In Cina e Asia – Covid, Pechino 2022 fa retromarcia sulle restrizioni

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Covid, Pechino 2022 fa retromarcia sulle restrizioni
  • Forze armate cinesi, gli Usa chiedono un rapporto sulle risorse umane nella Pla
  • Con un + 8% nel 2021 il Pil del Guangdong trascina la crescita del paese. E supera quello di Corea del Sud
  • Portaerei statunitensi nel Mas Cinese Meridionale per “contrastare le influenze maligne”
  • Startup, la nuova arma della Cina contro gli Usa?
  • I satelliti di SpaceX? La Cina gioca in casa e sceglie GalaxySpace
  • Criptovalute, anche Jakarta impone lo stop alle società finanziarie
  • Australian Open 2022, sì alle magliette “Where is Peng Shuai?”
Covid, Pechino 2022 fa retromarcia sulle restrizioni

Cambio di direzione per la strategia “zero contagi” della Cina: è quanto chiede il Comitato Olimpico Internazionale (Cio), che ha ottenuto l’allentamento di alcune restrizioni legate alla bolla olimpica. Tra le misure concesse, meno giorni di isolamento per chi ha avuto contatti con positivi e valori Ct più simili a quelli adottati dagli altri paesi nel mondo. Pechino rileva come positivi i risultati dei test Pcr con un Ct (o soglia di ciclo, che rileva la carica virale del campione) di 40 cicli, mentre ora è stato ammesso il test con una soglia di 35 cicli. La decisione arriva insieme alla preoccupazione di atleti e staff circa la possibilità di non ottenere l’accesso agli spazi delle Olimpiadi invernali, e dopo che Pechino ha registrato 117 positivi sui 3.115 arrivi internazionali legati al contesto olimpionico dal 4 al 23 gennaio.

Insieme all’incognita della pandemia ritorna anche lo spettro dell’inquinamento atmosferico. Il ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente cinese sostiene che l’attuale clima invernale sia “molto sfavorevole” e che la concentrazione di PM 2,5 nell’aria potrebbe aumentare nelle prossime settimane. Ma le autorità faranno il possibile per contenere i danni e punire gli inquinatori, promette il portavoce Liu Youbin, anche perché i livelli di smog potrebbero presto superare il limite accettato dall’Oms e cancellare gli sforzi di Pechino per presentarsi in una veste migliore rispetto alle Olimpiadi del 2008.

Forze armate cinesi, gli Usa chiedono un rapporto sulle risorse umane nella Pla

Una call di ricerca comparsa sul sito della Commissione di revisione economica e sicurezza Usa-Cina (Uscc) sulle risorse umane della People’s Liberation Army (Pla), l’esercito cinese, non poteva che attirare l’attenzione di Pechino. Il tema centrale dello studio riguarderà la percezione dei decisori cinesi della salute delle proprie forze armate in termini di expertise e fidelizzazione dei militari. “È un mezzo di basso livello per ottenere informazioni”, ha commentato Zhou Chenming, ricercatore dell’istituto di scienza e tecnologia militare di Pechino. “L’unico e migliore modo per gli Stati Uniti di comprendere meglio la Pla è cercare di migliorare la comunicazione con le loro controparti cinesi”. Il rischio, ha aggiunto l’ex formatore della Pla Song Zhongping, è di spingere la Cina a “rafforzare ulteriormente il suo controllo sulle informazioni militari in patria e all’estero” anziché facilitare il dialogo e lo scambio di informazioni.

