incontro: pace in Afghanistan, cooperazione e supporto del multilateralismo, impegno solidale contro il Covid-19, promozione dell’innovazione e dell’apertura reciproca, sviluppo comune. Nell’encomiare il reciproco rispetto dei diversi sistemi sociali e nel sottolineare le affinità dei rispettivi percorsi di sviluppo, Xi Jinping ha dichiarato che i BRICS sono una forza internazionale da non sottovalutare. In occasione dell’incontro, il Presidente ha poi annunciato che la Cina donerà 100 milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19 ai  “paesi in via di sviluppo” entro la fine del 2021. Il tempismo di questo rinnovato impegno, che si colloca nell’alveo della cosiddetta “diplomazia dei vaccini”, è degno di nota. L’OMS ha chiesto ai paesi più avanzati di interrompere temporaneamente i richiami per il 2021, dal momento che in nessuno dei paesi a basso reddito la campagna vaccinale ha raggiunto il 10% della popolazione. A chi ha mosso critiche di opportunismo politico a Pechino, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian aveva risposto a luglio “I vaccini sono un’arma per sconfiggere l’epidemia, non uno strumento di guadagno politico”. [fonte SCMP, CGTN]

Hangzhou è la città cinese con il maggiore potenziale economico

Le città cinesi dal potenziale economico più promettente sono oggetto di un report del The Economist Intelligence Unit (EIU), consociata del settimanale britannico The Economist. Il modello di sviluppo economico perseguito da Pechino, secondo gli analisti, ha privilegiato le province meridionali e orientali e si prevede che continuerà su questa linea. Le prime dieci località in classifica si trovano proprio nell’area costiera e in quella al confine con i paesi del sudest asiatico, a eccezione solo della capitale settentrionale, Pechino (al sesto posto). Hangzhou, capitale della provincia dello Zhejiang e sede di Alibaba, è in cima alla classifica, seguita da Shenzhen, Guangzhou e dal centro finanziario di Shanghai. Secondo il rapporto, osservare la crescita delle città costiere è il modo migliore per individuare le direttrici principali della strategia nazionale per lo sviluppo economico. Il 14° Piano quinquennale lanciato dal governo cinese lo scorso marzo 2021 segna infatti una dipartita dall’approccio quantitativo alla crescita economica, perseguito per decenni da Pechino. Il nuovo modello di sviluppo prevede la valorizzazione del potenziale tecnologico del paese e punta all’impiego di personale altamente qualificato. “Con la strategia di urbanizzazione del governo sempre più incentrata sulla creazione di cluster di città, aree metropolitane e cluster industriali, consigliamo anche alle aziende di prestare molta attenzione alle geografie urbane multi-città”, ha affermato Yue Su di EIU. Alcuni economisti hanno osservato che questa strategia potrebbe approfondire, tra gli altri, gli squilibri economici nord-sud. [fonte Reuters]

La campagna di propaganda filo-cinese si estende

Gli esperti della società di cyber-sicurezza statunitense FireEye hanno denunciato mercoledì un’imponente campagna di propaganda filo-cinese sui social media, promossa in diverse lingue e su vari canali virtuali. Gli esperti di hanno dichiarato che una rete di account è stata scoperta per la prima volta nel giugno 2019: la campagna aveva inizialmente preso di mira le proteste a favore della democrazia a Hong Kong. Da allora sembra essersi notevolmente ampliata, fino a raggiungere 30 piattaforme di social media e oltre 40 siti web. Recentemente, lo sforzo di disinformazione si è concentrato su notizie false inerenti la pandemia da Covid-19. Secondo FireEye, sui siti di social network vKontakte, LiveJournal e altrove, in diverse lingue tra cui russo, tedesco e spagnolo, numerosi account hanno postato commenti in cui affermavano che il nuovo Coronavirus sarebbe emerso negli Stati Uniti e che sarebbe stato sviluppato dall’esercito americano. Secondo il rapporto, alcuni dei post farebbero eco alle affermazioni dei media cinesi controllati dallo stato e sarebbero coerenti con altri sforzi di propaganda del governo, ma i ricercatori non hanno alcuna prova del fatto che la campagna sia manovrata da Pechino. “Queste osservazioni suggeriscono che gli attori dietro questa campagna hanno notevolmente ampliato la loro presenza online”, ha affermato FireEye, “e sembrano tentare di stabilire una presenza su quante più piattaforme possibili per raggiungere una varietà di pubblico globale”. [fonte Reuters]

Taiwan: via la più grande statua di Chiang Kai-Shek

Un ente governativo taiwanese ha lanciato una proposta per convertire in un parco pubblico il monumento commemorativo al generale autoritario Chiang Kai-Shek che si trova a Taipei. Nel tentativo di riflettere criticamente sul passato autoritario dell’isola, saranno rimossi i simboli associati al defunto leader del Kuomintang. Nel 2018 il governo del Partito Democratico Progressista aveva istituito la Transitional Justice Commission, per affrontare le ingiustizie commesse tra il 1949 e il 1987. Nel periodo in cui il Generale e suo figlio sono rimasti al potere, infatti, si sono macchiati di brutali repressioni contro i dissidenti politici, passate alla storia con il nome di “Terrore Bianco”. I discendenti delle vittime hanno spesso contestato la presenza di un monumento dedicato al dittatore cinese. Piuttosto che abbattere il monumento, la Commissione ha stabilito che verrà rimossa la gigantesca statua in bronzo situata nella sala commemorativa, e tutti i simboli celebrativi del periodo autoritario. “Il memoriale sarà convertito in un parco pubblico”, ha affermato il presidente ad interim della Commissione Yeh Hung-ling, “con l’obiettivo di dare uno sguardo retrospettivo alla storia autoritaria di Taiwan”. Secondo il portavoce dell’ente promotore, il parco ospiterà mostre che celebrino il passaggio di Taiwan dal regime autoritario alla democrazia. [fonte SCMP]

A cura di Agnese Ranaldi; ha collaborato Alessandra Colarizi