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In Cina e Asia – Congresso Pcc, Pechino rimanda i dati economici

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

I titoli di oggi:

  • Congresso Pcc, Pechino rimanda i dati economici
  • Congresso Pcc, l’esercito cinese e  la “guerra regionale”
  • Manifestazioni pro-Hong Kong nel Regno Unito, aperta un’indagine
  • Semiconduttori, la Apple blocca i chip cinesi per rispettare il ban Usa
  • K-pop, i BTS pronti alla leva militare
Congresso Pcc, Pechino rimanda i dati economici

Martedì 17 ottobre doveva essere il giorno in cui la leadership del Partito comunista cinese (Pcc) avrebbe annunciato i dati economici dell’ultimo trimestre. Ma non è accaduto. Una rara, storica, eccezione alla regola e in un momento molto atteso dai cittadini cinesi e dagli osservatori esterni.

Nel secondo trimestre la Cina ha registrato una crescita del Pil di solo +0,4% rispetto al 2021, mentre in estate – secondo i dati analizzati dagli esperti – dovrebbe essere salito a +3,5% grazie a una serie di aiuti alle imprese. L’obiettivo di crescita del Pil previsto dalla leadership era del +5,5%, una previsione comunque al ribasso rispetto agli anni precedenti.  L’Ufficio nazionale di statistica ha avvisato solo il giorno precedente, lunedì, del ritardo. Anche i dati sul settore immobiliare, tra cui i prezzi degli immobili in 70 città, non verranno pubblicati nel giorno prestabilito, mercoledì 19 ottobre. Assenti all’appello anche gli ultimi dati dell’Amministrazione generale delle dogane, anche questi senza che le istituzioni competenti abbiano fornito una spiegazione a riguardo.

Congresso Pcc, l’esercito cinese e  la “guerra regionale”

Il rapporto di lavoro del 20° Congresso del Partito comunista cinese punta (anche) sulla modernizzazione delle forze armante. L’Esercito popolare di liberazione (Epl) dovrebbe eguagliare in potenza le altre potenze mondiali, come è stato detto anche in occasione del discorso di apertura di Xi Jinping. L’Epl deve modernizzarsi (l’orizzonte citato in passato è quello del 2027), essere più efficiente, “normalizzato e utilizzato in diversi ambiti”. Ma c’è qualcosa che attira l’attenzione degli osservatori: nel documento, pubblicato nella giornata di domenica 16 ottobre, ritorna il termine “guerra regionale”. Il termine, che non compariva nel rapporto conclusivo del 19° Congresso, sembra chiarire l’orizzonte strategico dell’esercito cinese.

Da un lato, sottolinea il South China Morning Post, questa affermazione potrebbe sposare le affermazioni del Segretario generale sulla questione Taiwan: “Continueremo a lottare per la riunificazione pacifica con la massima sincerità e sforzi”, ha detto Xi nel suo discorso, “ma non rinunciamo all’uso della forza e ci riserviamo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie.” Dall’altro lato, anche le tensioni nel Mar cinese meridionale rientrano nelle minacce percepite dalla leadership cinese. Interrogato dalla testata hongkonghese, il ricercatore della East Asian Institute della National University of Singapore  Li nan ha affermato che la ricomparsa del termine sia da interpretare positivamente. “Tutti gli altri libri bianchi parlavano di guerra regionale. L’ultimo [quello del 2019, ndr.] ha lasciato cadere la frase, una scelta inquietante”, ha detto, specificando che la nuova formulazione sembra suggerire un raggio d’azione più contenuto. Infine, sottolinea, il rapporto contempla innanzitutto il tema della sicurezza, prima ancora dell’azione diretta o della deterrenza.

Manifestazioni pro-Hong Kong nel Regno Unito, aperta un’indagine

Un uomo è stato aggredito durante una manifestazione di protesta fuori dal consolato cinese a Manchester. A testimoniarlo, numerosi video che si sono presto diffusi sui principali social network. Nelle clip si vede, infatti, un ragazzo sulla trentina che viene trascinato e picchiato da alcuni uomini oltre i cancelli della struttura. Alla ressa si aggiungono alcuni dei 30-40 manifestanti presenti sul posto, mentre la polizia britannica cerca di intervenire.

Bob, così si chiamerebbe l’uomo (qui un’intervista), si è recentemente stabilito nel Regno Unito da Hong Kong e ha preso parte alle manifestazioni per denunciare la stretta di Pechino sulla regione amministrativa speciale. La polizia locale ha annunciato l’apertura di un’indagine per chiarire le cause dell’evento. A denunciare l’accaduto è intervenuta l’associazione organizzatrice della protesta, la Hong Kong indigenous defence force, mentre il console Zheng Xiyuan è finito nel mirino delle accuse. Da Pechino il ministero degli Esteri ha affermato – durante il consueto briefing – che “l’ambasciata e i consolati cinesi nel Regno unito rispettano sempre la legge del paese ospitante”. “Confido che il governo locale si occuperà del caso in conformità con la Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari e la legge locale”, ha detto invece John Lee, il leader della metropoli salito alla carica da pochi mesi.

Semiconduttori, la Apple blocca i chip cinesi per rispettare il ban Usa

Ci è voluta poco più di una settimana dall’entrata in vigore delle nuove normative contro i produttori di chip cinesi per allontanare anche un gigante tech come Apple dalla Cina. L’azienda Usa non utilizzerà nei suoi prodotti i chip forniti dalla cinese Yangtze Memory Technologies Co. (Ymtc).

Per il momento, si tratta di una sospensione e non di una cancellazione definitiva della partnership. Come sottolinea Nikkei Asia, infatti, Apple aveva completato da poco il processo di certificazione della memoria flash NAND 3D a 128 strati di Ymtc, una scelta che avrebbe fatto risparmiare all’azienda il 20% sulla spesa di questo tipo di tecnologie. Gli iPhone così assemblati sarebbero stati venduti sul mercato cinese ma, sottolinea il Nikkei, Apple stava valutando di ampliare l’investimento all’intero mercato dei suoi smartphone. Il ban però inserisce Ymtc nella lista nera delle aziende che violano le norme della competizione sul mercato libero (poiché sovvenzionate dallo stato), a cui si aggiungono i sospetti di spionaggio industriale legati alla condivisione di progetti e tecnologie considerati sensibili.

K-pop, i BTS pronti alla leva militare

Alla coscrizione obbligatoria in Corea del sud non sfugge nessuno, nemmeno le star di fama mondiale. Lo dimostra il comunicato diffuso alle agenzie stampa sudcoreane, dove si legge che il più anziano dei membri del gruppo, il 29enne Jin, ha cancellato la richiesta di posporre ulteriormente il servizio di leva. “Sia la società che i membri dei BTS non vedono l’ora di riunirsi di nuovo come gruppo intorno al 2025“, afferma Bighit Music, l’agenzia del gruppo Hybe che gestisce le attività del gruppo.

La legge sudcoreana prevede che tutti le persone di sesso maschile, salvo eccezioni dovute a problemi fisici o psicologici, debbano prestare servizio militare da 18 a 21 mesi. Seul infatti è, da un punto di vista formale, ancora in guerra con la Corea del nord. La questione dell’addestramento militare dei k-idol è da tempo entrata nel dibattito pubblico, e gli stessi funzionari della Difesa avevano commentato più volte la necessità che anche i Bts facessero i conti con i propri doveri civici.

A cura di Sabrina Moles