In Cina e Asia – Facebook torna in Cina censurato?

In Uncategorized by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

– NYT: Facebook torna in Cina censurato?
– Il Dalai Lama incontrerà Trump
– La Cina appoggia i ribelli kokang in Myanmar?
– Le mire della Turchia passano dall’Ue alla Sco
– Nell’industria dell’entertainment cinese è guerra all’ultimo insulto tra anti-fan 
– In Asia ci saranno più infrastrutture, meno tigri

NYT: Facebook torna in Cina censurato?

Secondo un’esclusiva del New York Times, Facebook avrebbe sviluppato un software che permette a parti terze (come nel caso di società cinesi) di cancellare i post dai news feed degli utenti in base alla località geografica. Il sistema non sarebbe stato ancora ceduto a Pechino e rientrerebbe soltanto tra le varie proposte ideate dall’azienda per facilitare un ritorno del social oltre la Muraglia.

Pechino considera il cyberspazio un campo di battaglia «contro le forze occidentali anti-Cina». Facebook nello specifico è stato bandito dal Paese di Mezzo nel 2009 dopo gli scontri etnici andati in scena a a Urumqi, capitale della regione autonoma uigura dello Xinjiang. Da tempo (per bocca dello stesso Mark Zuckerberg) la società americana aveva reso noto un suo interessamento al mercato cinese -che vanta oltre 700 milioni di user. Al momento tuttavia la collaborazione tra il social network e la Cina è limitata allo sfruttamento da parte delle aziende della piattaforma pubblicitaria con cui espandersi all’estero.

Il Dalai Lama incontrerà Trump

Il Dalai Lama non vede l’ora di incontrare Donald Trump, una volta assunta la presidenza americana il prossimo 20 gennaio. Sua Santità ha espresso parole rassicuranti rispetto alle intenzioni dell’imprenditore, che in campagna elettorale si è distinto per i toni duri nei confronti della comunità musulmana e di quella ispanica. «Penso che durante le elezioni i candidati abbiano più libertà di espressione. Ma una volta eletti hanno delle responsabilità, devono collaborare e adattarsi alla realtà. Per questo non sono preoccupato», ha affermato Tenzin Gyatso al termine di una visita in Mongolia. Le trasferte del Dalai Lama negli Stati Uniti, specie quando prevedono incontri con l’inquilino della Casa Bianca, sono sempre motivo di critiche da parte di Pechino che considera il monaco un separatista. 

La Cina appoggia i ribelli kokang in Myanmar?

In seguito agli ultimi scontri nel nordest del Myanmar la Cina ha provveduto ad accogliere oltre 3000 sfollati fuggiti oltreconfine nella provincia cinese dello Yunnan. Nel frattempo uno dei gruppi armati coinvolti nelle violenze, la Myanmar National Democratic Alliance Army, sta ricevendo indisturbata il sostegno economico dei netizen cinesi, senza che la censura intervenga. L’armata, che dichiara di combattere l’esercito birmano per difendere i 150mila cittadini di etnia cinese residenti nella regione speciale di Kokang, è nata dalle ceneri del partito comunista birmano nel 1989 e -secondo molti- godrebbe dell’appoggio del gigante della porta accanto, nonostante le continue smentite di Pechino che professa la  «non ingerenza» negli affari interni degli altri paesi. Sta di fatto che su Weibo il gruppo Righteous Kokang Official Blog viene considerato un account  «governativo» con tanto di numero di conto presso l’ Agricultural Bank of China di Nansan, Yunnan.

Le mire della Turchia passano dall’Ue alla Sco

Nella giornata di domenica, dopo 11 anni di negoziazioni, il presidente turco Erdogan ha ventilato l’ipotesi di rinunciare ad un ingresso nell’Ue, un voltafaccia inseribile in un contesto di crescenti frizioni con i leader europei, preoccupati per lo stato dei diritti umani nel paese dopo il tentato golpe di quest’estate. In alternativa Erdogan propone un’adesione a pieno titolo nella Shanghai Cooperation Organization, la Nato asiatica a guida russo-cinese che comprende anche Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan e Uzbekistan.

Dal 2013 la Turchia ne fa parte come  «interlocutore», rappresentando l’unico membro della SCO ad essere contemporaneamente un paese Nato. La richiesta del Sultano atlantico è stata accolta favorevolmente da Pechino e Mosca, anche se gli analisti invitano alla cautela, sottolineando le diverse finalità dei due blocchi: l’Ue politico-economiche, la Sco di sicurezza. E dal momento che quest’ultima è nata proprio in risposta al braccio armato dell’Onu, una membership nella Sco presuppone la rinuncia alla Nato, avvertono alcuni esperti.

Nell’industria dell’entertainment cinese è guerra all’ultimo insulto tra anti-fan 

Con l’inasprirsi dei controlli sul dibattito online di natura politica, l’internet cinese è sempre più spesso animato da questioni meno sensibili e più frivole come le vicissitudini amorose delle star. In questo contesto si stanno delineando tre tendenze di «dissidenza soft»: quella degli anti-fan emotivi che prendono di mira le celebrità sulla base di rumor e scandali, quella dei diffamatori che puntano a incidere sull’opinione che gli altri netizen hanno di una determinata star, infine ci sono gli anti-fan professionisti. Quest’ultima categoria fa dell’insulto una professione venendo talvolta assoldata da un personaggio influente per screditare un rivale in cambio di un compenso di circa 0,2 yuan a post o retweet. Il lavoro è talmente tanto che alcune volte gli anti-fan assumono studenti per alleggerirsi di parte del lavoro. Secondo alcuni insider intervistati dal Global Times, si tratta di una nuova strategia di crisis management messa in pratica dal mondo dello spettacolo per far fronte a scandali e cali di popolarità.

In Asia ci saranno più infrastrutture, meno tigri

Il boom delle infrastrutture in Asia ostacola gli sforzi messi in campo per salvare gli ultimi esemplari di tigre. Secondo il WWF, nei prossimi anni il continente assisterà alla costruzione di 11.000 chilometri di nuovi progetti di trasporto, che andranno ad alterare l’habitat naturale dei felini. Dal 2010 a oggi, il numero degli esemplari è leggermente aumentato (dai 3200 agli attuali 3890), grazie all’impegno di alcuni leader mondiali tra cui Putin e l’ex premier cinese Wen Jiabao. Ma adesso a impensierire sono sopratutto i progetti ferroviari e autostradali in cantiere in India, tra la Thailandia e il Myanmar, in Nepal e sull’isola di Sumatra. Dall’ong fanno sapere che non verrà fatto ostruzionismo ma che i governi dovrebbero risolvere il problema con infrastrutture  «tiger-friendly».