In Cina e Asia – Oltre la metà degli europei teme la Cina

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Secondo un’indagine condotta dal think tank European Council on Foreign Relations (ECFR) in 14 paesi Ue, oltre la metà dei cittadini europei ritiene che le istituzioni non siano in grado di tutelare l’economia del proprio paese – o in generale dell’Unione – dalle pratiche commerciali della Cina: a pensarlo è il 57% dei 60mila rispondenti. In Francia e in Italia, quasi tre quarti degli intervistati ha manifestato sfiducia verso il modo in cui il governo dei due paesi cerca di salvaguardare gli interessi economici nazionali. Una posizione condivisa dal 60% dei cittadini in Spagna, Germania e Grecia. Più di un terzo dell elettorato francese, italiano e spagnolo ha affermato che l’UE deve fare di più per mantenere competitiva l’economia regionale e ridurre al minimo gli effetti negativi dell’assertività cinese. Prevalente la convinzione che sia necessario mantenere un approccio corale tra gli stati membri. In un rapporto dello scorso marzo, la Commissione europea ha definito la Cina “un competitor economico” e un “rivale sistemico”. Secondo gli analisti, il ricambio al vertice non dovrebbe comportare radicali cambi di rotta. Proprio oggi la Camera di commercio europea ha rilasciato un rapporto in cui condanna la “rinascita delle aziende statali” cinesi (SOEs), invocando l’istituzione di un sistema basato sulla “neutralità competitiva” per assicurare pari trattamento alle imprese pubblica, private e straniere. “Piuttosto che ridurre le SOEs a dimensioni gestibili, delimitandone le industrie più appropriate e privatizzando le altre, l’obiettivo è stato quello di renderle più forti, migliori e più grandi “, spiega nel report Joerg Wuttke, presidente della Camera, chiedendo maggiore reciprocità oltre all’introduzione di misure più ferree per combattere le “distorsioni” causate da sussidi statali e prestiti agevolati [fonte: CNBC, SCMP]

Pechino ribadisce il proprio impegno nella lotta ai cambiamenti climatici

Pechino potrebbe rafforzare i propri sforzi nella lotta ai cambiamenti climatici dopo il 2020, quando obiettivi più ferrei potrebbero essere inseriti nel prossimo piano quinquennale. E’ quanto suggerito dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi durante il suo discorso in occasione del vertice sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. Nessun impegno preciso, solo la determinazione a perseguire “la massima ambizione possibile”. Stando al diplomatico,  la Cina proporrà  150 nuove iniziative per ridurre le emissioni annue di carbonio di 10 -12 miliardi di tonnellate attraverso l’uso di soluzioni naturali, come l’espansione di foreste, praterie e zone umide, nonché l’uso dell’energia da biomassa. Un ruolo centrale sarà svolto dall’iniziativa Belt and Road, così da fornire una risposta concertata attraverso la cooperazione tra i paesi membri. “Il ritiro di alcune parti” dall’accordo globale sul clima di Parigi “non scuoterà la volontà collettiva della comunità internazionale, né invertirà la tendenza storica della cooperazione internazionale”, ha sentenziato Wang alludendo al disimpegno degli Stati Uniti. Ma la collaborazione tra le due superpotenze prosegue per vie informali. Proprio ieri è stata annunciata la nascita di un nuovo think tank – il California-China Climate Institute – presieduto dall’ex governatore della California Jerry Brown e Xie Zhenhua, rappresentante speciale cinese per il clima. [fonte: Reuters, Bloomberg]

Dalla Cina una telecamera cinque volte più potente dell’occhio umano

La Fudan University di Shanghai e l’Istituto di ottica, meccanica e fisica dell’Accademia delle scienze cinese di Changchun, hanno sviluppato un sistema di telecamere con archivio cloud e tecnologia AI da 500 megapixel (cinque volte la risoluzione dell’occhio umano ) in grado di catturare nel dettaglio migliaia di volti, individuando un obiettivo in un istante. Non è chiaro quale il dipartimento o agenzia governativa acquisterà il sistema. Secondo Wang Peiji dell’Istituto di Tecnologia di Harbin, il normale network di sorveglianza installato per motivi di sicurezza pubblica sarebbe già sufficiente e i benefici della nuova tecnologia non giustificano i costi né i possibili rischi per la privacy [fonte: Global Times]

La Bri inciampa nella torre più alta dell’Asia meridionale

E’ la torre più alta di tutta l’Asia meridionale ma non sembra essere questa la ragione per cui la Lotus Tower di Colombo, costruita nel cuore della capitale srilankese, ha catturato l’attenzione dei media internazionali.  Alto 356 metri d’altezza e suddivisa in 17 piani, l’edificio è costato 100 milioni di dollari, di cui l’80% finanziato da un consorzio cinese. Ma Secondo il Maithripala Sirisena l’azienda statale l’Aerospace Long-March International Trade Co (Alit) – sponsorizzata da Pechino come contractor – nel 2016 si sarebbe volatilizzata con 11 milioni di dollari precedentemente depositati dalla società pubblica srilankese Telecommunication Regulatory Commission (TRC). La scorsa settimana una commissione parlamentare ha deciso d’indagare sul caso. Intanto Alit alza le mani, affermando di aver trasferito la somma ai partner del consorzio prima di esserne uscita nel 2015. Insomma, nuove grane per la Belt and Road. Ma, come avvenuto altrove, il progetto cinese potrebbe essere diventato vittima di lotte intestine. I fatti in questione sono accaduti sotto il governo di Mahinda Rajapaksa, accusato da Sirisena di aver svenduto il paese alla Cina. Potrebbe quindi non essere una pura coincidenza che le accuse precedano di un paio di mesi le elezioni generali e che  tra i candidati ci sia proprio il fratello dell’ex presidente, Gotabaya Rajapaksa [fonte: Reuters]

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