mercato artistico cinese

Chinoiserie – Contemporary Matters: la codifica del linguaggio artistico cinese

In Chinoiserie, Rubriche by Camilla Fatticcioni

Intervista a Silvia Vannacci, fondatrice della piattaforma artistica Contemporary Matters

Le dinamiche del mercato artistico cinese appaiono lontane per gli appassionati di arte di tutto il mondo. Ma curatela, produzione e consulenza artistica nella Repubblica popolare cinese sono elementi che si stanno progressivamente affacciando a un pubblico internazionale. Per comprenderne le diverse sfaccettature, China Files ha intervistato Silvia Vannacci, fondatrice della piattaforma Contemporary Matters e curatrice del progetto che esplora la relazione tra uomo e nuove tecnologie Mitologie Digitali.

Come sei arrivata a formulare questa modalità di connessione e dialogo tra occidente e Cina?

Contemporary Matters nasce a Shanghai nel 2019 come progetto curatoriale. La piattaforma è stata creata per interpretare il bisogno di pratiche curatoriali in Cina e per aumentare la consapevolezza e la comprensione dello scenario artistico cinese all’estero. Si tratta di una realtà che  rappresenta uno spazio sicuro per curatori e artisti che vogliono crescere non solo in Cina, ma anche in Europa.

Il mio background linguistico mi è stato di grade aiuto in questo progetto. Vedo l’arte contemporanea come una lingua franca dei nostri giorni. Ognuno di noi parla un linguaggio artistico con il proprio bagaglio culturale e forma mentis. Contemporary Matters è stata la risposta alla necessità di codificare il linguaggio dell’arte contemporanea cinese.

Come viene visto l’ecosistema artistico cinese nel resto del mondo?  

Nel mondo dell’arte contemporanea cinese esiste una maggiore tendenza a sperimentare e questo ha attratto l’interesse di numerose gallerie e istituzioni occidentali. L’ecosistema artistico occidentale è molto più gerarchico e ostacolato da un pesate bagaglio storico e culturale, che frena molto spesso la sperimentazione artistica.

Il governo di Shanghai, per esempio, ha investito molto nel rendere la metropoli il principale hub contemporaneo dell’Asia, riuscendoci in tempi pre-pandemici. L’apertura di fiere o di spazi come il Westbund ha portato nella metropoli gallerie e istituzioni occidentali, come le Centre Pompidu di Parigi o il Tate Modern di Londra.

La pratica curatoriale di Contemporary Matters copre diversi aspetti: relazioni con gli artisti, visite in studio, mantenimento dell’integrità delle opere d’arte e archiviazione. Quali sono i principali ostacoli per un artista nell’approcciarsi allo scenario cinese, in particolare in termini di curatela?

Sicuramente a livello di curatela è importante avere una conoscenza sia dell’artista che della situazione che di vuole andare a creare in un determinato contesto. Ho avuto molte esperienze con artisti stranieri che arrivavano con borse di studio a Shanghai:  i primi scogli sono, banalmente, lo shock culturale e le difficoltà linguistiche. Il ruolo di curatore è quello di mediatore tra l’artista e il pubblico, ma anche tra l’artista e le istituzioni, pubbliche o private, che lo ospitano. La burocrazia cinese può essere più veloce di quella italiana, ma sotto molti aspetti è ugualmente complicata in ambito artistico.

Il nostro obiettivo è quello di promuovere il lavoro con l’artista in comunicazione con lo spazio e il contesto in cui si trova. Quando nel 2021 abbiamo portato a Prato Musk Ming, artista cinese che affronta il tema dell’omosessualità, abbiamo dovuto applicare i filtri giusti, tenendo conto non solo del pubblico italiano, ma anche di quello della comunità cinese di Prato. Non esiste una mostra se questa non viene prima contestualizzata.

contemporary matters

IDEM / ALTER. Exhibition view at Saletta Campolmi, Prato 2021

Il progetto Mitologie Digitali esplora le nuove tecnologie in relazione con la società contemporanea, portando ad una serie di domande non solo sociali, ma economiche ed emotive che si scaturiscono dall’interazione tra uomo e tecnologia. La Cina ha sempre investito molto nelle nuove tecnologie, e questo è evidente anche nell’arte.  Esiste una sorta di vantaggio competitivo per l’arte cinese in questo senso, considerati i grandi investimenti in termini di tecnologia da parte della Rpc?

In Cina la sperimentazione digitale va avanti da molto più tempo che in Europa. Artisti cinesi come Cao Fei lavorano con il digitale fin dagli anni Novanta. L’aspetto tech è sicuramente una moda in Cina, ma fa parte del quotidiano fin da tempi pre-pandemici. Per questo non esiste una “paura” del digitale, ma piuttosto un’abitudine.
L’arte digitale e l’arte traduzionale sono comunque due universi paralleli che non si toccano. L’arte contemporanea ha avuto un boom forte in Cina anche grazie a numerosi investimenti esterni, ma l’arte tradizionale continua ad avere una forte presenza e importanza, e questo la rende inespugnabile.
Credo che la Cina non abbia ancora sfruttato al massimo il potenziale dell’arte digitale. Questo eventualmente accadrà con l’evolversi del metaverso e di altre realtà digitali, ma per ora i cinesi preferiscono l’acquisto di beni materiali.

Il progetto di Mitologie Digitali vuole proprio dare una risposta a questa nuova relazione tra uomo e nuove tecnologie. La mostra verrà inaugurata il 27 novembre in due esibizioni in contemporanea, una a Prato e l’altra al Museo di Arte Contemporanea di Taizhou. I ventitré artisti in mostra tra Italia e Cina reinterpretano le loro tradizioni ancestrale attraverso l’utilizzo di strumenti digitali, dando vita a una nuova forma di mitopoiesi contemporanea legata ad alcuni temi molto importanti e fondamentali per attraversare e comprendere il presente.

 

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Di Camilla Fatticcioni*

**Laureata in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou interessandosi di archeologia ed iconografia buddhista cinese medievale. Sinologa ed autrice del blog perquelchenesoio.com, scrive di Asia e Cina specialmente trattando temi legati all’arte e alla cultura. Collabora con diverse riviste tra cui REDSTAR magazine della città di Hangzhou e scrive per il blog di Bridging China Group. Appassionata di fotografia, trasmette la sua innata voglia di raccontare storie ed esperienze attraverso diversi punti di vista.