Thailandia – Sono arrivate le inondazioni a Bangkok?

In by Simone

Ma davvero Bangkok è completamente allagata? Quali zone si sono salvate? Resoconto da un testimone oculare dell’emergenza inondazioni nella capitale che, ritirate le acque, si prepara ad affrontare la cronica crisi politica del Paese.
A Bangkok, quando due amici si incontrano non si apostrofano più con un “Ciao, come va?”. Adesso si chiedono: “Ciao, da te sono già arrivate le inondazioni?”. Una battuta, questa, che esemplifica bene lo stato di panico in cui ha vissuto fino a oggi la capitale thailandese, ma che avanza anche una domanda legittima: “Sono poi arrivate le inondazioni a Bangkok?

Sì e no. Sono arrivate per gli abitanti della Charansanitwong Road, un’arteria principale della periferia della città, che ogni giorno da due settimane a questa parte ha accolto sorridenti flotte di bambini a sguazzare nei suoi incroci.

Sono arrivate per gli impiegati della Thai Airways, a casa da quando il loro ufficio in Vibhawadee Road è inaccessibile. Sono arrivate per lo staff aeroportuale e i viaggiatori del Don Mueang, l’ex aeroporto internazionale di Bangkok recentemente usato solo per alcuni voli domestici, la cui pista di atterraggio è sott’acqua.

A Rangsit, sono stati addirittura avvistati dei coccodrilli, sfuggiti, come in altre parti del Paese, dagli allevamenti. Ma a parte queste e poche altre zone nel nordovest e nel nordest della città – densamente popolate ma esclusivamente periferiche – dove il livello dell’acqua ha registrato picchi di oltre un metro, la capitale thailandese è rimasta completamente asciutta durante l’intera emergenza.

Da oltre due mesi l’alluvione ha messo in ginocchio le province centrali della Thailandia, coinvolgendo due milioni e mezzo di persone e lasciandosi alle spalle più di cinquecento vittime. Dei suoi 15 milioni di abitanti, si stima che 500mila abbiano risentito delle inondazioni.

Si è iniziato a parlare di un coinvolgimento di Bangkok nelle inondazioni quando, venti giorni fa, la premier Yingluck Shinawatra ha annunciato l’apertura di alcuni canali metropolitani alle acque bloccate nelle province per facilitare il convoglio di queste al mare.

Da allora la capitale, in fibrillazione già da tempo, è caduta nel panico più assoluto: le televisioni sempre sintonizzate sui telegiornali – dove il governo nazionale e il governatore di Bangkok, rivali politici, si sono preoccupati di passare notizie sistematicamente contrastanti – e gli occhi fissi sulle immagini che i media locali a caccia di ascolti facili hanno proiettato ininterrottamente dalle poche aree inondate.

Quindi un fuggi fuggi dalla capitale verso i luoghi di villeggiatura, ben lontani dalle zone in emergenza, come le località balneari di Pattaya e Hua Hin, i cui prezzi sono prontamente saliti alle stelle.

Un abbandono collettivo di veicoli nei piani alti dei parcheggi dei centri commerciali e lungo le corsie d’emergenza delle superstrade sopraelevate e – specialmente – una corsa all’acqua potabile che, alimentata dal continuo tam tam mediatico di fare scorta di acqua e viveri per almeno un mese di isolamento, ha lasciato sguarnite le scaffalature dei supermercati già messi in difficoltà da una distribuzione scarsa e irregolare.

Tuttavia, malgrado tanta paura, il livello d’acqua nei quartieri colpiti è da tre giorni in continua discesa e le previsioni ufficiali vogliono Bangkok asciutta entra la settimana prossima.

È quindi sensato pensare che la Thailandia, più che delle inondazioni, ritornerà presto a preoccuparsi della sua infinita crisi politica.

Dopotutto, in un ambiente già caldo dei toni post inondazioni i presupposti per gli scontri ci sono tutti. Dall’ira di chi nei giorni scorsi ha dimostrato il disappunto buttando giù i muri con cui un governo – solitamente ritenuto “populista” – ha sacrificato campagne e quartieri periferici per tenere asciutto il cuore commerciale della città, alle accuse reciproche tra governo e opposizione di strumentalizzazione dell’emergenza.

I Democratici all’opposizione hanno già promesso di querelare alcuni parlamentari per avere malgestito la crisi, mentre questi ultimi hanno annunciato l’intenzione di sottoporre al monarca una mozione di perdono per Thaksin Shinawatra, il loro leader de facto in esilio.

L’ex premier amato dalle camicie rosse, ribaltato da un colpo di stato nel 2006 e in seguito accusato di corruzione, è invece ritenuto dall’opposizione il colpevole dell’intera crisi politica in cui volge il paese.

[Foto credit: ibtimes.com]

* Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.