In Cina e Asia – Pechino condanna a morte un cittadino canadese

In Notizie Brevi, Uncategorized by Alessandra Colarizi

La corte intermedia di Dalian ha condannato a morte Robert Lloyd Schellenberg, cittadino canadese di 36anni accusato di aver contrabbandato 200 kg di metanfetamine. Lo scorso novembre all’uomo era stata comminata una pena di 15 anni di detenzione più una multa di 150mila yuan, ma durante il ricorso in appello la sentenza è stata giudicata troppo clemente. La versione secondo cui Schellenberg sarebbe giunto in Cina da turista e raggirato da alcuni trafficanti cinesi non ha convinto le autorità. La condanna del trentenne arriva mentre Pechino e Ottawa sono ai ferri corti a causa dell’arresto della figlia del fondatore di Huawei, società che secondo gli Stati uniti avrebbe continuato a operare in Iran nonostante le sanzioni. Meng Wanzhou si trova oggi ai domiciliari in attesa che Washington formalizzi la richiesta di estradizione. Intanto altri due cittadini canadesi sono in mano alle autorità cinesi con l’accusa di aver minacciato la sicurezza dello stato. Schellenberg ha dieci giorni per chiedere l’intervento dell’alta corte del Liaoning.

Meno lavoro più shopping per rilanciare i consumi

I consumi rallentano e il governo corre ai ripari. La provincia dello Hebei ha proposto orari di lavoro più flessibili per stimolare la spesa interna nel periodo 2019-2020. Si parla di allungare la pausa del finesettimana di una mezza giornata il venerdì pomeriggio oltre a incoraggiare la concessione di permessi al di fuori delle feste pubbliche. Gli orari di chiusura delle attività commerciali verranno inoltre posticipati fino a tarda sera per assicurare più tempo allo shopping. Le misure – che si aggiungono alla promessa di nuovi incentivi nei settori più colpiti come quello automobilistico – hanno incassato l’approvazione della stampa statale ma non dell’opinione pubblica. C’è chi ritiene che il sistema porterà ad una diseguaglianza crescente tra dipendenti statali e privati, questi ultimi spesso costretti a lavorare anche nel weekend. A ciò si aggiungono preoccupazioni di ordine pratico: senza una turnazione adeguata chi assicurerà il regolare svolgimento dei servizi?

L’idillio maoista fa i conti con la realtà

Solo pochi giorni fa la Cina ha festeggiato in pompa magna il 40esimo anniversario delle riforme che alla fine degli anni ’70 hanno messo fine alla pianificazione centralizzata del periodo maoista. Ma c’è una parte di Cina in cui l’utopia socialista continua a vivere: Nanjie, Huaxi, e Dazhai sono gli ultimi villaggi in cui la collettivizzazione continua ad assicurare alla popolazione locale sussistenza e welfare gratuito. Tutti e tre, tuttavia, devono fare i conti con una realtà per nulla idilliaca e ugualitaria. L’individualismo delle nuove generazioni, le diseguaglianze sociali e la performance economica non sempre all’altezza smentiscono la retorica del locus amoenus diffusa dai media statali.

E’ bufera sul Comitato olimpico giapponese

Per alcuni media giapponesi si tratta di una vendetta francese per l’arresto del numero uno di Nissan-Renault Carlos Ghosn. Ma l’inchiesta per corruzione lanciata da Parigi contro il presidente del comitato olimpionico giapponese Tsunekazu Takeda porta alla luce sospetti di vecchia data riguardo all’assegnazione dei Giochi del 2020 al Sol Levante. All’epoca del voto – che secondo gli inquirenti sarebbe stato comprato per quasi 3 milioni di dollari – la candidatura nipponica era stata osteggiata da molti per via delle temperature estive troppo elevate e i rischi derivanti dall’incidente di Fukushima. L’inizio delle indagini sul giro di mazzette risale addirittura al 2015. Un anno dopo comitato olimpionico giapponese era finito nuovamente nell’occhio del ciclone per presunti legami con la yakuza, la mafia nipponica.

L’arsenale di Kim mai così potente

Da quando Kim Jong-un ha annunciato la sospensione dei test nucleari e missilistici, l’arsenale della Corea del Nord non solo non ha subito alcuna riduzione ma anzi, ha visto un ampliamento senza precedenti. Riprese satellitari e informazioni trapelate dall’intelligence americana spingono gli analisti a ritenere che nell’ultimo anno il regime abbia sviluppato nuovi missili balistici intercontinentali (ICBM) e sufficiente materiale fissile per la produzione di circa sei nuove bombe nucleari. Il totale degli ordigni in mano a Pyongyang salirebbe così a più di 20 e potrebbe raggiungere quota 100 entro il 2020, superando l’arsenale di Israele (80). Segno che le sanzioni – pur pesando sull’economia locale – non hanno compromesso il potenziamento del comparto militare. La localizzazione delle aree in cui il regime del Nord nasconde le proprie armi nucleari è tra i requisiti primari avanzati da Washington per poter procedere con una riduzione delle sanzioni. Mesi fa il segretario di Stato Mike Pompeo ha riconosciuto la mancata interruzione delle attività di arricchimento dell’uranio. Secondo gli esperti, ritardando il dialogo con gli Usa, Kim starebbe prendendo tempo per perfezionare la capacità deterrente del paese in attesa della sospensione del regime sanzionatorio.
Fonti sudcoreane hanno avanzato l’ipotesi di un meeting tra Pompeo e Kim Yong-chol a Washington questa settimana. L’alto funzionario nordcoreano potrebbe anche incontrare Trump.
 
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