Tokyo richiama l’ambasciatore

In by Simone

Il Giappone ha richiamato il suo ambasciatore da Pechino per discutere della situazione del Mar cinese meridionale. Esperti divisi: alcuni sono ottimisti, altri la ritengono un segnale di insoddisfazione rivolto alla Cina. Intanto il problema persiste e non ci sono soluzioni in vista. Il Giappone ha richiamato il suo ambasciatore da Pechino in seguito all’intensificarsi delle tensioni nel Mar cinese meridionale. La mossa è stata osservata attentamente in tutto il mondo, mentre in Cina e Giappone fioriscono interpretazioni, scontri e accuse.

Il Mar cinese meridionale è diventato una zona di frizione fra i vari paesi che lo circondano. Molti governi nell’area – fra i quali quello vietnamita, cinese, filippino, giapponese e taiwanese – reclamano la sovranità delle sue acque e delle vaste risorse che si celano al di sotto di esse.

La competizione, alimentata dai vari nazionalismi, è andata intensificandosi nel corso della prima metà di quest’anno.

Dapprima c’è stata una rottura fra le Filippine e Pechino sulla secca di Scarbourough, nei pressi della quale la marina cinese e quella filippina sono state protagoniste di un lungo faccia a faccia, durato fino a quando Manila non ha deciso di ritirarsi (pur mantenendo la sua posizione politica).

Poi è stata la volta del Vietnam, con conseguenti balletti diplomatici tra i due paesi e manifestazioni di protesta anti cinese ad Hanoi, di fronte all’ambasciata del Celeste Impero.

Nel caso del Giappone, i problemi si sono concentrati su un gruppo di isole chiamate Diaoyu in cinese e Senkaku in giapponese.

La sovranità su di esse è sempre stata argomento di dibattito, e all’inizio di luglio, secondo quanto ricordato dal China Daily, il primo ministro giapponese aveva affermato di “essere in trattativa con un proprietario privato per nazionalizzare parte delle isole Diaoyu”.

Ma per Pechino il territorio è cinese, e quindi l’azione giapponese sarebbe stata illegittima.

In quel caso, sempre secondo il China Daily, “Pechino rispose in modo deciso e, oltre a fare delle rimostranze con Tokyo, inviò delle imbarcazioni a pattugliare l’area”.

L’ultimo episodio è stato il richiamo da parte di Tokyo dell’ambasciatore giapponese Unichiro Niwa.

Secondo quanto riportato dal Quotidiano del Popolo, “domenica il Giappone ha richiamato il suo ambasciatore in Cina per discutere delle tensioni sulle isole del Mar Cinese Meridionale, richiedendo al diplomatico di riportare accuratamente la posizione giapponese a Pechino”. La notizia del ritiro era stata data già sabato 14 luglio dal Ministro degli esteri Koichiro Gemba.

Secondo quanto riportato dal Global Times, Gemba avrebbe affermato che il governo voleva parlare direttamente con Niwa delle relazioni tra Cina e Giappone e delle sue opinioni su di essa.

Secondo il New York Times, “Gemba si trovava nel Sud Est Asiatico per presenziare ad un incontro regionale a Phnom Penh, in Cambogia, che ha fallito nel trovare un accordo su come rispondere alla posizione cinese nel Mar Cinese Meridionale”.

Non appena la notizia è diventata di pubblico dominio il dibattito sulle motivazioni è iniziato.

Il South China Morning Post ha riportato l’opinione di Liu Jiangyong, professore di relazioni internazionali presso l’Università Tsinghua di Pechino, secondo il quale “il ritorno temporaneo di un ambasciatore non è un grosso problema; succede continuamente. Ma i media di entrambi i Paesi hanno esagerato le tensioni”.

Secondo lui, infatti, “la Cina e il Giappone hanno degli interessi comuni nei settori economico e culturale, e quindi troveranno un modo per risolvere i loro problemi politici in modo pacifico a dispetto di tutto”.

Anche il Quotidiano del Popolo è sembrato ottimista, affermando che “l’ambasciatore Unichiro Niwa tornerà a Pechino lunedì, eliminando le preoccupazioni secondo le quali Tokyo vorrebbe rimuovere il suo ambasciatore”.

Si è detto di diversa opinione Feng Zhaokui, un esperto di studi Giapponesi presso l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, che al Global Times ha affermato: “nonostante né Pechino né Tokyo vogliano uno scontro sulle isole Diaoyu, il rischio rimane”.

Feng ha anche detto che non si può escludere a priori che l’ambasciatore venga rimosso.

In questo senso, Liu Gang, un esperto presso la Okinawa University, ha sottolineato come “cambiare ambasciatore comporterebbe dei rischi imprevedibili per le relazioni sino-giapponesi, anche in considerazione delle attuali tensioni fra le due parti”.

Wang Xinsheng, dell’Università di Pechino, ha dischiarato al South China Morning Post che “oggi le tensioni fra la Cina e il Giappone sono diventate sempre più comuni, e per i due governi è impossibile risolverle”.

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.

[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: 3.bp.blogspot.com]