Quando il presidente Hu Jintao partirà alla volta dell’Africa, la prossima settimana, milioni di industrie in tutto il paese staranno ancora soffrendo per gli effetti di una crisi economica che ha colpito più di tutti la fabbrica del mondo. Il collasso dei mercati dei beni di consumo europeo e nordamericano, che ha causato la chiusura di migliaia di stabilimenti produttivi e il licenziamento di milioni di lavoratori migranti, ha urgenza di essere compensato altrove. E vista la crescita dell’interscambio lo scorso anno fra Cina e Africa, del 45% in più rispetto al 2007 e del valore complessivo raggiunto di 106 mld di dollari, sembra essere il continente nero l’obiettivo delle imprese del dragone per risollevare la testa dal turbine della crisi.
Hu, nel primo viaggio all’estero del nuovo anno, visiterà 4 paesi in Africa: Mali, Senegal, Tanzania e Mauritius. "I quattro stati africani che fanno parte dell’itinerario di Hu Jintao non sono paesi ricchi di risorse" ha sottolineato il Ministro degli esteri assistente, Zhai Jun, questa mattina in conferenza stampa a Pechino. Il diplomatico ha ribadito che la cooperazione di lunga data fra il colosso asiatico e il continente africano non si basa soltanto su petrolio e minerali, e che chiunque si aspetta la firma di accordi sullo sfruttamento di giacimenti o miniere sarà deluso.
L’ambasciatore cinese in Senegal nei giorni scorsi ha detto che Hu si recherà nel paese per rafforzare il rapporto con Dakar e non per mettere mano alle abbondanti risorse di oro e ferro del paese che, ha sottolineato, sono nelle mani di compagnie europee e canadesi. Il Senegal è, oltretutto, nuovo sull’agenda cinese: dopo che Dakar ha rotto le relazioni con Taiwan e nel 2005 si è allineata alla politica di ‘una sola Cina’, questo sarà il primo viaggio di un presidente cinese nel paese. Il cambio di fronte ha fruttato già al Senegal un interscambio commerciale fra i 150 e i 200 mln di dollari lo scorso anno, e un aiuto di 8,9 mln di dollari erogato il mese scorso per finanziare la costruzione di stadi ed infrastrutture e per programmi culturali.
"Il mondo in cui le aziende cinesi penetrano i mercati africani è peculiare- ha spiegato ad Apcom Misuzu Otzuka, economista presso l’Osce- in molti casi gli aiuti allo sviluppo erogati da Pechino sono condizionati alla realizzazione di progetti da parte di imprese cinesi", un metodo denunciato da molti concorrenti occidentali. Ma "la Cina rende accessibile agli africani tutta una serie di beni che altrimenti non potrebbero mai permettersi, sia perché i paesi occidentali non considerano l’Africa come un mercato di destinazione dei loro prodotti, sia perché la merce proveniente da Europa o America è troppo cara per i consumatori africani" spiega Alex Gbaguidi, ricercatore del Benin presso l’Accademia delle Scienze cinese.
La portavoce del Ministero degli Esteri Jiang Yu ha anche detto che la visita servirà a promuovere la messa in pratica del pacchetto di misure ed aiuti finanziari promessi da Pechino al continente nero nel 2006, durante il summit Cina-Africa.
All’epoca l’impero di mezzo aveva promesso la cancellazione di 168 debiti da parte di 33 paesi africani, 105 dei quali sono già stati risolti, secondo il governo, nonostante la pesante congiuntura internazionale che non risparmia neppure l’economia cinese. A dicembre il premier Wen Jiabao disse al presidente angolano José Eduardo Dos Santos in visita nella capitale che la Cina avrebbe continuato, senza diminuirlo, l’aiuto all’Africa.
Hu Jintao nel viaggio che inizierà martedì e durerà una settimana, fino al 17, si farà carico di ribadire quella promessa. Il problema delle risorse, stavolta, il presidente lo ha lasciato al Ministro del Commercio Chen Demin, che a gennaio ha visitato Kenya, Zambia ed Angola. Hu farà tappa soltanto nella ricca Arabia Saudita, il primo fornitore di greggio del paese, che nel 2008 ha fornito a Pechino 36 mln di tonnellate di petrolio, dove è comunque prevista la firma di accordi legati alle risorse.
(*pubblicato da Apc il 6 febbraio 2009)