Il Pil del Guangdong trascina la crescita del paese. E supera quello di Corea del Sud

Secondo i dati ufficiali, il Pil della provincia meridionale del Guangdong è cresciuto dell’8% nel 2021, raggiungendo i 12,4 miliardi di yuan (circa 2 miliardi di dollari). Motore economico della Cina e sede di grandi hub manifatturieri come Guangzhou, Shenzhen e Shantou, la provincia vanterebbe un’economia superiore a paesi come la Corea del Sud – con i suoi 1,82 miliardi di dollari – e di poco inferiore ai 2 miliardi del Canada. Lo ha scritto ieri il South China Morning Post, che aggiunge che se fosse una nazione a sé, il Guangdong si classificherebbe nella top ten su scala globale. I dati giungono dopo che Pechino la scorsa settimana ha comunicato che nel 2021 il tasso di crescita economica del paese è stato dell’8,1%, superando senza grosse difficoltà il precedente target del 6%.

L’apporto del Delta del Fiume delle Perle all’economia della provincia, tuttavia, si è ridotto negli ultimi anni, passando dall’84,25% nel 2014 a poco più dell’80% nello scorso anno. Il cosiddetto modello-Guangdong è anche oggetto di forti critiche in merito alla ineguale distribuzione della ricchezza, come dimostra il fatto che megalopoli come Guangzhou e Shenzhen rappresentano quasi la metà del Pil della provincia. “Il divario tra lo sviluppo delle aree urbane e di quelle rurali è ancora ampio”, ha detto nei giorni scorsi il nuovo governatore della provincia, Wang Weizhong, “e c’è ancora molta strada da fare per promuovere la prosperità comune”, riferendosi all’obiettivo nazionale di ampio respiro che mira a ridistribuire la ricchezza in un’ottica più qualitativa. Wang ha anche sottolineato la necessità di nuove opportunità per una cooperazione tra Shenzhen e Hong Kong, la cui economia nel 2020 non superava neanche un quinto di quella del Guangdong.

Portaerei statunitensi nel Mas Cinese Meridionale per “contrastare le influenze maligne”

Due gruppi di portaerei statunitensi, guidati dalla USS Carl Vinson e USS dalla Abraham Lincoln, sono entrati domenica nelle acque del Mar Cinese Meridionale. Lo ha reso noto ieri un comunicato del Dipartimento della difesa di Washington, secondo cui la nuova esercitazione militare sarà condotta in conformità con il diritto internazionale. Ma l’area è da tempo arena di tensioni tra Stati Uniti e Cina, e l’addestramento, ha detto un alto comandante, intende “contrastare le influenze maligne”. Giunge dopo poche ore, infatti, dalla segnalazione da parte di Taiwan dell’ultima incursione dell’aviazione cinese in un’area vicina alle isole Pratas: 39 aerei militari sono stati fatti volare domenica da Pechino nella zona di identificazione di difesa aerea (ADIZ) dell’isola. E ieri, aggiunge il ministero della Difesa taiwanesi, ne sono stati avvistati altri 13.

A loro volta, le sortite cinesi intendono inviare un segnale appena dopo la fine delle esercitazioni Usa-Giappone iniziate il 17 gennaio vicino Okinawa. I due paesi, in occasione di un incontro virtuale dello scorso venerdì, hanno concordato di aumentare la collaborazione per questioni di sicurezza, compresa la crescente potenza militare di Pechino. Negli ultimi sei mesi, secondo i funzionari di Taiwan, Giappone e Stati Uniti, la marina dell’Esercito Popolare di Liberazione ha stabilito una costante presenza navale nelle acque attorno alle isole Ryukyu (che Tokyo chiama isole Nansei). In altre occasioni Pechino ha dichiarato che missioni di questo tipo sono volte a proteggere la sua sovranità e a prevenire interferenze esterne nelle sue rivendicazioni su Taiwan.

Startup, la nuova arma della Cina contro gli Usa?

La Repubblica Popolare ha deciso di puntare su Davide. È quanto afferma un approfondimento di Bloomberg sul mondo delle startup cinesi, le piccole aziende tech che – al contrario delle big tech (“i Golia”) che hanno dominato il panorama dell’innovazione nazionale fino a oggi – stanno trovando la strada spianata per portare avanti il proprio business. Le startup che vengono premiate con il titolo di “piccoli giganti” ottengono importanti finanziamenti da parte di Pechino, diventando spesso in breve tempo degli “unicorni” (startup che ottengono una valutazione di mercato per 1 miliardo di dollari). Questo programma di assistenza alle startup meritevoli è nato più di dieci anni fa, ma oggi assume un ruolo di rilevanza davanti alla stretta sui giganti tech (come nel caso di Alibaba) e l’urgenza di migliorare il comparto high-tech nazionale.

