The Leftover of the Day – Format

In by Simone

Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
4 dicembre 2009, 17:41
Format

Mi sto trasformando in un enorme orecchio. Un orecchio a intermittenza, però – a causa dell’eccessivo carico di lavoro a volte non sento assolutamente nulla. Mi basta cogliere l’ultima frase e riagganciarmi a quella per far sembrare un dialogo quello che altro non è se non un monologo.

I suoi monologhi possono essere:

a. dettagliatissime descrizioni dei film che ha visto in tv
b. dettagliatissime descrizioni delle sue letture
c. lezioni di giornalismo 
d. lezioni sul Giappone 

Non manca di eclettismo.
Nella giornata di oggi è andata così:

a. mi ha parlato approfonditamente di Manuale d’amore (non era la prima volta). I due film lo hanno appassionato e si delizia a raccontarmi la trama, spiegandomi cosa fa il personaggio di Verdone o quello di Rubini. Io nascondo espressioni di orrore.

b. Mi ha parlato di L’Italia spensierata, di F. Piccolo (non era la prima volta). Il libro gliel’ho consigliato io perché immaginavo in qualche modo fosse adatto ai suoi gusti. Nonostante ciò, si sente in dovere di spiegarmi ogni nuovo capitolo che legge. E, cosa che mi lascia ancor più basita, il libro diventa ogni giorno di più il paradigma della perfezione giornalistica – e così rientriamo in c. lezioni di giornalismo. Lui si immagina Piccolo segnarsi su un bloc-notes tutti i prodotti dell’autogrill o annotare le battute di non so più quale cinepanettone visto al cinema Adriano di Roma. Mi dice: "Secondo me, quello è proprio il giusto approccio giornalistico. Non parla del film di Natale perché è bello ma perché tutti lo conoscono". Mi manca il coraggio di dirgli che la natura dell’operazione è sensibilmente diversa. Ovvero che, con spirito snobisticamente ecumenico, Piccolo racconta un mondo a lui ignoto. E i suoi lettori, lui lo sa, non saranno mai gli spettatori dei film di De Sica o di Domenica in. 

d. mi ha parlato delle furin, le campanelle giapponesi, il cui suono enfatizza i movimenti del vento; del capodanno giapponese dentro ai templi bevendo sakè, della stagione del sakura, quando ci si ritrova nei giardini per contemplare i fiori rosa che cadono (in fondo "One minute lesson of Japanese culture of the day" è, tra tutti, il mio format preferito)

A fine giornata,ho una crisi di identità e di interpretazione: come possono convivere Boldi e De Sica con il lento planare a terra dei fiori di ciliegio?

*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)