Il governo cinese ha pubblicato il libro bianco della Difesa. Pechino rivela la portata delle proprie forze armate, ricordandone la funzione essenziale al servizio del "sogno cinese" . Ma la strategia non cambia: la Cina non attaccherà. Anche se continua a pattugliare le acque delle isole contese con i vicini asiatici Per capire qual è la consistenza delle forze armate cinesi fa fede il “libro bianco” divulgato ieri dal ministero della Difesa di Pechino. È l’ottava pubblicazione negli ultimi 15 anni e giunge in una fase in cui le tensioni regionali sono all’apice. Non a caso, infatti, il libro premette che le minacce alla sicurezza nazionale sono oggi “molteplici e complicate”, osservazione ripresa da praticamente tutti i media.
In un editoriale, l’Agenzia Nuova Cina sottolinea che l’evoluzione dell’Esercito Popolare di Liberazione è al servizio del “sogno cinese”, la parola d’ordine lanciata dal neopresidente Xi Jinping come scopo del proprio mandato. Da tempo molti osservatori hanno identificato un nesso stretto tra i programmi della nuova leadership e un forte spirito nazionalista. Xinhua si affretta tuttavia a sottolineare che “la natura difensiva della strategia cinese di difesa nazionale non è cambiata, ma la Cina non è disposta a scambiare la propria sovranità e i suoi interessi per la pace. Come dice il libro bianco, ‘Noi non attaccheremo a meno che non siamo attaccati: ma se questo accadrà, contrattaccheremo di sicuro’.”
Nell’identificare l’elemento destabilizzante per gli equilibri regionali, il ministero della Difesa cinese punta il dito contro la strategia del “Pivot Asia” lanciata dall’amministrazione Obama, anche se non si fanno esplicitamente nomi e cognomi: “Alcuni paesi stanno rafforzando le proprie alleanze militari in Asia-Pacifico e ampliando la loro presenza militare nella regione, spesso rendendo la situazione più tesa”, recita il documento.
Il Giappone è invece accusato di “creare problemi” per le “isole Diaoyu” (che nel Sol Levante chiamano invece Senkaku), l’arcipelago nel Mar Cinese Orientale al centro di una disputa territoriale che ha inasprito le relazioni tra Pechino e Tokyo: “Sulle questioni che riguardano la sovranità territoriale della Cina nonché diritti e interessi marittimi, alcuni paesi limitrofi stanno compiendo azioni che complicano o peggiorano la situazione, e il Giappone sta creando problemi sulla questione delle Isole Diaoyu”, recita il libro bianco. Osservazione che ha immediatamente suscitato una protesta formale da parte del governo giapponese.
Ma veniamo ai numeri, presentati dal ministero e dai media cinesi come un fulgido esempio di trasparenza. Il libro bianco rivela infatti per la prima volta la dimensione delle tre forze armate che costituiscono l’Esercito Popolare di Liberazione. Si dichiarano 850mila effettivi nei 18 corpi di terra, 235mila in marina e 398mila nell’aviazione, per un totale di 1,48 milioni. Tuttavia, in passato si era parlato di un esercito composto da 2,3 milioni di effettivi. Dove sta l’inghippo?
Il ministero della Difesa ha dichiarato al South China Morning Post che la differenza di 820mila tra i due numeri indicati è da riferirsi al mancato computo delle guardie di frontiera, del personale destinato alla ricerca tecnologica e del Seconda Corpo d’Artiglieria dell’esercito, la forza di deterrenza strategica la cui dimensione è classificata come “top secret”. Questo corpo comprende le forze missilistiche nucleari e convenzionali e le relative unità di supporto.
Come dovrebbe funzionare la difesa cinese in caso di aggressione lo spiega Xinhua, enfatizzando il ruolo dell’aviazione, definita “il pilastro” per una reazione immediata ed efficiente. Il sistema di difesa aerea è composto da sei sottosistemi “di ricognizione e sorveglianza, comando e controllo, difesa aerea, difesa aerea a terra, supporto integrato e difesa aerea civile”.
I sei sottosistemi formano “un’entità organica di ricognizione ed allarme precoce, resistenza, contrattacco e protezione. Il sottosistema di ricognizione e allarme ha il compito di trovare, identificare e monitorare le forze aeronautiche del nemico, e di inviare al sottosistema di comando e controllo informazioni accurate e tempestive sui bersagli aerei”. Questo, a sua volta, deciderà le strategie di contrattacco e ridistribuirà i compiti alle forze armate grazie a sistemi di comunicazione informatizzati e tecnologicamente avanzati. Integrazione tra aviazione e information technology. Così funziona (o vuole funzionare) l’esercito cinese.
Il Global Times si sofferma sul significato complessivo del “libro bianco” (al di là dello sforzo di trasparenza), confermando che “la Cina mira a vincere guerre locali in condizioni di sempre maggiore informatizzazione dei conflitti e sta di conseguenza intensificando la preparazione militare in questa direzione”.
Quanto agli scenari strategici, lo spin-off del Quotidiano del Popolo sottolinea la nuova missione della Cina nel mondo ed enfatizza quindi il ruolo della marina.
Non si tratta infatti solo di proteggere il territorio cinese, ma “di salvaguardare i diritti e gli interessi marittimi” del Paese; quindi, "l’Esercito Popolare di Liberazione ha intensificato l’addestramento in alto mare”. Dal 2007 – ricorda il giornale – la marina cinese ha svolto esercitazioni nelle lontane acque del Pacifico occidentale, per un bilancio di 90 spedizioni in quasi 20 aree.
“Con la progressiva integrazione dell’economia cinese nel sistema economico mondiale – continua il Global Times citando il documento – gli interessi all’estero sono diventati una parte integrante degli interessi nazionali della Cina. I problemi della sicurezza sono maggiori, e coinvolgono l’energia e le risorse che arrivano dall’estero, le rotte strategiche, nonché cittadini e persone giuridiche [leggi “imprese”, ndr] cinesi all’estero”. E quindi, il giornale ricorda che a partire dal dicembre 2012, la Marina cinese ha inviato 13 task force per scortare quasi 5mila navi.
Intanto, due navi appartenenti alla flotta meridionale dell’Esercito Popolare di Liberazione hanno pattugliato oggi le acque limitrofe alle isole Diaoyu/Senkaku. Xinhua ricorda che la manovra fa seguito ad analoghe operazioni compiuta da navi facenti capo sia alla stessa flotta, sia a quella orientale. La marina pattuglia, l’aviazione (in caso) difende.
[Scritto per Lettera43; foto credits: thetimes.co.uk]