Non solo competizione con i campioni globali sul mercato, quindi, ma anche la necessità di rendersi meno vulnerabili davanti alle sanzioni statunitensi: non per niente è stato proprio nel 2018 che il ministero dell’Industria e dell’Information Technology ha avviato i programmi più ambiziosi. L’obbiettivo è di creare dei “piccoli giganti” nei settori chiave delle tecnologie avanzate (per esempio, i chip), in modo da rendere la Cina autosufficiente e sempre più potente sui mercati globali.

I satelliti di SpaceX? La Cina gioca in casa e sceglie GalaxySpace

Rimanendo in tema start-up, ecco un esempio che posiziona la Repubblica Popolare in aperta competizione con le aziende statunitensi: si chiama GalaxySpace, e mira a creare una rete satellitare 5G intorno all’orbita terrestre. Un progetto complesso, che rispecchia le ambizioni dell’americana SpaceX – oggi già a quota 2 mila satelliti, e con altri 42 mila in programma. Il caso cinese è più ridotto nei numeri, ma spera di portare la connessione internet ad alta velocità nelle aree più remote del paese.

Al di fuori dell’orgoglio nazionale, in questo campo entra in gioco la sicurezza del paese: i ricercatori della Chinese National University of Defense Technology diffidano della relazione tra il progetto Starlink e le forze armate Usa, mentre i dati in arrivo dall’America lasciano presupporre uno scenario di competizione sempre più teso. Questo non toglie che, con i suoi mille satelliti, la Cina abbia dato vita alla prima rete satellitare 5G nazionale. Infine, l’avvicinamento di Pechino al privato è uno dei primi assaggi di come la Repubblica Popolare sta cercando di ridefinire il proprio ecosistema dell’innovazione, dove c’è meno posto per i giganti e più spazio per i pesci piccoli.

Criptovalute, anche Jakarta impone lo stop alle società finanziarie

Martedì 25 gennaio la Financial Services Authority (Ojk) indonesiana ha annunciato che le società finanziarie non sono autorizzate a vendere o facilitare il trading di criptovalute. A sostenere la misura c’è la convinzione, come afferma il comunicato, che i cittadini possano cadere vittime di truffe o non comprendano appieno i rischi di un mercato così instabile. Anche in Thailandia e a Singapore il boom delle transazioni in criptovalute sta preoccupando le banche centrali, che hanno emesso degli avvisi ma permettono la loro esistenza fuori dalle strutture tradizionali.

Australian Open 2022, sì alle magliette “Where is Peng Shuai?”

Tennis Australia, l’associazione che fa capo al noto torneo internazionale di tennis Australian Open, ci ha ripensato sul divieto di indossare le magliette con la scritta “Where is Peng Shuai?” – “Dov’è Peng Shuai?”. A patto che sia per “scopi pacifici”. Il caso era emerso dopo che gli operatori della sicurezza locali avevano chiesto a due tifosi di togliersi le magliette e nascondere un poster di protesta contro il presunto isolamento della campionessa cinese dopo che un suo post di stampo #metoo era diventato virale su Weibo. Settimane dopo l’esplosione del caso Peng Shuai una parte del tennis mondiale continua a denunciare le istituzioni sportive di non fare abbastanza per Peng Shuai. Tra questi la campionessa Martina Navratilova, che in merito alla posizione di Tennis Australia ha detto: “Lo sport è sempre stato in prima linea nelle questioni sociali, spingendole avanti, ma credo che adesso stiamo facendo retromarcia.”

A cura di Sabrina Moles e Vittoria Mazzieri