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E-book Ucraina-Asia – Tigri e montagne

In Cina, Relazioni Internazionali by Redazione

La complessa ambiguità mantenuta sull’invasione russa dell’Ucraina non impedisce alla Cina di sostenere la sua retorica anti Nato e anti Usa, mentre cerca di saldare il suo ruolo in Asia-Pacifico. Con diversi rischi sullo sfondo. Dal nostro ultimo ebook Ucraina-Asia: dalle relazioni tra Cina e Russia alle proiezione giapponese, dal dossier coreano all’Asia centrale, dal Sud-Est asiatico al dilemma dei paesi più piccoli. Fino al nodo Taiwan e all’impatto economico, energetico e nelle relazioni tra Pechino e Unione europea. Un’ampia panoramica sulla prospettiva asiatica del conflitto.

Mentre le tigri lottano, la Cina prova a restare a guardare dalla sua montagna. Come già per la guerra in Iraq o per quella in Afghanistan, Pechino osserva con attenzione e cerca di scrutare metodi, obiettivi, strategie del rivale americano. Ma intanto rischia di venire in qualche modo trascinata giù da pressioni contrapposte di chi vorrebbe portarla a posizionarsi con una chiarezza per ora sconosciuta a un ambiguo equilibrismo che tiene insieme la necessità di “salvare la faccia”, in particolare quella di Xi Jinping che ha scommesso molto sul rapporto con Vladimir Putin, ma nemmeno di appiattirla completamente dietro quella russa. Un esercizio complesso e non privo di rischi, per un leader che solo il 4 febbraio accoglieva con tutti gli onori il futuro invasore elevando a “senza limiti” i contorni di un’amicizia che non ha ancora completato la sua metamorfosi in un’alleanza.

Pechino, tra le righe, ha più volte lasciato intendere che l’avventura di Putin può diventare una sciagura: non c’è una ragione razionale perché il Pcc possa appoggiare una simile iniziativa che più di tutto porta a disordine e imprevedibilità, quanto la Cina teme di più in assoluto. Per aggiunta nell’anno del XX Congresso. Per il Partito comunista cinese e il suo meticcio modus operandi, tra leninismo e confucianesimo (almeno a parole), la cosa più importante è l’ordine, sia interno sia internazionale, condizione fondamentale per il “buon governo”, per “l’armonia”, la stabilità e soprattutto perché gli affari possano proseguire senza intoppi. La guerra è il massimo del disordine, del caos, dell’impossibilità a proseguire come in precedenza. Una guerra mina la percezione di sicurezza, laddove dire “sicurezza della Cina”, per altro, per i funzionari del Partito comunista cinese significa dire “sicurezza per il Pcc”.

I segnali che sono arrivati dal fronte economico dimostrano che la Cina, per quanto le condanni, sta rispettando le sanzioni. Tanto più che Pechino non può sacrificare l’interscambio con Usa e soprattutto Ue a fronte di un isolamento per sostenere un partner economico di proporzioni minori come la Russia, specie in un momento nel quale la sua economia rallenta e diverse riforme (dalle pensioni alla tassa sulla casa) proprio per questo motivo sono state, al momento, messe da parte.

Allo stesso tempo, Pechino non può certo abbandonare la prospettiva russa sulla guerra e in particolare la propaganda anti Nato e anti americana. Gli interessi di Mosca e Pechino, d’altronde, collimano soprattutto su un punto: la retorica anti-americana. Sul dossier ucraino i media cinesi non criticano Kiev, alla quale anzi hanno lasciato anche spazio come dimostra la recente intervista al ministro Kuleba pubblicata da Xinhua: i “cattivi” sono sempre Washington e la Nato. Se i cattivi sono sempre gli americani, che hanno gettato “benzina sul fuoco” delle tensioni tra Kiev e Mosca, si può spostare l’attenzione dalla violenza della guerra lanciata dal partner sempre più junior che siede al Cremlino. Così come si può riutilizzare la presunta sindrome da accerchiamento di Mosca in Europa nord orientale con una futura sindrome di accerchiamento cinese in Asia Pacifico, dove iniziative come Quad (di cui fanno parte India, Giappone, Australi e Stati Uniti) e soprattutto Aukus (che riunisce Stati Uniti, Australia e Regno Unito) vengono percepite come vagiti di una nascente Nato asiatica. Se in futuro deciderà di agire, per esempio su Taiwan, Pechino deve far passare il messaggio che la responsabilità, come accaduto sull’Ucraina, sia proprio da ricercare tra Casa Bianca e Alleanza atlantica per aver interferito sullo status quo e dunque sulla sicurezza regionale. OTTIENI IL NOSTRO MINI EBOOK PER CONTINUARE LA LETTURA

Di Simone Pieranni e Lorenzo Lamperti