In Cina e Asia – Hong Kong, condannati i leader di Occupy

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Nove leader del movimento pro-democrazia sono stati giudicati colpevoli per il loro coinvolgimento nelle manifestazioni che nel 2014 hanno bloccato Hong Kong per mesi nel tentativo di ottenere elezioni libere. Tra questi, gli accademici Chan Kin-man, 60 anni, e Benny Tai, 54 anni, sono stati condannati – insieme al reverendo Chu Yiu-ming, 75 anni, – per disturbo dell’ordine pubblico, un reato di epoca coloniale usato solo raramente. La corte non ha ancora annunciato le condanne, ognuna delle quali prevede un massimo di sette anni di carcere. Chan e Tai sono stati inoltre condannati per incitamento al disturbo dell’ordine pubblico. Tutti e nove sono liberi su cauzione. Dalla fine del movimento degli Ombrelli, oltre 200 persone hanno affrontato accuse penali, alcune delle quali già dietro le sbarre. Secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, l’accanimento delle autorità locali contro il movimento di disobbedienza civile dimostra l’erosione delle libertà nell’ex colonia britannica e la crescente intrusione cinese nella vita politica hongkonghese [fonte: Guardian]

Cina e Ue ancora distanti

Si apre oggi a Bruxelles il vertice annuale Cina-Ue. Voci di corridoio suggeriscono la possibilità che il meeting si concluda senza un comunicato congiunto. La parte cinese avrebbe rifiutato di impegnarsi per iscritto a raggiungere un accordo bilaterale sugli investimenti nei tempi richiesti e a includere nella bozza qualsiasi riferimento a “un ordine internazionale basato sulle regole”, un punto su cui Pechino era sceso a compromessi durante il summit di luglio. La Cina si sarebbe anche rifiutata di inserire qualsiasi cenno a un’estensione del forum globale dell’acciaio, meccanismo a breve scadenza che i leader del G20 hanno creato nel 2016 per ridurre l’eccesso di capacità produttiva nell’industria siderurgica cinese. Il vertice giunge in un momento di tensione per i rapporti tra l’Unione e la Repubblica popolare, definita recentemente da Bruxelles un “rivale sistemico”. Nel tentativo di placare i timori del blocco dei 28, i paesi membri della piattaforma 16+1 – lanciata da Pechino per rafforzare la propria presenza nei Balcani e nell’Europa centro-orientale – hanno deciso di coinvolgere Bruxelles negli accordi che verranno siglati durante il prossimo forum in agenda per venerdì prossimo [fonte: Scmp, Scmp]

Pechino pronto a bandire le criptovalute

La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (NDRC) ha pubblicato quest’oggi un elenco aggiornato delle industrie che desidera incoraggiare, limitare o eliminare. Il mining delle criptovalute risulta tra le oltre 450 attività che l’authority vuole depennare perché non rispettano le leggi e i regolamenti, sono rischiose, sprecano risorse o inquinano l’ambiente. Secondo il documento, e restrizioni diventerebbero immediate. E’ dal 2017 che il settore delle criptovalute è stato sottoposto a pesanti controlli, prima con il divieto delle offerte pubbliche iniziali poi con la chiusura delle piattaforme di exchange. La Cina produce oltre il 50% dei bitcoin estratti a livello mondiale. Mentre i policymaker cinesi hanno sempre guardato con diffidenza alle valute digitali un pericolo per l’economia del paese, lo scorso anno la banca centrale ha cominciato a valutare lo sviluppo di una criptovaluta centralizzata come metodo di pagamento più veloce, economico e conveniente [fonte: Reuters]

Anche il piano “made in China 2025” è una bolla?

E’ quanto suggerisce un editoriale del Scmp, in cui il silenzio degli ultimi tempi sul controverso piano, viene ascritto a un tentativo di depistaggio rivolto alle potenze occidentali. Nella realtà dei fatti, il  “made in China 2025” – che punta a rendere a Cina autonoma nella fornitura del 70% della componentistica –  è più vivo che mai, con tutta una serie di rischi annessi. Questo è evidente dalla quantità di denaro che i governi centrali e locali stanno riversando nello sviluppo delle nuove industrie. A partire dalla metà dello scorso anno, si contavano 1.940 “fondi di orientamento governativo” per finanziare investimenti tecnologici. Mentre sulla carta traggono ispirazione dai fondi di venture capital privati della Silicon Valley, in realtà, sono organismi statali istituiti per dirigere il capitale verso settori scelti in conformità con le politiche governative. Si parla di somme enormi: solo il Fondo nazionale per gli investimenti nel settore dei circuiti integrati del governo centrale ha in serbatoio 139 miliardi di yuan (20,7 miliardi di dollari). Spesso tuttavia si tratterebbe di cifre gonfiate con il rischio che i rendimenti non bastino a smaltire i debiti accumulati. Una parabola già vista con i “local government financing vehicles” (LGFVs), utilizzati per finanziare le opere infrastrutturali [fonte: Scmp]

Il 5G per pattugliare il confine sino-coreano

L’unità di pattugliamento di Tonghua, al confine con la Corea del Nord, prevede di utilizzare la tecnologia 5G per contribuire a contenere il flusso di merci di contrabbando e rifugiati provenienti dall’altra parte della frontiera. Un accordo siglato il 23 marzo con China Mobile – il più grande operatore della rete wireless – prevede la costruzione del primo checkpoint 5G del Paese a Yunfeng, una zona montuosa difficile da perlustrare. Una volta completato, il progetto prevederà l’uso di nuove tecnologie come gli occhiali per la realtà virtuale, droni e monitor notturni 4K per sorvegliare il confine. Secondo gli analisti, il piano rivela le preoccupazioni della Cina per un probabile aumento significativo del numero di rifugiati nordcoreani nei mesi estivi a causa della perdurante carenza di cibo, confermata recentemente in un rapporto dell’Onu [fonte: Scmp]

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