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In Cina e Asia – Ancora una telefonata tra Xi e Putin

In Notizie Brevi by Serena Console

I titoli di oggi:

  • Ancora una telefonata tra Xi e Putin
  • L’industria dei semiconduttori continua a prosperare
  • Le Isole Salomone sono al centro dell’attività diplomatica di Australia e Nuova Zelanda
  • Cambogia: arrestati 60 attivisti

Non solo un’amicizia, ma anche un dialogo “senza limiti”. Ieri c’è stata l’ennesima telefonata tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il suo omologo russo, Vladimir Putin, dall’inizio della guerra in Ucraina. Secondo il resoconto dei media ufficiali cinesi, il presidente Xi si è espresso sulla vicenda  ucraina (non è stato infatti utilizzato il termine guerra) ribadendo che la Cina – che dallo scoppio del conflitto mantiene un atteggiamento ondivago – ha sempre fatto sul tema una valutazione da un punto di vista storico e “da ciò che è giusto e sbagliato, esprimendo giudizi in modo indipendente e promuovendo attivamente la pace nel mondo e la stabilità dell’ordine economico globale”. Xi Jinping ha poi rilanciato il suo ruolo di mediatore nel trovare una “soluzione adeguata della crisi in Ucraina in modo responsabile”.

Non sono mancati i riferimenti alla partnership rafforzata lo scorso 4 febbraio, quando la crisi ucraina era in ebollizione ma si riteneva ancora fosse sotto controllo. Il rapporto bilaterale trova un nuovo slancio, grazie all’intenzione dei due leader di espandere la cooperazione nei settori dell’energia, della finanza e dell’industria, per rispondere alle sanzioni “illegali” decretate dall’Occidente contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina.

La telefonata si è chiusa con un augurio. Ieri è stato anche il compleanno di Xi: il leader cinese ha ora 69 anni. Il contenuto del colloquio telefonico ha dato adito a diverse interpretazioni. Politico sottolinea che Xi ha offerto la “più inequivocabile dichiarazione di sostegno al suo omologo russo Vladimir Putin dall’invasione dell’Ucraina, giurando di sostenere la sovranità e sicurezza di Mosca”; il Wall Street Journal, invece, dà un’altra lettura. Per la testata statunitense, il leader cinese “non è riuscito ancora una volta a schierarsi pubblicamente con Mosca”.

Al di là delle diverse interpretazioni della telefonata, c’è un elemento che non lascia spazio a dubbi: l’isolamento economico della Russia sulla scia dell’invasione dell’Ucraina spinge Mosca più vicino a Pechino. Si tratta di una vicinanza non solo diplomatica, ma anche fisica. Lo scorso venerdì Russia e Cina hanno inaugurato il ponte autostradale Blagoveshchensk-Heihe, che collega Russia e Cina sul fiume Amur e che dovrebbe migliorare le relazioni commerciali tra i due Paesi. La costruzione del ponte, lungo 1080 metri e costato 368 milioni di dollari, è iniziata alla fine del 2016 ed è stata completata due anni fa; tuttavia, l’infrastruttura è stata aperta solo di recente a causa della pandemia di Covid-19.

L’industria dei semiconduttori continua a prosperare

L’industria cinese dei semiconduttori sta mostrando segni di prosperità, nonostante gli sforzi dell’amministrazione Biden per contrastarne la crescita. Gli ordini cinesi di apparecchiature per la produzione di chip da fornitori esteri sono aumentati del 58 per cento nel 2021: questi dati confermano quanto il mercato cinese continui a crescere per il secondo anno consecutivo.

Sebbene queste cifre siano state pubblicate lo scorso aprile in riferimento al 2021, non si esclude che anche per il 2022 si registrerà un aumento degli ordini di macchinari verso la Cina. L’attenzione verso il mercato cinese fa tremare Washington, che è alle prese con una debole spinta legislativa per sostenere l’industria dei chip statunitense con investimenti e incentivi governativi. Alcuni produttori di chip statunitensi hanno puntato il dito contro la pratica delle aziende cinesi di acquistare a prezzi maggiorati i macchinari per la produzione dei semiconduttori, che vengono così venduti più velocemente al migliore acquirente.

Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, che non conferma la tesi dei produttori di semiconduttori a stelle e strisce, è riluttante a imporre ulteriori misure restrittive per colpire l’industria dei microchip di Pechino. Il settore dei semiconduttori è diventato un campo di battaglia chiave durante la guerra commerciale dell’amministrazione Trump con la Cina. Il presidente Joe Biden ha poi ereditato una serie di regole volte a limitare l’accesso di alcune aziende cinesi alla tecnologia statunitense. La carenza globale di chip, che ha interrotto le forniture di qualsiasi cosa, dalle auto agli smartphone, ha ulteriormente infiammato le tensioni tra i due paesi.

Le Isole Salomone sono al centro dell’attività diplomatica di Australia e Nuova Zelanda

Sono passati più di due mesi dalla firma del patto di sicurezza tra la Cina e le Isole Salomone, ma i malumori non sono ancora sopiti. Il governo neozelandese e australiano hanno lanciato un’intensa attività diplomatica per riaffermare l’influenza di Wellington e Canberra nel paese del Pacifico.

Anzitutto, il dialogo tra esponenti del governo di Wellington e quelli di Honiara. A margine del forum di Shangri-La, il ministro della difesa neozelandese, Peeni Henare, ha incontrato il responsabile della sicurezza nazionale delle Salomone, Anthony Veke, per avviare colloqui sulla sicurezza marittima nelle acque territoriali. Il prossimo venerdì, invece, il ministro degli Esteri australiano Penny Wong incontrerà a Honiara il primo ministro delle Salomone, Manasseh Sogavare, con l’obiettivo di ricucire i rapporti bilaterali dopo che il paese del Pacifico ha firmato un accordo di sicurezza con la Cina.

Inevitabilmente, al centro dei colloqui ci sarà il patto di sicurezza siglato tra Pechino e Honiara lo scorso aprile, che alimenta le preoccupazioni degli alleati statunitensi nella regione. In un’intervista rilasciata recentemente al Guardian, il ministro degli Esteri delle Salomone, Collin Beck, ha rassicurato i principali attori regionali, difendendo l’intesa securitaria. Beck ha dichiarato alla testata britannica che le Salomone hanno dovuto affrontare diverse sfide interne, tra cui il cambiamento climatico e la crisi economica. Questi elementi, ha sottolineato il segretario permanente degli Affari Esteri, alimentano l’instabilità interna, mettendo a rischio la sicurezza nazionale: per questo, ha precisato Beck, è stato necessario affidarsi all’aiuto della Cina.

Cambogia: arrestati 60 attivisti

Continua in Cambogia la stretta nei confronti degli oppositori del primo ministro Hun Sen.  Theary Seng, una avvocatessa e attivista per i diritti umani, è stata condannata a sei anni di carcere per cospirazione e istigazione al tradimento. Il governo cambogiano non ha risparmiato nemmeno altri critici e politici dell’opposizione, a cui è toccata la stessa sorte dell’attivista. Theary Seng, una rifugiata negli Usa dopo essere fuggita dai campi di sterminio della Cambogia, era tornata nel paese asiatico per dare uno slancio democratico alla Cambogia.

L’attivista è una dei 60 imputati che sono stati collegati al tentativo fallito del leader dell’opposizione Sam Rainsy di tornare dall’esilio. Choung Chou Ngy, avvocato della donna, ha intenzione di ricorrere in appello. Il legale sa che la condanna della sua assistita rientra in un piano di Hun Sen per eliminare le ultime tracce di resistenza politica. Gli esponenti del principale partito di opposizione, il Cambodia National Rescue Party, dal 2017 sono perseguiti da casi giudiziari.

A cura di Serena Console