Il Guangdong, la regione simbolo del boom economico cinese, rallenta e sempre più spesso si trova ad affrontare proteste locali. Nuove proteste per la terra a Wanggang e il nuovo modello liberale. Sviluppato anche grazie anche a Wang Yang, stella nascente della politica cinese
Il paese sta per chiudere per le feste del capodanno cinese, ma è dal Guangdong che l’atmosfera sociale del paese viene confermata in movimento.
Una regione che nell’ultimo periodo è stata al centro di straordinarie considerazioni ed eventi, stretta tra diminuzione del proprio ruolo economico (da solo il Guangdong produce un quarto delle esportazioni cinesi e per questo, causa crisi europea ed americana, ha sofferto nel 2011) e avanguardia di un modello liberale che ha in Wukan, la sua evoluzione e la sua soluzione, il proprio fiore all’occhiello.
Il leader del Partito, Wang Yang, è una stella nascente della politica cinese. Secondo molti analisti il suo raggio d’azione sarà limitato al solo aspetto regionale anche in futuro, ma di sicuro le sue ultime esternazioni – ascoltare la società civile, concedere a quest’ultima le funzioni che il governo non può esercitare – lo hanno inserito tra i “riformatori” della nuovissima Cina.
Tanto più che le sue parole hanno trovato subito un rimbalzo in quelle espresse ieri dal nuovo governatore del Guangdong, perfettamente in linea con Wang Yang. Un segnale di “cordata” o “traccia” all’interno delle dinamiche del partito, che prende piede e riapre i giochi sulla futura gestione ideologica della Cina.
Insieme alla crescita riformista, almeno apparentemente, ieri si è tornato a parlare di proteste. Un migliaio di manifestanti provenienti dal villaggio di Wanggang ha chiesto un risarcimento adeguato per le terre sequestrate dal loro governo locale e la rimozione del segretario di partito. La richiesta è stata presentata tramite petizione alle autorità politiche di Guangzhou.
Li Hongding, 32 anni, abitante del villaggio, ha detto che si trattava del loro terzo raduno: “con la forza collettiva dei nostri paesani – ha riportato il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post – vogliamo che la nostra voce sia ascoltata dal governo: il regime comunista nel villaggio di Wanggang è chiaramente stato sostituito dal potere corrotto affiliato alle triadi. Se i nostri problemi non sono risolti, Wanggang diventerà una seconda Wukan del Guangdong. La terra ci venne data dai nostri antenati, noi lotteremo fino alla fine per riaverla”.
Gli abitanti del villaggio hanno accusato il segretario del Partito Li Zhihang di esproprio di terre collettive con le quali avrebbe intascato oltre 400 milioni di yuan, sottraendo fino a 850mila yuan alle cooperative locali. Ad ora le autorità hanno promesso una risposta alle richieste della popolazione, il 19 febbraio.
Nel frattempo, ieri Zhu Xiaodan è stato eletto governatore del Guangdong, esordendo nella sua nuova funzione, con affermazioni rilevanti: “il malcontento sociale, ha detto, rappresenta una sfida importante per il Guangdong, più dei rischi economici”, specificando che la causa principale dei problemi circa la requisizione della terra era dato dal fatto che alcuni funzionari “non rispettano la legge e ignorano gli interessi degli agricoltori: in questo modo i conflitti sociali si accumulano, diventano più acuti, e si evolvono in incidenti di massa se non trattati correttamente”.
Parole nuove, per certi versi, in attesa di capire se il modello Guangdong, con le lotte operaie, le rivolte contadine, la necessità di produrre e una dirigenza che cerca il compromesso, potrà diventare un modello nazionale, o quanto meno rimanere come un riferimento parziale nella politica futura del paese.