Pillole di Cina – Le zattere del Mar Cinese Meridionale

In Cina, Cultura, Pillole di Cina by Isaia Iannaccone

Per una grossolana approssimazione, il mare che confina con i 15274 km delle coste cinesi viene spesso chiamato “Mar Giallo”. In realtà, la classificazione geografica definisce Mar Giallo il braccio dell’Oceano Pacifico che sta tra la Cina nord-orientale e la Corea; dalla costa antistante Shanghai 上海, andando verso meridione, il mare ha per nome Mar Cinese, suddiviso in Orientale e Meridionale. Ma, insomma, che sia giallo, cinese orientale o meridionale, quel tratto di mare è testimone di annose confrontazioni ben lungi dalla loro risoluzione. Prendiamo ad esempio il Mar Cinese Meridionale tenendo però, fuori dal discorso le rivendicazioni della Cina su Taiwan e sulle Isole Pescadores (澎湖 群岛Penghu Qundao), altrimenti più che una “pillola” ci vorrebbe una terapia di lunga durata…

Il terreno della disputa non è solido né uniforme, anzi al contrario, assomiglia a una miriade di piccole zattere galleggianti alle quali – come naufraghi disperati nel Mar Cinese Meridionale – tutti vogliono aggrapparsi e poi montarvi sopra, pur di accaparrarsi posizioni strategiche e acque territoriali pescosissime. I nomi di queste “zattere” sono noti: Spratly (quattordici isole), Paracelso (centotrenta isolotti), Prata (tre isole), Macclesfield (banco roccioso e sabbioso semisommerso), Scarborough (scogliera a forma di atollo), sono quasi tutte di origine corallina e praticamente senza popolazione stabile o del tutto disabitate, contese da Repubblica Popolare Cinese, Repubblica di Cina (Taiwan), Filippine, Vietnam, Brunei, Malesia.

La più agguerrita è la Cina. Per rivendicare le Spratly e le Paracelso, il governo cinese ha esibito in sede di disputa internazionale, undici antichi documenti che proverebbero (il condizionale è d’obbligo perché in molti li ritengono non esaustivi) che attorno al 210 a. C., la dinastia Han 汉avrebbe costruito un avamposto amministrativo sull’isola di Hainan 海南 la cui sfera d’influenza si spingeva fino agli arcipelaghi menzionati. Successivamente, nel X secolo, la flotta dei Song 宋avrebbe pattugliato regolarmente quel braccio di mare; nel 1279, in epoca Yuan 元, le Spratly e le Paracelso appaiono segnate per la prima volta su una mappa cinese. Una questione linguistica, poi, ha complicato molto le cose perché prima del XX secolo, in Cina i due arcipelaghi erano raggruppati sotto una stessa denominazione che varia a seconda delle fonti: Shichuang 石床 (scoglio), o Changsha 长沙 (scogliera) oppure Shitang 石塘 (atollo); in più, con Nansha 南沙 (isole del Sud), s’intendeva il gruppo composto dalle isole Paracelso, Pratas e il banco Macclesfield. Possiamo immaginare la confusione e la difficoltà di individuare le isole in modo distinto.

Aggiungiamo anche che alle complicazioni linguistiche si sommano quelle storico-politiche: Taiwan, che nel 1956 ha occupato una delle Spratly, e nel 2003 vi ha costruito un osservatorio ornitologico, esibisce gli stessi documenti della Cina per rivendicare la sovranità territoriale sulle isole… E il Vietnam? Si dichiara proprietario delle stesse isole in forza del fatto che esse facevano parte dei possedimenti coloniali francesi di cui è l’erede, tanto che nel 2004 ha costruito un aeroporto su una di esse.

Un’altra contesa vigorosa è tra la Cina e le Filippine, e riguarda la scogliera di Scarborough che è situata a 220 km dall’isola filippina di Luçon. Nel 2012 si rasentò lo scontro armato perché nel mare antistante la scogliera, una fregata filippina, ritenendoli nelle proprie acque territoriali, bloccò otto pescherecci cinesi che praticavano il bracconaggio del corallo; la Cina rispose in forze con un blocco navale attorno Scarborough. La contesa si internazionalizzò quando gli USA mediarono il ritiro dall’area di tutte le navi da guerra. Le Filippine ottemperarono all’accordo ma i cinesi non fecero altrettanto. Nel 2013 Manila chiese l’intervento del Tribunale Permanente di Arbitrato dell’Aia.

Nel 2016, il tribunale ha sentenziato che la sovranità della Cina sul Mar Cinese Meridionale è pretestuosa, e ha stabilito che la linea di confine che circonda due milioni di chilometri quadrati del Mar Cinese Meridionale sulle moderne mappe cinesi è illegale. Insomma, la giustizia internazionale ha sostenuto i diritti delle Filippine su oltre 200 miglia nautiche di “zona economica esclusiva”, compresa Scarborough.

Un recente colpo di scena ha avvalorato la decisione del tribunale dell’Aia. Il 14 settembre 2019, alla León Gallery di Makati (un quartiere di Manila che ospita centri finanziari e molte ambasciate), per 40 milioni di pesos (circa 660mila euro) è stata venduta all’asta una mappa del 1734, del missionario gesuita Pedro Murillo Velarde y Bravo (1696-1753) che fu, oltre che geografo, anche giurista, musicista e poeta; questo documento dimostrerebbe in modo inconfutabile che Scarborough (chiamato Panacot) già a quei tempi apparteneva alle Filippine.

Chissà cosa ne pensano della querelle i dieci milioni di cinesi che vivono nelle Filippine, e che costituiscono il secondo gruppo etnico dopo i Bisaya…

Di Isaia Iannaccone*

**Isaia Iannaccone, nato a Napoli, chimico e sinologo, vive a Bruxelles. Membro dell’International Academy of History of Science, è specialista di storia della scienza e della tecnica in Cina, e dei rapporti Europa-Cina tra i secoli XVI e XIX. È autore di numerosi articoli scientifici, di trattati accademici (“Misurare il cielo: l’antica astronomia cinese”, 1991; “Johann Schreck Terrentius: la scienza rinascimentale e lo spirito dell’Accademia dei Lincei nella Cina dei Ming”, 1998; “Storia e Civiltà della Cina: cinque lezioni”,1999), di due guide della Cina per il Touring Club Italiano e di lavori per il teatro e l’opera. Ha esordito nella narrativa con il romanzo storico “L’amico di Galileo” (2006), best seller internazionale assieme al successivo “Il sipario di giada” (2007, 2018), seguiti da “Lo studente e l’ambasciatore” (2015) e “Il dio dell’I-Ching” (2017).